Un altro martedì, questa volta la lettera allo scrittore, iniziativa ideata da Bruna Athena, va a James Joyce dopo aver letto Dedalus. Mi piace questo modo diverso di parlar di libri e degli autori che più si amano, ma mi sono chiesta:
“E se scrivessi di un autore del quale non ho mai letto nulla ma che affascina solo a pronunciare il suo nome?”
E cosa c’è di più ignoto, noto e affascinante del nome James Joyce il quale scrisse narrando il flusso di coscienza? Ecco, oggi scrivo a lui.
Caro James,
più volte ho sentito parlare di te e della tecnica del flusso di coscienza che tu hai tratteggiato in Gente di Dublino e Dedalus. Ritratto di un artista da giovane. Più volte ho sentito pronunciare il tuo nome nei lettori, negli insegnanti e nelle persone che stimo perché provviste di una cultura sconfinata. Coglievo nei loro occhi uno sguardo che oscillava tra l’ammirato, il sognante e la devozione.
Sai che mi sentivo in colpa a non aver mai letto nulla di te? Scriverti, ora, mi sembra così strano. È come cercar di parlare con qualcuno che del sogno, dell’interiore ha fatto il suo credo. Qualche giorno fa ho letto qualche pagina di Dedalus. Che bellissimo nome per dipingere il tuo alter ego e che bellissimo mito che hai preso come riferimento per la tua opera.
Dedalo, l’uomo che fuggì dal labirinto di Minosse fabbricando delle ali per sé e il figlio Icaro. Quando lessi questo mito, da bambina, mi rattristai molto per Icaro il quale volò troppo vicino al sole e, scioltasi la cera che teneva unite le piume che lo sostenevano in aria, cadde. Se avesse seguito i consigli del padre, se non avesse avuto così fame di conoscenza e di sapere e di andare oltre i suoi limiti, non sarebbe caduto. Forse per te il desiderio di Icaro equivale a un peccato d’orgoglio e di superbia, per me era solo pura curiosità, tensione all’ascesa. O forse, hai scelto Dedalo per mostrare ai tuoi lettori, alla tua Irlanda e alla sua Chiesa che la Verità e la Ragione sono relative e non seguono principi assoluti alla quale la natura umana si deve per forza uniformare. Hai sondato i misteri dell’anima, hai cercato di comprenderla pur nella critica degli insegnamenti (a volte veramente troppo duri, quasi crudeli) che ti sono stati impartiti in gioventù.
Leggendo te, Joyce, leggo anche i miei dubbi. I dubbi delle persone che volano alto con il pensiero ma che sentono il cuore ancorato a terra e temono per la loro anima e quella dei loro cari. Da una parte il desiderio di libertà, dall’altra la paura di cadere nel peccato.
“Il tempo fu, il tempo è, il tempo mai più sarà”
Dicono i demoni che tormentano le anime del tuo personale inferno, nell’inferno del giovane artista.
Le ali di Dedalo giunsero intatte a terra poiché seppe seguire la rotta. Né troppo vicino all’acqua né troppo accostato al sole. Nel mezzo. Nelle tue parole d’irlandese cattolico e, allo stesso tempo, anticonformista sembra esserci una ventata di sapere orientale che mi fa pensare alla via del Tao. Conoscesti la cultura orientale, Joyce? Certo, i titoli delle tue opere ricordano anche la filosofia occidentale. Sto pensando a Seneca e agli stoici, ma sto divagando. In fondo, le mie conoscenze filosofiche sono limitate e rimandano al mio percorso scolastico.
Eppure è a questo che mi conduce leggerti, a divagare e a tornare indietro con il pensiero. A scandagliare i ricordi di una cultura letta, passata, non sempre compresa nella sua essenza.
Quelle poche pagine che ho letto e che sono state vergate di tuo pugno mi hanno mostrato come la mente, il pensiero e la coscienza eseguano dei voli. Saranno questi i voli pindarici? Ne vedo le traiettorie, gli arresti improvvisi, le discese in picchiata e le risalite eleganti. Planano i tuoi testi sulla carta. Qualche volta, ammetto, un po’ mi sembra di scivolare nella noia ma poi compare una tua frase che mi riporta l’attenzione. Ieri mattina ho visto una ghiandaia e mi ha colpito la sua ala azzurra. Un’ala che spiccava nella natura bruna e immalinconita dai toni dell’autunno. Mi sei venuto in mente tu, mi è scappato un sorriso sulle labbra.
Anche tu, ora, sorridi? Hai trovato quella serenità che sembrava tu cercassi disperatamente in Dedalus?
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