È passato molto tempo da quando ho letto e recensito Il mestiere di scrivere di Raymond Carver e non mi sono dimenticata che, alla fine di questo libro, vi sono ben 50 esercizi di scrittura da svolgere.
Per rispettare la cadenza settimanale della rubrica Pausa racconto ho così deciso di cominciare dalla prima traccia suggerita, scrivere qualcosa in cui un personaggio tradisce la fiducia dell’altro.Una cosa semplice, insomma.
Ci ho riflettuto un po’ sopra e ho pensato di narrar la storia di Tina, Laia, Elise e la casetta di bambù.
Pausa Racconto: Tina, Laia, Elise e la casetta di bambù
“Bambini, oggi faremo un gioco molto speciale. Avete carta e penna?” disse suor Angelina, rivolta ai fanciulli riunitisi per il catechismo settimanale.
Tina non era molto curiosa del gioco che stava andando a spiegare. Fissava il velo nero e si domandava se la maestra avesse i capelli lunghi o corti sotto quel copricapo. Aveva sempre avuto questa fissa, fin dall’asilo. Se non avesse notato scivolare qualche capello sulla fronte o vicino alle orecchie si sarebbe pure domandata se avessero o meno i capelli.
Suor Angelina le piaceva, aveva un bel sorriso e rispondeva a tutte le domande che le venivano poste. Non urlava mai ed era sempre gentile, portava bene il suo nome.
“Tina, hai capito?”
La bambina si era immersa nei suoi pensieri e, anche se cercava di nascondersi nell’ultimo banco nell’angolo della classe, suor Angelina si accorgeva sempre se uno dei suoi allievi era attento o distratto.
“Ehm, non tanto bene…” bofonchiò.
La catechista sorrise paziente e disse:
“Adesso scriverò i vostri nomi su un foglietto. Sul lato sinistro troverete il nome di un compagno. Sulla stessa riga, al centro, scriverete una loro qualità. Ricordatevi di mettere la vostra firma nello spazio a destra. Alla fine, piegate la carta in modo che non compaiano le righe precedenti ma solo quelle ancora da compilare.
Quando avrete finito, apriremo il biglietto e leggeremo cosa pensiamo gli uni degli altri. Mi raccomando, non sbirciate e siate sinceri”.
Il foglietto cominciò a girare e, dal fondo della classe, Tina aveva tutto il tempo per studiare i suoi compagni, uno per uno.
“Spero di trovare il nome di Elise! Hai voglia a trovarle una qualità, ne ha tantissime! È simpaticissima e poi è anche brava a scuola. Mi ha aiutata tantissime volte nei compiti, mi piacerebbe essere intelligente come lei.
Uh, adesso è il turno di Laia a scrivere. Tra un po’ toccherà a me. Con quegli occhi neri e i capelli lunghissimi sembra proprio la principessa Jasmine di Aladin. Infatti, è il suo cartone animato preferito. Spero di non trovarmi il suo nome, non voglio scrivere che è un po’ smorfiosetta. Però è molto bella e quando sorride si illumina tutta…
Se mi becco Mimmo sono finita! Mi prende sempre in giro quando piango e, se sono tranquilla, fa di tutto per farmi piangere per poi prendermi in giro. Antipatico!”
Il foglietto correva veloce tra i banchi. Tutti sembravano sicurissimi di quello che pensavano gli uni degli altri e, man mano che si avvicinava il suo turno, Tina si sentiva battere il cuore dalla paura. Nella testa aveva catalogato tutti i compagni ma non era sicura di aver trovato le giuste qualità, isolando tutti i difetti.
“Ma perché suor Angelina ha messo l’obbligo della sincerità? Non si può neanche dire una bugia a fin di bene (e per non attirarsi l’antipatia generale)?” si domandò Tina, preoccupatissima.
Si accorse che teneva il pezzo di carta tra le mani. Era l’ultima e mancava solo una persona alla quale assegnare una qualità. Guardò lo spazio bianco, al centro, che doveva riempire. Spostò lo sguardo sulla sinistra. C’era scritto Elise!
“Che fortuna!” esclamò Tina e, senza perdere tempo scrisse che era intelligentissima.
Il gioco era finito e l’elenco, completo, fu consegnato a suor Angelina. A ogni bambino e a ogni bambina era stata assegnata una bella qualità e nella classe cominciarono a volare sorrisi e frasi di ringraziamento.
“Tina, leale!” disse suor Angelina.
“Cosa vuol dire…?”
“Vuol dire che sai mantenere le promesse e sei molto sincera”
“E chi l’ha scritto?” domandò Tina, per ringraziare.
La maestra volse lo sguardo verso Laia, seduta tra i primi banchi. Tina non si era accorta che quando era arrivato il suo turno si era girata verso di lei e la guardava di sottecchi, mordicchiandosi le unghie. In attesa.
“Perché?” le domandò Tina.
La classe era come scomparsa. Non volava una mosca e c’erano solo le due bambine, sedute una di fronte all’altra e tutti i banchi in mezzo, i volti dei compagni rivolti o verso l’una o verso l’altra.
“Per la storia della casetta di bambù…” rispose Laia

immagine via Pixabay
Quell’estate Laia aveva portato lei e Elise in un angolo del cortile dove era stato piantato un boschetto di bambù. C’era un passaggio che conduceva al centro, verso un piccolissimo spiazzo che permetteva loro di stare tutte e tre insieme. Tutto era verde. Le canne ondeggiavano leggermente e, tra le foglie sottili, si poteva vedere il cielo azzurro.
Si era innamorata di quell’angolo e aveva proposto di farlo diventare un salottino segreto dove sedersi a far finta di prendere il the o a parlar di cose loro. C’era da tirar via qualche pianta per allargare lo spazio, così che potessero sedersi e arredarlo un po’, con i loro giochi e sogni. Sarebbe diventata la loro casetta di bambù, il luogo dove si riuniscono le vere amiche. Unico vincolo, vietato ai maschi!
Sradicare anche solo una canna era un’impresa. Non ne voleva sapere di fuoriuscire dal terreno, anche se tutte e tre usarono tutte le loro forze.
Allora si erano attrezzate cercando di segar i tronchi alla base con un coltello da cucina, di quelli usati come posate. Impiegarono un intero pomeriggio per tirarne via tre di numero e anche piuttosto malamente, gli spuntoni emergevano beffardi dal terreno e non avevano certo l’aria di essere comode serie su cui sedersi…Ma Tina credeva in quel progetto e si fidava delle sue amiche, sentiva che anche loro volevano creare un posto tutto loro. Si doveva faticare più di quello che ci si aspettava ma, ce l’avrebbero fatta. L’importante era mantenere il segreto e far in modo che i maschi non venissero mai a scoprirlo. Se no sarebbero stati dispetti e prese in giro.
Il pomeriggio seguente Tina stava studiando un modo per portar via il piccone del papà. Voleva usarlo nei loro improbabili lavori di adattamento quando Elise arrivò di corsa per avvisarla che Laia aveva fatto la spia. Tempo un quarto d’ora da quando erano rientrate a casa la sera prima che lei aveva spifferato tutto ai bambini del quartiere i quali si erano organizzati per tramutare la casetta di bambù in inespugnabile fortino.
Crack, rabbia nello stomaco. Tina saltò in sella alla bici e pedalò velocissima a casa di Laia.
Era vero. I ragazzi stavano facendo quello che le aveva detto Elise. Laia se ne stava in parte, a ridere e scherzare, come se avesse guadagnato chissà quale ricchezza facendo la spia.
Tina non si preoccupò degli altri. Inchiodò a pochi centimetri dalla faccia della spia e le urlò di tutto. I maschi scapparono via, un po’ spaventati un po’ divertiti per la reazione di quella bambina arrivata come una furia sulla sua bici sgangherata.
“Ma ti ho trattata malissimo!” esclamò Tina, tornata al tempo presente “Quelle piante di bambù sono nel cortile di casa tua. In fondo, non potevo importi di mantenere il segreto” argomentò perplessa.
“Non avevo mantenuto una promessa e tu non hai avuto paura di dirmelo in faccia” rispose Laia. Il visetto bruno le si accese in un sorriso bianchissimo, l’espressione degli occhi confidava di aver trovato un modo per far pace. Dolce, sarebbe stata la qualità di Laia.
Il cuore di Tina fece click liberando i condotti lacrimali, di nuovo.
La classe si ridestò in un applauso generale. Anche Mimmo applaudiva e non prese in giro Tina, per molti giorni…
Photo Credits: immagine in evidenza via Pixabay
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