Amo Pordenone Legge. Ogni anno questa manifestazione legata al mondo del libro, degli autori e dei lettori, dell’editoria e del giornalismo mi offre sempre qualcosa di nuovo e di inaspettato e continui, infiniti spunti di riflessione su passato, presente e futuro.
Quest’anno però ho voluto fare qualcosa di più e mi sono decisa a richiedere l’accredito stampa che mi ha concesso di sbirciare in anteprima presentazioni di libri scritti da autori di un certo calibro come Irvine Welsh e Peter Hoeg. Incontri, questi, che si sono svolti in poco più di mezz’ora ma che mi hanno anche permesso di ritagliarmi il tempo necessario per mettermi in fila per ascoltare diversi incontri pubblici.
Oggi raccolgo parte degli appunti presi e ti racconterò come ho vissuto Pordenone Legge. Ti consiglio di metterti comodo perché sarà un post molto lungo e, spero, molto ricco.
Pordenone Legge 2016: Pierdomenico Baccalario, Alessandro Gatti e Le 23 regole per diventare scrittori
Ad un certo punto della vita, ogni lettore sente nascere in sé la curiosità, la voglia di sperimentare e mettersi in gioco come scrittore. Questa fase dell’esistenza avviene molto presto e si aggira, all’incirca, attorno ai 9 e agli 11 anni d’età.
Pierdomenico Baccalario e Alessandro Gatti hanno scritto un manuale che non è un manuale ma un dialogo tra due scrittori e una ragazzina, Gilda, di quasi undici anni. I consigli che i due adulti, nel libro trasformatisi in buffi personaggi, danno alla loro interlocutrice si strutturano e trovano senso attraverso una serie di oggetti un po’ bislacchi tirati fuori da una vecchia scatola dello zio scrittore della protagonista.
Mentre ascoltavo l’intervento, non ho potuto fare a meno di ricordare On Writing di Stephen King e alle parole chiave dialogo/conversazione e oggetti bislacchi/fossili sepolti. Naturalmente il livello di comunicazione che si instaura segue regole di genere e linguaggi differenti ma per me è stato come vedere la nascita, la genesi dello scrittore prima della storia.
Il primo oggetto de Le 23 regole di uno scrittore è, infatti, lo specchio e, se per una persona adulta il processo creativo di scrittura passa attraverso sé stessi e le esperienze maturate nel corso di un’esistenza, per un bambino apprendista la prima cosa che conta non è l’esperienza ma le emozioni e l’indagine, la ricerca di ciò che piace e ciò che non piace e, tramite questo percorso, la capacità e la formazione che servono per prendere coscienza delle emozioni e della realtà circostante, sperimentando.
Pordenone Legge 2016: incontro con la vincitrice del Premio Campiello Simona Vinci
Come ben sai e come ho spesso ripetuto, sono una lettrice un po’ strana ed è difficile che scelga di leggere libri che abbiano ottenuto un riconoscimento a concorsi letterari come il Premio Campiello. Non sono aggiornata sugli autori contemporanei, lo ammetto, e l’incontro stampa con Simona Vinci era una tappa obbligata per aprire la mia mente a nuove storie e persone.
Quando è entrata in sala stampa, Simona Vinci mi ha colpita per la semplicità con la quale si è posta e mi è parsa, prima che un’autrice, una donna dotata di fascino e di un certo carisma. Non ho avuto il coraggio di farle domande ma è molto probabile che sarei rimasta ad ascoltarla e ammirarla per ore e mi colpiva il suo modo di parlare quasi sommesso, la corporatura minuta e il contrasto che mi sembrava di percepire tra la sua persona fisica e la forza tragica e dolorosa del percorso della protagonista del suo romanzo, La prima verità.
Un romanzo che ha richiesto 8 anni prima di arrivare alla stesura definitiva e alla pubblicazione. Il percorso di Angela, la ricercatrice italiana giunta all’isola manicomio di Leros, sembra innestarsi con il percorso svolto dalla sua madre letteraria, Simona Vinci la quale ha fatto un profondo lavoro di indagine su sé stessa e sulle sue problematiche personali.
“Questo romanzo mi ha portata a seguire, a tornare alle origini del mio lavoro di scrittrice e invece di parlare di me, ho cercato di comprendermi attraverso i miei personaggi”.
Pordenone Legge 2016: Nuccio Ordine, la bellezza e l’importanza di leggere i classici
I classici sono belli. I classici sono importanti. La lettura è lo strumento attraverso il quale il lettore e noi tutti diventiamo persone migliori. Ne sono convinta, fin da quando ho letto L’utilità dell’inutile di Nuccio Ordine.
All’incontro al quale il professore era presente sono arrivata in perfetto orario ma, purtroppo, non ho potuto ascoltarlo comodamente seduta e protetta dal padiglione ma sono rimasta fuori, in piedi, sotto il sole. E l’ho fatto volentieri, ascoltando il modo in cui la nostra società e le nostre scuole si sono trasformate in qualcosa che si concentra più sui meccanismi aziendali che sulla coltivazione dell’essere e della cultura, dove la memoria (in questo caso dei classici) viene a mancare, viene potata come se fosse un ramo improduttivo ma:
“Senza la memoria la conoscenza non ha senso”
La conoscenza non ha senso se non si ritorna alle voci del passato conservate nei classici perché il punto focale nella formazione del cittadino del futuro non è quale mestiere debba fare ma il tipo di persona che vuole diventare. La lettura offre dei valori, dei principi etici dimenticati e che andrebbero applicati anche in ottica aziendale. Un esempio pratico sull’importanza dei classici offerto da Nuccio Ordine è stato quando ha ricordato il caso delle Volkswagen truccate per poi domandarsi se l’azienda stessa avesse mai letto il motto dei Buddenbrook:
“Figlio mio, dedicati con gioia agli affari durante il giorno, ma fai soltanto quelli che ci permettano di dormire di notte”.
Pordenone Legge 2016: Irvine Welsh, l’ artista del coltello, neoliberismo e Brexit
Gli incontri stampa e quelli pubblici non servono solo a presentare l’ultimo libro di questo o quell’autore ma anche a parlare e a riflettere su attualità e su termini ostici come neoliberismo, scelte politiche, economiche e sociali, di Brexit.
L’incontro stampa con Irvine Welsh è stato questo, un tuffo nelle condizioni economiche di un Paese che non è più parte dell’Unione Europea e di come un modello neoliberista abbia ottenuto l’effetto contrario inasprendo un divario sociale che non è un caso isolato ma abbraccia un’ampia fetta della popolazione, del mondo nel quale viviamo.
Quello che mi ha colpito di Welsh è stata la facilità con il quale parlava di questi argomenti, della calma dei suoi modi e di come, in veste di scrittore, sia riuscito a rendere sentimenti di forte tensione, rabbia e violenza del personaggio che da Trainspotting ritorna in L’artista del coltello. Mi ha colpito la spiegazione che ha dato su come trasporti in una narrazione concetti complessi rendendoli più vicini al lettore, mostrando le conseguenze che hanno le scelte della collettività nel singolo individuo. Irvine Welsh vede i suoi personaggi e li riporta così come gli appaiono:
“Io vedo la gente così. Non esiste il buono e il cattivo da superare. Quello che mi interessa è di vedere questi personaggi vivere dei momenti difficili, in quei momenti dove, di solito, si è portati a prendere delle decisioni stupide che portano delle reazioni a catena. Mi interessa questa interfaccia che si viene a creare tra la loro tensione interiore e i loro comportamenti”.
Pordenone Legge 2016: incontro pubblico con Valentina D’Urbano e Simona Sparaco
Anche all’incontro pubblico con Simona Sparaco e Valentina D’Urbano si è parlato di come prendono vita e spessore psicologico i personaggi di una storia. Sono parecchio incuriosita da queste due autrici, molto attive e note sui social e sulla rete ma delle quali, confesso, non ho mai letto nulla.
È che quando sento dire che si tratta di storie d’amore tormentato o ai tempi di Facebook o di successo commerciale partito dai meccanismi della rete ho delle reticenze, dei dubbi.
L’incontro però mi ha fatto capire un altro blocco del mio essere lettore. Il fatto che scelga i libri più o meno a caso non mi rende immune da pregiudizi o rigidità mentali, ma devo dire che mi sono convinta ad aggiungere le opere di Simona Sparaco e di Valentina D’Urbano nella mia lista letture non per le trame o le copertine ma per come le autrici stesse si sono presentate; riflessiva, calma e dall’abbigliamento sobrio ed elegante la Sparaco, mora, spigliata e provvista di un cappellaccio nero a tesa larga la D’Urbano.
Mi sono parse due facce di una stessa medaglia, due personalità che confluiscono in uno stile di scrittura diverso e che, seppure in modi differenti, si approcciano ai loro personaggi fino a sentirli veri, reali al punto tale da provarne odio e amore, a seconda delle azioni e dei pensieri che gli attribuiscono.
All’incontro la Sparaco ha presentato Equazione di un amore mentre la D’Urbano raccontava di Non aspettare la notte, i loro ultimi romanzi. Al momento, non credo che saranno questi i libri che leggerò di loro, voglio partire dal principio. Le scrittrici mi sono piaciute, questo basta per convincermi a conoscerle anche attraverso i loro libri.
Pordenone Legge 2016: Peter Hoeg e l’effetto Susan
Quando è entrato in sala, Peter Hoeg mi ha affascinata per il senso di pace che irradiava dalla sua persona. Se dovessi definirlo in una parola, quella giusta sarebbe meditativo. Non so perché ma credo che sia la sua qualità, il suo potere principale quando si concentra sul suo lavoro.
“L’idea per un nuovo libro mi capita durante la stesura del libro precedente. È come se sentissi dentro di me il seme di una nuova pianta”.
Peter Hoeg non è l’artista geniale e tormentato, né vuole porsi nel ruolo di critico della società. Coltiva la creatività con dedizione e amore e mi è parsa una persona metodica, inflessibile e anche molto coraggiosa.
Perché coraggioso? Perché in sala ha detto che lui non smette mai di scrivere e quando lo fa, lo fa secondo la vecchia scuola, carta e penna. In un lasso di tempo di cinque anni è riuscito a mettere insieme 2000 pagine di materiale. Ha raccolto quelle pagine e le ha portate con sé fino al cassonetto dell’immondizia e lì si è posto delle domande. Nel momento in cui ha trovato risposta, ha buttato tutto. Ed è tornato a scrivere. Quello che ne è nato era ciò di cui sentiva di potersi assumere la responsabilità di darle alla stampa.
In quanto scrittore, questo gesto mostra la forte onestà che la sua protagonista, Susan, riesce a far emergere dalla gente che incontra. Ecco che ancora una volta il personaggio conquista l’autore che ne narra le vicende.
Credo che questo sia stato uno degli incontri più belli ai quali abbia assistito a #PordenoneLegge. Chiedergli e ottenere l’autografo per L’effetto Susan era d’obbligo e ora mi sembra di avere per le mani uno scrigno prezioso che non vedo l’ora di aprire.
Pordenone Legge 2016: gli incontri con Cathleen Schine e con Pedro Chagas Freitas
Gli incontri con Cathleen Schine e con Pedro Chagas Freitas sono quelli che mi hanno affascinato di meno. O almeno, le impressioni che ne ho ricevuto sono state strane.
L’autrice di Le cose cambiano mi ha ispirato simpatia per il sorriso gentile, materno e poi perché nel corso della conferenza ha formulato qualche parola in italiano, indice rivelatore di quanto l’Italia l’affascini non solo come luogo ma anche per il linguaggio. Questo però non è stato sufficiente per convincermi ad aggiungere il suo libro nella mia lista dei da leggere assolutamente mentre l’ho posteggiato mentalmente nei da leggere quando sarà il momento giusto. Il tema conduttore del suo romanzo è la vecchiaia e come questo processo naturale e incontrovertibile possa modificare le dinamiche familiari, in particolare nei rapporti madre e figlia.
Pedro Chagas Freitas, rispetto agli altri autori incontrati da vicino, mi è parso come una sorta di star da copertina. Ho visto un bell’uomo e un bravo oratore che ha saputo destreggiarsi bene nel rispondere alle domande delle sue lettrici più entusiaste. Come scrittore mi è piaciuto il ragionamento che sta dietro la scelta dei titoli dei suoi libri, Prometto di sbagliare e, l’ultimo, Prometto di perdere. La contraddizione insita in queste frasi, effettivamente, destabilizza e incuriosisce il lettore.
Nei suoi libri questo autore parla di sentimenti, in tutte le sue sfaccettature e, tutto sommato, mi è piaciuta l’analogia, il filo conduttore che collega la sua esperienza di atleta e giornalista sportivo con il suo ruolo di scrittore di romanzi che ruotano attorno al tema dell’amore e che sono abbondantemente citati sui social e sulla rete in generale.
A fine incontro, incuriosita anche da come Pedro Chagas Freitas si muove per mettere in comunicazione il lettore con lo scrittore definendoli entrambi poeti mi sono decisa a chiedergli quali sono i poeti portoghesi che l’hanno particolarmente ispirato nei suoi lavori. Non ti svelo i nomi per il semplice motivo che non sono certa di averli scritti correttamente ma ti riporto quanto ha detto in merito ai riferimenti letterari dello scrittore:
“Tutti gli autori che ho letto mi hanno insegnato qualcosa. Quello che è importante per uno scrittore è seguire, sempre, le tre fasi fondamentali che sono: leggere, scrivere, raffrontare”.
Pordenone Legge 2016: sul destino del giornalismo e dell’editoria; riflessioni, perplessità e… irritazioni
Ho tenuto per ultimi questi due incontri perché, dopo l’analisi che ho cercato di fare commentando il libro Soltanto un giornalista di Indro Montanelli e scrivendo Comunicazioni, social e altri disastri, il tema del destino del giornalismo e dell’editoria mi è particolarmente caro. Forse perché sono i campi in cui sognavo di lavorare.
La sala dove è stato presentato Leggere, cosa e come. Il giornalismo e l’informazione culturale nell’era della rete di Giorgio Zanchini era gremita. Nel corso del dibattito ho preso una marea di appunti ma, ancora adesso, non riesco a formulare un giudizio, un’opinione definitiva su quanto ho ascoltato. Quel che è certo è che la rivoluzione tecnologica e l’avvento dei Social Media ha messo fortemente in crisi il giornalismo tradizionale e i professionisti (formati) che tentano disperatamente di rinnovarsi, di arrivare ai loro lettori, tramite i nuovi canali di comunicazione.
Sono stati snocciolati dati, eseguiti confronti con testate giornalistiche che hanno saputo immettersi nella rete, senza perdere il loro ruolo di mediatori culturali. La crisi che il giornalismo sta vivendo rimane tangibile, un’incognita ancora in fase di risoluzione. Il distacco non è solo tra informazione tradizionale e informazione online ma è anche generazionale:
“La grande sfida è di cogliere il pubblico giovanile. Per farlo è tappa obbligata presidiare i Social Media ma, anche se il giornalismo tradizionale odierno si sta muovendo in tal senso, i risultati sono controversi”.
Giorgio Zanchini ha raccontato e toccato molte delle criticità che il giornalismo si trova a dover affrontare e forse è anche per questo che, quando sono uscita dalla sala, la mia testa era piena di domande, aveva poche risposte e il pensiero correva a una miriade percorsi da analizzare.
Il mio percorso per l’uscita dal padiglione della sala dedicata all’incontro con Il mio Leo Longanesi di Pietrangelo Buttafuoco ha invece seguito una linea retta. Ho abbandonato, perplessa e un po’ irritata, a metà dell’incontro.
Non volevo certamente mancare di rispetto ma, seppur con una limitata conoscenza, non credo che se Longanesi fosse ancora in vita direbbe che “oggi l’informazione è perfetta” e non so nemmeno se sarebbe tanto d’accordo con l’immagine che è stata data di lui il quale da personalità controversa che ha comunque fatto la storia dell’editoria e del giornalismo si è tramutato in una sorta di personaggio d’inchiostro.
Nonostante la delusione, smascherata dal mio repentino abbandono della sala, sono comunque felice di aver seguito parte di quest’incontro perché mi ha stimolata a voler conoscere meglio e contestualizzare il ruolo e la figura di Longanesi e di come le sue scelte e i suoi comportamenti abbiano influito fino ai giorni nostri.
Conclusioni definitive sugli incontri di Pordenone Legge 2016
Per la verità ci sono altri incontri ai quali ho partecipato e che ho segnalato nei miei resoconti giornalieri sulla pagina Facebook del blog ma so che abuserei della tua pazienza trattenendoti ancora in questo lunghissimo post.
Quello che a me interessava, in quanto blogger e lettrice convinta, era di farti vedere, di raccontarti il perché Pordenone Legge è per me un evento importante e attesissimo.
Nella conferenza stampa di bilancio, i curatori della manifestazione hanno ricordato che gli angeli e tutto lo staff attende queste cinque giornate per tutto l’anno e, per tutto l’anno, vorrebbero che continuasse.
Questa è la sensazione che ho provato sempre anch’io.
Mi piacerebbe che Pordenone Legge durasse tutto l’anno e già ora attendo la nuova edizione, nel 2017. Perché la magia e la bellezza di questo evento non sta solo nell’ambiente che si viene a creare rendendo Pordenone il punto di ritrovo di scrittori, lettori e amanti della cultura in generale ma perché diventa il posto dove rifugiarsi, dove trovare dialogo, confronto, riflessioni. Dove stringere nuove amicizie tra un incontro o l’altro e dove condividere le conoscenze acquisite parlandone nel corso delle code che si formano, ripetendole mentalmente e di farne poi memoria del passato e materiale di crescita personale per il futuro.
Tornerò ancora a parlare di Pordenone Legge su questo blog. Recensire i libri e approfondire gli argomenti che sono stati toccati saranno il mio modo per prolungare e l’esperienza appena vissuta e per accorciare le distanze temporali con la prossima edizione.
A proposito, Pordenone Legge è molto attivo anche sui social e se ti va di approfondire anche questo aspetto della comunicazione di un evento culturale, ti lascio le interviste fatte alle referenti che si occupano della gestione di Facebook, Instagram e Twitter.
Buona lettura! 🙂
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