Scrittura creativa

Pausa racconto: Mantide, seconda parte

15 Settembre 2016
#PausaRacconto: Mantide, seconda parte

Hai letto la prima parte di Mantide? Ottimo, allora prenditi un’altra Pausa racconto e scopri com’è andato il viaggio di Ted e Sara.

Pausa Racconto: Mantide

Il portone del condominio si aprì. Ted vide, dall’oscurità dell’ingresso interno, far capolino prima il viso e poi il resto del corpo di Sara.

Sorrideva, un po’ timida ma sorrideva. Non aveva quello sguardo civettuolo che gli aveva visto alla sua festa di compleanno. Lo sguardo di una donna sicura del suo spirito d’iniziativa e del suo fascino. Era solo Sara, la piccola, graziosa e dolce Sara.

La contemplò un attimo. Un bel viso, capelli biondi e leggermente mossi. Piccolina di statura ma con un telaio di tutto rispetto. Pelle liscia.

–  La mia mogliettina… – pensò Ted.

Hai preso tutto? – disse, non appena lei si accomodò in auto.

–  Sì, tutto a posto. – un debole sorriso.

Ted non notò che il sorriso era forzato. Era tutto preso dal film mentale che si era creato nella baita che aveva prenotato per il fine settimana. Non vedeva l’ora di arrivarci. Chissà com’era la camera da letto…

–  Sentiamo cosa c’è alla radio? – domandò Sara.

In realtà non le fregava niente della musica. Quel viaggio lo sentiva come il percorso verso il patibolo, doveva fingere che stava andando tutto bene ma non voleva tradirsi con una conversazione inutile, finta, forzata. Poteva irritarlo anche solo con una parola. Non voleva dargli un motivo per picchiarla ancora. Doveva fare di tutto per assecondarlo.

Ted si aprì in un sorriso e accese la radio. Passavano Sympathy For the Devil dei Rolling Stones.

–  Uuuh, fantastica questa canzone! Mi mette allegria! – esclamò Ted mettendosi a imitare il ritmo della batteria percuotendo il volante con le mani.

La strada era libera, nessuno in vista.

– Ti piace? – domandò, ricordandosi che non era solo in macchina.

– Sì, molto. I Rolling Stones sono i Rolling Stones. – rispose lei senza forzare troppo l’entusiasmo e concentrandosi sulle parole.

Sara masticava un po’ di inglese. Molto scolastico, per la verità e grosso modo era una canzone contro la guerra, contro la violenza dove a parlare era il diavolo. Non è che fosse molto allegra.

“ I’m a man of wealth and taste
And I laid traps for troubadours”

– Sono un uomo ricco e raffinato e metto trappole per trovatori – Sara cercava di tradurre a mente.

Rimase bloccata su traps, trappole. Guardò di sottecchi Ted. Continuava a battere le mani sul volante e a cantare a squarciagola, inventandosi le parole. Non conosceva l’inglese.

“Just call me Lucifer
‘Cause I’m in need of some restraint.
So if you meet me
Have some courtesy
Have some sympathy and some taste.
Use all your well – learned politesse
Or I’ll lay your soul to waste”

– Chiamatemi Lucifero, ho bisogno di un po’ di controllo. – Sara non riusciva a decifrare tutte le parole ma questa parte, grossomodo, diceva così:

“Se mi incontrate, siate cortesi,
abbiate un po’ di comprensione, di gusto
e usate tutte le vostre, ben studiate, buone maniere
o manderò la vostra anima in rovina”

Ebbe paura per sé e capì che forse avrebbe dovuto seguire i consigli di quei versi, per tirarsi fuori dalla pericolosa situazione in cui si era cacciata. Ted si voltò di nuovo verso di lei, un altro sorriso angelico e continuò con la sua pessima imitazione di Mick Jagger.

#PausaRacconto: Mantide, seconda parte (immagine via Pixabay)

immagine via Pixabay

Il viaggio proseguì liscio. Ci fu solo un momento di tensione quando nell’abitacolo risuonò la voce graffiante di Anouk e la sua canzone Nobody Wife. Sara fu pronta a cambiare stazione. Adorava quella canzone ma disse solo:

– Non mi piace. Sembra che a cantare sia una cornacchia, scusa –

– Non mi sembrava male, ma non importa. Siamo arrivati! –

Ah, già. Ted non sapeva una parola di inglese. Precauzione inutile.

Persa nei suoi pensieri, Sara non si era accorta che il paesaggio era mutato. Il marito aveva imboccato una strada sterrata immersa nel bosco, lei non aveva letto i cartelli indicatori e non aveva la più pallida idea della località in cui si trovassero. La baita fu come un’apparizione improvvisa. Piccola, pulita, con le tende ricamate alle finestre.

Appena entrati aspirarono per un momento il profumo del legno, sia di quello naturale sia di quello trattato. L’incontro di odori era piacevole.

– Beh, direi che è proprio una bella baitina. Potremmo trasferirci qui per sempre. Che bene che si sta. Anche la temperatura è ottima, in città si soffoca! – disse Ted.

Sara fu accomodante e gli diede ragione in tutto e per tutto. Nel frattempo, scaricò i bagagli. Lui se ne stette un po’ sulla veranda. Aveva giusto recuperato la borsa termica e stappato una birra che sorseggiava pacifico mentre lei si muoveva indaffarata da una parte all’altra della casetta.

Il paesaggio era piacevole alla vista. Il sentiero dal quale erano arrivati assumeva una dolce forma a S che si perdeva nel fitto sottobosco. Il prato davanti la casa era stato tagliato da poco, si sentiva ancora aleggiare il profumo dell’erba tagliata. La temperatura era buona, anche se qua e là si sentiva il frinire delle cicale. Non molte e, in lontananza. Verso la città. I movimenti all’interno della casa si erano fermati.

–  Sara deve aver finito di mettere a posto… – pensò Teo. La birra era finita, era quasi ora di cena, ma non si sentiva profumo di cibo. Strano.

Le valigie erano ancora all’ingresso, solo una era stata aperta ma parte del contenuto era ancora all’interno.

– Sara? –

Nessuna risposta. La tavola da pranzo era vuota.

– Nemmeno la tovaglia ha messo. Ma dove si è cacciata? – pensò. Cominciava a innervosirsi.

Il finale? Nella terza e ultima parte. 🙂

You Might Also Like

1 Comment

  • Reply Marcello Trombetti 15 Settembre 2016 at 6:52

    Bellissimo racconto

  • Leave a Reply

    error: Content is protected !!
    %d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: