Continua la Pausa racconto in compagnia di Raffaele Landolfi il quale, ormai, non ha bisogno di introduzioni. Il suo stile e la sua ironia ti sono ormai più che noti e ritornano con questa nuova storia (la mia preferita) intitolata Ettore, gli stronzi e l’arte della commozione. Buon divertimento! 🙂
Pausa racconto: Ettore, gli stronzi e l’arte della commozione
5 MINUTI FA
Mi prendo una pausa guardando il mio nuovo amico Ettore, i rapporti son strani. A volte scaturiscono dalle situazioni più impensate, basta un tac al posto del tic e le lancette della vita si spostano in modo anomalo, girano su loro stesse provocando un’interruzione spazio temporale dalla quale ne esci con molta difficoltà…
Guardo il mio pc, cerco un sito, lo apro, vado sul forum e penso che ci son cose che non ho ancora fatto come, ad esempio, gli auguri più sentiti ad una cara amica che lunedì ha iniziato una nuova avventura professionale (certo che questi stessi auguri sono assolutamente inutili data la qualità della persona) penso che sono troppi giorni che non si leggono le mie stronzate, penso che qualcuno ne sarà felice di questo e perciò, per non dare soddisfazione alcuna, devo rientrare il prima possibile con tutte le mie valigie piene di pensieri e di vaffanculo in confezione da 50 da distribuire gratuitamente, penso che .. penso .. già .. e mi rendo conto solo ora che questo continuo pensare mi sta facendo aumentare il mal di testa.
VENERDI POMERIGGIO ORE 17.30
Sto scegliendo il locale dove andrò domani sera. Voglio musica dal vivo, voglio ballare sul tavolo,voglio mandare a cagare qualcuno, voglio bere birra, divertirmi e toccare il culo di una ragazza, perché, in tutta sincerità, anche gli stronzi meritano ogni tanto una serata “strana”. Nel frattempo, penso che stasera mi toccherà fare ancora la lavatrice (prima i panni bianchi poi i colorati, non come l’ultima volta che mi sono ritrovato con gli abiti arcobaleno) stirare (possibilmente, almeno per una volta, senza bruciare nulla) pulire la casa (evitando di doverle fare delle fotografie prima di iniziare, fotografie che mi serviranno poi per ricostruirla). Devo fare tutte queste cose e ancora non m’è salito il mal di testa? strano…
IERI MATTINA ORE 12.45
È uno di quei momenti nei quali desidero avere tra le mani la mia stilografica d’oro bianco perché certe firme, in certi momenti, hanno un valore diverso dalle altre. Assumono un sapore particolare. È come se non fosse inchiostro ad uscire fuori ma la tua voglia di consolidare, con una firma, una decisione importante, che rimanga nel tempo scolpita nel cuore. Sento la testa scoppiare. Saluto, ringrazio tutti, urlo la mia gioia, accenno un passo di danza in modo goffo e scoordinato e vado via da quella specie di albergo che m’ha ospitato per cinque lunghissimi giorni, ma prima che la porta si richiuda dietro di me ammonisco il direttore sanitario dicendogli che:
“Le infermiere, le vorremmo più bone e soprattutto più disponibili eheheh”
Dal casino che ne scaturisce (trombe, cori da stadio, capriole, “ollellè ollallà faccela vedè faccela toccà”) mi rendo conto che molte di quelle persone intorno all’accettazione sono d’accordo con me. Sia quelle vestite di quel colore improponibile che dovrebbe avvicinarsi al verde, sia quelle in vestaglia.
VENERDI NOTTE ORE 01.45
Mi gira la testa e non sono né ubriaco né stupefatto (strano). Mi fa male la pancia e non ho mangiato (ancora più strano) ma vomito lo stesso, cerco di girarmi sulla destra. Ci riesco e vedo quattro ossa, una manciata di peli ed un bicchiere di sangue.
“Mi hanno rapito gli alieni” penso “è un cane” realizzo.
È lì, a cuccia. Mi guarda con quegli occhi carichi d’espressione emotiva che solo un cane o la donna innamorata perdutamente di te possono regalarti. Lo guardo, allungo la mano per accarezzarlo ma un uomo vestito da arancio maltese (carnevale?) mi blocca il braccio. Il momento in cui lo mando affanculo è è lo stesso nel quale realizzo che sono sdraiato, a terra, circondato da luci forti e lampeggianti blu, con un ago in vena. L’uomo fruttato che ho di fianco continua a ripetere il mio nome incessantemente.
Un fastidio lancinante perché non vorrei ascoltare nulla, vorrei solo dormire ma non me lo permettono e la seconda volta che lo mando a cagare è anche la volta che esce la voce dalla mia bocca. Finalmente realizzo; auto distrutta + io per terra + ambulanza = quella burlona della fortuna (in combutta con il carrozziere, il meccanico ed il gommista) ha colpito ancora e, sempre, la mia macchina. Allora sorrido, felice di poterlo fare, sapendo che comunque vada potrò a breve sorridere ancora alla vita, alle stronze, a mia nipote e a quei due o tre personaggi che ancora mi sopportano. Chiedo in che stato è il mio volto “Fa schifo, come sempre” dice. Muovo le gambe “Ti piacciono le mie nuove scarpe?”
Mi guarda, stavolta serio, e mi consiglia di stare immobile. Me lo dice in modo deciso ma gentile, parla quasi come un padre, a dir poco sono commosso, ma non come chi reagisce piangendo ad un’emozione, sono commosso nel senso della commozione cerebrale … già … poteva andarmi peggio .. finalmente ricordo .. quel cane poteva anche non attraversare la strada in quel momento, non era obbligatorio rompere le palle proprio a me, ma amo troppo i cani (più delle persone). Ho preferito lo spartitraffico di cemento. Una decisione sofferta, soprattutto per lo spartitraffico.

immagine via Skitterphoto
VENERDI NOTTE ORE 02.30
Cerco il cellulare, il mio orologio, penso alle lancette, loro han fatto tic ed io ho fatto una T.A.C., ora. Sono appena uscito, siamo in simbiosi.
“Nessun danno grave” afferma la dottoressa con uno strano sorriso sul volto
“Dottoressa sa quali sono i pesci che più si somigliano? I_dentici”
Lei si rimangia subito quello che ha appena detto e solo il camice le impedisce di alzarmi le mani contro, ma in fondo è felice. Queste cazzate la riportano alla realtà, una realtà fatta di sciocchezze e cose serie, di decisioni importanti, delusioni cocenti e vittorie inimmaginabili, mantecate con un ingrediente unico, IO. Lei mi conosce, mi accarezza il viso:
“Non lasciarmi solo” le dico, stupendomi d’averlo fatto.
“Non lo farò, ma tu non aver paura, sai che ti voglio bene”
“Lo so,zia… Ma mi sento strano … debole … toccami le gambe per favore … ok … le sento”
Chiamo mio padre, lo sveglio e gli chiedo di portarmi un pigiama, di non svegliare Giorgia ma di fare in fretta. Realizzo solo dopo una cosa e lo richiamo:
“Papà, ascolta, prendimi un pantaloncino ed una maglia a maniche corte, di pigiami non ne ho mai avuti”
Sento Giorgia che piange, quasi mi commuovo ma non posso perché son già così commosso che non reagisco. Passa mezz’ora anzi, non passa. Il tempo è una variabile strana, rallenta ed aumenta di velocità a seconda del nostro stato d’animo. Sono convinto che il tempo abbia un’anima e che sia bizzosa, molto, lo fa quasi apposta a volare nei momenti felici ed a camminare a passo d’uomo in quelli difficili. In molti hanno cercato di misurarlo, di gestirlo, di governarlo ma non ci sono riusciti, il tempo è l’unica ricchezza della quale non ne abbiamo mai a sufficienza e l’unica risorsa che non possiamo comprare. “ Tempo, perduto tempo… Piazza Navona come altri cento”. Grande Sergio… e grande anche il mal di testa.
IN QUESTO ISTANTE
Sono qui! Più vispo che mai, più rompipalle che mai, più stronzo che mai, è proprio vero “ciò che non ti uccide ti rafforza”. Difatti mi sento un po’ diverso, cambiato, sì, come nel corso di questi ultimi anni, dai 16 ad oggi il ragazzo che ero sarà morto e rinato almeno 30 volte per far posto all’uomo che sono. So che non è stata un’avventura difficile, non è stato un grave incidente, ma, nonostante tutto, per un attimo non ho sorriso ed io ci tengo, sia ai sorrisi, sia agli attimi.
Sono tornato! Credo di essere mancato a qualcuno più o meno come un’intossicazione alimentare, sicuramente qualcuno è mancato a me più o meno come una gastrite ma adesso ho voglia di sorridere nonostante mi senta ancora confuso e sono in ufficio, mi rendo conto che è tutto tornato normale solo quando mi siedo dietro la scrivania e guardo lo scadenziario. Quasi quasi…
“Qualcuno ha visto uno spartitraffico? ahahahah!”
Cazzo sono l’unico a ridere. Nessuno capisce che il mio scherzare, seppur cinico e macabro, è un modo per esorcizzare la paura, i problemi, le difficoltà, l’importante però, è che io sia sempre così, che non cambi in modo radicale, perché sarebbe allora che chi mi sta vicino dovrebbe preoccuparsi sul serio.
Il mio limitato bagaglio di conoscenza, oggi, è arricchito da due nozioni in più. La prima riguarda i cani, che io amo. Ho scoperto (ma credo d’aver fatto la scoperta dell’acqua calda) che più sono piccoli e più cagano grosso e la seconda è che se davanti a me ci fossero stati i padroni di Ettore (nella fretta non ho detto che è un cane con regolare medaglietta e tenuto bene quindi non un randagio ma un animale probabilmente abbandonato da qualcuno al quale auguro, con tutte le mie forze, gli venga una diarrea così forte da fargli uscire l’emorroidi ) forse, quasi sicuramente anzi (non c’avrei pensato su due volte) non avrei sterzato…
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