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#DigiTalkRadio: bentornato Giovanni Amato

12 Luglio 2016
#DigiTalkRadio: bentornato Giovanni Amato

Tempo fa ospitai Giovanni Amato con il suo Curriculum Del Lettore e oggi mi trovo ad ospitarlo ancora, non in veste di lettore ma nel ruolo dell’ascoltatore per la rubrica #DigiTalkRadio, iniziativa nata in collaborazione con la mitica Valentina Baldon. E questo mi fa veramente, veramente felice.

La creatività di Giovanni è, infatti, una delle qualità che in questo blog sono sempre ben accette e con immensa gioia ma, andiamo con calma. Lasciamoci andare al suono delle sue parole e della musica che, da sempre, l’accompagna.

#DigiTalkRadio: gli anni sonori di Giovanni Amato

Quella mattacchiona di Rita Fortunato riesce a coinvolgere sempre tantissima gente, grazie alle sue deliziose iniziative. Dopo il curriculum del lettore, le lettere agli scrittori con Bruna Athena e i racconti ospitati sul suo blog, questa volta, insieme alla brava Valentina Baldon, è il turno di coniugare musica e condivisione.

Digitalkradio è proprio questo: una playlist raccontata, e creata, per essere condivisa.
Assicurati di aver attaccato il jack della cuffia; ti faccio ascoltare un po’ di buona musica!

I primi anni di un GiGi musicale

Durante la tenera età, oltre “come fa la mucca?”, e altre diabolerie della Chicco, in casa mia i miei genitori alternavano reggae, prog e musica classica. Mio padre suonava il flauto traverso e mia madre… Beh mia madre si limitava ad ascoltarlo con gli occhi dell’amore.

Poi è arrivato il Dotto Conta Parla, le prime cassette di Cristina DAvena e l’amore verso le sigle dei cartoni animati. Ricordi Sarabanda? Ecco, se avessero fatto una puntata dedicata ai cartoni, avrei vinto a mani basse.

Delirio di onnipotenza a parte, l’imprinting ricevuto da bambino iniziava a farsi sentire.

Abbandonate le sigle di D’Avena, dei Cavalieri del Re e di Spectra – mai mai tornerai – una mattina di luglio, mentre aspettavo che mia madre completasse la sua vestizione (neanche fosse uno dei 5 samurai) per andare al mare, ho incrociato la sua collezione di vinili e cassette registrate dalla radio.

Ora, io un giradischi a quell’età – avevo 8 anni circa – non sapevo neanche che forma avesse, ma il mangianastri sapevo farlo funzionare, eccome… E fu così che la magia ebbe inizio.

Dai 10 ai 15 anni? Led Zeppelin e Jethro Tull

Ok, ero piccolo. La lingua inglese era qualcosa di completamente nuovo (alle scuole medie ho fatto francese) e la maturità dei testi non era adatta alla mia giovane mente.

Eppure, adoravo Starway to Heaven, Whole Lotta Love, Rock and Roll e la Bouree di Ian Anderson… Così come Locomotive Breath e Thick as a Brick.

L’unico problema? Nella mia classe ascoltavano Fargetta, Corona e le ragazze di Non è la RAI. Sì, ahimè producevano dischi…

Io non sono mai stato un’amante della musica dance, indi per cui non ero molto popolare a scuola. Restavo fisso con il mio walkman, a scrivere improbabili canzoni.

Iniziavo anche a nutrire un certo interesse per le mixtape. Passavo interi pomeriggi a registrare canzoni dalla radio e a creare delle cassette da ascoltare e ri-ascoltare.

#DigitalkRadio: gli anni sonori di Giovanni Amato

immagine via Fancycrave

Gli anni rappusi

Più ti guardano male più ti senti rappuso – Ghettoblaster (Stokka & MadBuddy)

A Palermo, la scena Hip Hop è sempre stata presente. Impossibile non subirne il fascino. In questo modo il rap è entrato a far parte della mia vita. Leggermente in punta di piedi, come un intro che stenta a partire, ma come attacca grancassa e rullante, esplode tutta l’energia e la ritmica, i muscoli del collo iniziano a pompare, e la testa a muoversi. Su e giù. Su e giù.

Dai 15 ai 34 anni – cioè fino a ora – ho esplorato e ricercato decine di centinaia di artisti rap: americani, italiani, francesi, spagnoli. Bastava che sentissi un paio di scratch e una rima incastrata su un beat, a farmi andare fuori di testa.

Cypress Hill, Wu-Tang Clan, Eminem, DJ Premier… Potrei andare avanti per molto, ma non voglio darti una playlist infinita né ammorbarti il cervello. Vorrei solo farmi conoscere meglio. E quale modo migliore se non quello di farti ascoltare il concerto che si svolge ogni giorno nella mia mente?

Ok, forse ho divagato un po’, ma quando parlo di musica è sempre così: se inizio è dura farmi smettere!

Uh, quasi dimenticavo di inserire un paio di rapper italiani, come Kaos One, le “Turbe Giovanili” di Fabri Fibra – dalla A alla Z è un capolavoro di semantica –  i Colle Der Fomento… Anche in questo caso, preferisco non andare oltre. Metterei davvero troppa carne al fuoco. 😉

Piuttosto, vorrei farti conoscere il mio lato indie rock.

Nel 1997 è uscito Ok Computer dei Radiohead. Avevo beccato il video di Karma Police su Brand New, programma storico di MTV. Inutile dirti che dopo neanche una settimana avevo il comprato il CD.

Ho sempre mescolato il rap alla musica rock, ma dopo questo piccolo e fortuito episodio, avevo scoperto un mondo del tutto nuovo. Un bellissimo panorama, che non mi dispiaceva affatto. Questo rapporto passionale continua tuttora a farmi emozionare, quindi, perché privarmene?

Arctic Monkeys, Franz Ferdinand, Muse e The Libertines: questo è il poker d’assi che calo sul tavolo da gioco. Ed è anche un quartetto che ti consiglio di approfondire.

Per il momento, questi artisti possono bastare a raccontarti un po’ di me, e a regalarti qualche ora di buona musica. Ora, non ti resta che salvare la playlist su Spotify e andare di Shuffle! 😀

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