Va bene, il titolo Lo squalo è banale, ma non ne avevo in mente altri per indicare il tema, il protagonista della pausa racconto di oggi.
La storiella navigava nella mia mente da un bel po’ ma solo ieri sono riuscita a metter in pratica quello che volevo mostrarti. Spero di esserci riuscita e ora non posso far altro che lasciarlo andare alla tua lettura.
Pausa racconto: lo squalo al di là del vetro
La visitatrice aveva appena visto i pinguini reali lanciarsi in acqua e, una volta immersi, tramutarsi in abili danzatori creando traiettorie ardite. Pesci multicolori affollarsi e disperdersi, come foglie mosse dal vento. Sospese a volte. L’acquario di Genova è veramente immenso ma sicuramente troppo piccolo per contenere la varietà delle creature che popolano le acque dolci e salate. Rimane comunque il luogo dove è possibile entrare in un luogo fluttuante, colorato. Magico a tratti.
Era curioso come l’acqua e i suoi abitanti sembrassero creature aliene, provenienti da un altro pianeta. Più vividi, più bizzarri, più vari. Ogni contesto naturale è spettacolare ma quelle vasche, per quanto artificiali e risultato di una riproduzione umana per render fruibile all’occhio umano ciò che è una via di mezzo tra lo zoo e il museo, permettevano di mostrare dettagli sommersi. Contenevano la vita che non si vede ma che c’è, esiste e si rinnova. E l’attrito offerto dall’acqua rende tutto illusorio, pur scivolando nel sogno.
Ma se ci sono i sogni ci sono anche gli incubi, incarnati nella forma longilinea dello squalo.
– Dov’é il protagonista del film di Steven Spielberg? Eccolo là! – esclamò la spettatrice una volta giunta nel settore dedicato agli squali.
La vasca sembrava svilupparsi in verticale. L’acqua limpida e la sua illuminazione le consentivano di distinguere nettamente i contorni scuri dell’animale. Si muoveva in circolo, sembrava irrequieto. Infastidito, seccato, arrabbiato.
– Però, com’è elegante nelle movenze. Non mi sembra così brutto e spaventoso… – pensò.
Non aveva finito di concludere questo pensiero che, inaspettato, comparve un altro squalo all’altezza della sua testa. Un passaggio fuggevole, un incontro ravicinato. Il tempo parve dilatarsi e mostrare, al rallentatore, fauci semiaperte da una doppia fila di denti aguzzi e scintillanti e poi un occhio. Un guizzo e quell’occhio, prima rivolto verso chissà quale pensiero, cambiò direzione verso la sagoma della ragazza che lo scrutava.
– Ti ho vista! Ma non sarai preda. –
La creatura da incubo passò, lasciando un’irrazionale paura nell’umana.
“Sono un’attrazione turistica. Una macabra attrazione turistica. Un generatore di paura. Eppure mi trovo in cima alla catena alimentare, non sulla terra ma nelle acque, e non ho mai rotto le scatole a nessuno. Sono un’attrazione, raccontano di me in libri e film. Mangio e bevo sangue umano, tutti sanno di me.
La verità è che non sanno un cazzo, faccio paura e mi ritrovo qui, in questo ambiente artefatto, che non è il mio ambiente. Ma lo vedo, eccome se lo vedo.
Non posso fermarmi, se mi fermo muoio. Faccio paura? Che discorsi, sono un predatore! Faccio solo il mio mestiere e no, non mangio carne umana, ci sono sapori migliori. Posso odorare una parte infinitesimale di sangue a chilometri di distanza. So sfruttare al massimo i miei sensi, mi servono.
Devo mangiare se voglio sopravvivere.
Devo combattere, se voglio regnare sul mio territorio.Io non manipolo la realtà che mi circonda, la vedo e da essa prendo solo ciò che mi serve. Se faccio paura è perché lo so fare bene. Gli esseri non amano essere visti ma io li vedo, come quella ragazza con il naso incollato al vetro che ci separa. Non posso farne a meno e per questo mi demonizzano, mi cacciano, mi sventrano e fanno sciocche collane con i miei strumenti di sopravvivenza. Vanità, pura e semplice vanità.
Sono solo uno squalo. Sono in gabbia e vedo attraverso le sbarre, un prigioniero libero.
Sono un cacciatore, sono un grande, magnifico cacciatore ridotta a una stupida, sciocca attrazione turistica…”
Immagine in evidenza via Barnes Image
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