Buongiorno, come ti è sembrato l’inizio de Le ali dei ricordi?
Ti ha incuriosito? Allora, pausa racconto con la seconda puntata.
Buona lettura!
“Sembra che tu la conosca…” formulò Felice, appena ebbe il collega a portata d’orecchio.
“La vedevo spesso il sabato sera. Andava nel locale di fronte all’appartamentino dove studiavo e che tuttora abito. La guardavo dalla finestra ma… non era così. Era allegra, piena di vita. Un amore platonico. Forse il mio primo amore” spiegò Alessio
“Quella è Angelica, la figlia di Mirelli!”
“Mai nome fu più appropriato, ma cosa le è accaduto per ridurla in questo stato?”.
Felice tentennò un po’, indeciso se raccontare o mantenere il riserbo, poi spiegò:
“Anni fa, Angelica ebbe un grave incidente automobilistico. Perse per sempre l’uso delle gambe e credo che un pezzo della sua anima sia rimasta incastrata nelle lamiere accartocciate e fumanti del veicolo. Assieme al corpo privo di vita di un ragazzo del quale si era infatuata. Un cretino che alzava troppo il gomito, ma che lei fingeva di adorare, per far dispetto al padre.
Il trauma fu grave e da allora Angelica non parla più. I primi anni suo padre consultò i migliori medici del Paese per trovare una soluzione al mutismo della figlia. Uno stato catatonico che però non ha fatto altro che alimentare il suo dolore per la perdita della moglie e che anestetizza buttandosi nel lavoro o cercando di imporre la mania del controllo sui dipendenti”.
“Come fai a sapere tutte queste cose?”
“Te l’ho detto, Alessio, eravamo amici”.
Quando ebbe finito di lavorare, Alessio si incamminò verso casa, immerso nel ricordo dei tristi occhi di Angelica e nel sincero desiderio di fare qualcosa per lei.
Passeggiando si trovò a costeggiare un’antica chiesa in marmo circondata da un giardinetto lussureggiante – un angolo idilliaco nel centro esatto del fumoso agglomerato urbano. Nella facciata del tempio si alternavano lunette ospitanti candide statue di santi con colorate rappresentazioni di allegorie dei vizi e delle virtù umane. Il tutto diviso da un’enorme portone che nei suoi riquadri rappresentava, in bassorilievo, episodi tratti dai testi sacri intrecciati a motivi floreali.
Si fermò ad osservare distrattamente la struttura architettonica, barocca e complessa, ma all’improvviso qualcosa colpì la sua attenzione.
Sull’angolo in basso a destra del portone un riquadro si distaccava dagli altri. Sembrava fosse stato cesellato da poco, i colori erano brillanti e per niente consumati dal tempo: circondata da fiori c’era la figurina di una bambina ridente che colloquiava con un nugolo di fate dalle variopinte ali di farfalla. Tra le mani, all’altezza del cuore, portava un fiore che sembrava non appartenere ad una qualità precisa o esistente in natura.
Guardandola Alessio ebbe come l’impressione che la scenetta si illuminasse e spinto da un’energia invisibile sfiorò lo strano fiore con le dita. Appena avvenne il contatto, l’intera scena prese vita.
Le fatine accerchiarono il ragazzo posandosi sulle sue mani, braccia e spalle, in un tripudio di ali e risate argentine. Tra le risa fatate spiccava quella della bambina che, sostenuta dalle piccole creature, si era issata e accucciata sulla punta del naso del giovane e ora lo osservava con i suoi grandi occhi neri con un’espressione birichina in volto.
“Ciao!” esclamò la piccolina.
“Ciao…” balbettò Alessio incredulo. Istintivamente avvicinò la mano al volto e la minuscola bimbetta vi saltò sopra, fece una piccola riverenza e disse: “Mi chiamo Asia e sono la custode di questo riquadro! Era un po’ di tempo che non mi sgranchivo le gambe e le mie amiche fate non vedevano l’ora di mettere in mostra le loro ali! Sai, sono un po’ vanitosette, ma non dirglielo, si offenderebbero!” all’ultima affermazione abbassò il tono di voce, lanciando al suo interlocutore uno sguardo d’intesa.
Alessio, un po’ frastornato dalla scena irreale, non poté fare a meno di abbozzare uno dei suoi sorrisi e si presentò a sua volta.
“Dimmi un po’!” esordì Asia con l’espressione di chi la sa lunga “In che cosa ti posso essere utile?”
“Scusami Asia, ma proprio non capisco a cosa ti riferisci! Io, sinceramente, non ho bisogno di nulla!”
“Questo lo so! Io parlo solo con chi è veramente felice, però so anche che c’è una persona specialissima che vorresti aiutare!” spiegò l’esserino con un grande sorriso.
Ad Alessio venne subito in mente Angelica e raccontò tutto alla sua nuova amica.
“Allora tieni questo!” disse Asia porgendo al giovane lo strano fiore che portava in mano “Farà ricordare ad Angelica la sua anima e quello che è in realtà!”
Alessio non fece in tempo a chiedere ulteriori spiegazioni che già la bambina, con tutto il suo corteo aveva preso posto nel suo riquadro, che tornò a essere uno statico bassorilievo.
Il fiore aveva un profumo esotico, delicato, e la cosa strana era che emanava un tepore delizioso. Alessio lo appuntò sul taschino della giacca e si sentì scaldare il cuore. Pensò di andare direttamente a casa del suo capo, appena fuori città. Sperava di trovarvi Angelica…
La troverà o non la troverà? Scoprilo nella terza parte.
3 Comments
Bellissimo e intenso questo racconto. Ho letto anche la prima parte. Mi è piaciuto moltissimo.
Bellissimo e intenso questo racconto. Ho letto anche la prima parte e mi è piaciuto moltissimo.
Un ultimo giretto sul web prima di andare a dormire veramente (mi ero estraniata per leggere) e trovo questo tuo commento, Sara. Grazie per aver letto questo racconto, vado sotto le coperte con la certezza di fare bei sogni dai quali trarre altri racconti. Grazie, sei dolcissima! 😙