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Lettera allo scrittore: lo strano mondo di Gabriel García Márquez

12 Aprile 2016
Lettera allo scrittore: lo strano mondo di Gabriel García Márquez

È già martedì e come d’accordo con Bruna Athena è giunto il mio turno per inviare una Lettera allo scrittore.

Tuttavia, l’evento romano mi ha talmente galvanizzata che mi sono trovata di nuovo all’ultimo momento.

Solo ieri sera ho trovato un autore a cui avrei voluto scrivere e, nella scelta, mi ha aiutato molto il Curriculum del lettore di Andrea Toxiri il quale cita Gabriel García Márquez.

Così, dopo due giorni al centro d’Italia mi trovo a ripensare ai Cent’anni di solitudine

Gabriel Garcia Marquez (immagine via web)

Caro Gabriel,
volevo attendere ancora un po’ prima di scriverti perché pensavo dovessi prepararmi meglio e leggere qualche altra tua opera oltre Cent’anni di solitudine. Tuttavia non credo di sbagliare se dico che questo romanzo è così strano e articolato che da solo basta a saziarsi.

Quando sono giunta all’ultima pagina dedicata alle vicende della famiglia Buendia mi sono però sentita in bilico tra l’insoddisfazione e la meraviglia. Dopo tanto faticare nel non confondere i personaggi che portano gli stessi nomi (ma non potevi variare un po’?) il finale mi ha lasciato un senso di amarezza che è difficile da definire.

Hai creato una storia stranissima, indubbiamente affascinante e addentrarmici è stato così surreale da costringermi a tornare indietro nella narrazione e spesso mi sembrava di procedere a tentoni. Più che leggerti, ti ho percepito.

Le credenze, le parentele, gli amori e le fissazioni di ogni singola creatura d’inchiostro che tu hai fatto muovere in un contesto al quale sembrano mancare e allo stesso tempo abbondare i dettagli spazio-temporali, caro Gabriel, sono diventate un vortice travolgente e stordente che continua ad inquietarmi, malgrado siano passati quasi due anni dalla lettura.

Non avuto ancora modo di rileggere Cent’anni di solitudine eppure ci sono delle immagini che mi perseguitano e sulle quali continuo ad interrogarmi, come la mania di Aureliano Buendia nel fare e disfare pesciolini d’oro e lo zingaro misterioso con le sue conoscenze alchemiche, la rabbiosa corsa delle due sorelle, Amaranta e Rebeca, alla conquista dell’amore e al soddisfacimento del desiderio sensuale che, una volta vissuto, si risolve in un’austera e assurda castità per una e in una distruttiva passione per l’altra e poi le formiche, le formiche che appaiono nel finale corrompendo ciò che dovrebbe essere il simbolo della speranza e dell’innocenza. Non riesco a tirar via dalla mente queste visioni che tu hai sapientemente costruito.

Non ho sentito gioia o felicità nelle vicende che hai narrato bensì un forte senso del tragico, una tensione verso la morte che appare come unico antidoto alla solitudine esacerbante della vita con i suoi impulsi e le sue illusioni.

Credimi, Gabriel, non ho parole per descrivere ciò che tu, fondamentalmente, hai dipinto in forma scritta. Stupefacente!

Ad acuire le sensazioni contradditorie provate nel corso della lettura, si è aggiunta anche la notizia della tua dipartita.

Avevo finito di leggere Cent’anni di solitudine da pochi giorni quando, il 17 aprile del 2014, venne annunciata sul web la tua scomparsa e, guarda caso, proprio tra pochi giorni cadrà il secondo anniversario della tua morte. Non posso fare a meno di pensare che questo tuo romanzo sia un capolavoro non solo perché è originale, ricco di elementi simbolici e stratificato ma anche perché ha un qualcosa di profetico, un messaggio da decifrare. Questo mi fa un po’ paura e mi impedisce di dare una conclusione a questa missiva che lascio così, aperta e con tutto un mondo ignoto da scoprire…

Arrivederci,
una lettrice come tante

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1 Comment

  • Reply Bruna Athena 12 Aprile 2016 at 10:05

    Adoro Marquez!

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