Per la “rubrica” pausa racconto, niente preamboli introduttivi sulla genesi della storia (non priva di collegamenti interni al blog) pubblicata e questo giovedì si parte con la prima puntata de In viaggio con un paio di scarpe Prada.
Buona lettura! 🙂
In viaggio con un paio di scarpe Prada
– Hai un vestito per la laurea? –
– No, nonna, non ce l’ho. –
–Allora vediamoci in centro. Te lo compro io. Hai raggiunto un bel traguardo e io avrei piacere di farti un pensiero. E poi, alla discussione, non ci si può presentare in jeans e maglietta. –
La nonna e i suoi pensieri. Per la maturità aveva pensato di portarmi a Parigi, fu una bella esperienza.
Ex insegnante di Lettere, capelli ramati e ondulati tenuti corti, lentiggini a iosa e bocca sottile con un velo di rossetto rosso è tutto fuorché la classica vecchina dedita all’uncinetto, con tanto di foulard in testa. È senza età. I segni del tempo non sembrano averla toccata, forse c’è qualche ruga in più, ma portata con grazia. Come il sorriso che mostra inclinando graziosamente la testa di lato.
A sentir mia madre, quando la nonna insegnava, in classe non volava una mosca. Gli alunni avevano soggezione di lei, ma quello è un sentimento che io non ho mai provato. Più che altro, mi ha sempre affascinato con quanta cura e ricercatezza scelga elementi d’arredo, abiti, prodotti di bellezza e ogni ritrovato della moda, ottenendo un risultato naturale e consono all’età. Più di una volta ho desiderato giocare con i suoi soprammobili Swarovski, quelli che raffigurano tanti piccoli animaletti. Ma sapeva che le mie mani di bambina erano un po’ maldestre e faceva loro da guardia.
– No, questi non si toccano. –
Diceva. Poi faceva un sorriso e inclinava la testa di lato, graziosamente.
Non le sfuggiva niente, anche se sembrava un po’ fra le nuvole. Ha ormai 75 anni, ma sembra essersi fermata ai 60 e, per quanto ami la letteratura, non credo abbia fatto un patto simile a quello che Oscar Wilde fece fare a Dorian Gray.
Il lato battagliero e deciso lo sfodera anche nello shopping. A poche settimane dalla mia laurea, passammo un pomeriggio intero a scarpinare per il centro della città, a guardar vetrine e provar vestiti. Concordammo per un tailleur color marrone tendente al bronzo.
– Provalo, vediamo come ti sta. –
E via in camerino a provare il tailleur. Sotto una maglietta a maniche corte.
– Sarà da mettere una camicia sotto –
– Ma no, nonna, non serve. Chiudo la giacca, metto una camicia delle mie e sono a posto. –
– Ma se ti dico che ti voglio fare un regalo, almeno facciamo un bel completo! Mi scusi, signorina. Avrebbe qualcosa da abbinare sotto la giacchetta? –
Oplà. Spunta fuori una maglia con scollo a barchetta, bianca. Di un tessuto morbido e avvolgente.
– Oh, che carina. Provala, vediamo come ti sta. –
E via in camerino a provar anche la maglia da mettere sotto la giacchetta del tailleur. Evito di guardare le etichette con il prezzo. Quando la nonna si mette in testa di fare un signor regalo, non c’è verso di fermarla. Se si prova a dirle di no, sembra quasi di arrecarle un dispiacere.
– Ah, vedi che bene che ti sta. Ora servirebbe una bella cintura. –
– Bon, nonna, chiudo la giacca e non si nota che la cintura non c’è. E poi, i pantaloni non mi cadono mica. –
Sguardo del dispiacere in arrivo.
– Va bene, nonna. Vada per la cintura. –
Il completo è bell’è confezionato ma mancano le scarpe e la nonna punta la boutique di Prada. Quella che espone calzature autentiche, senza tempo, sobrie, discrete ma vistosamente raffinate. Ed economicamente inarrivabili.
– Oh, guarda! Sono in sconto, perché non entriamo e non ne provi qualcuna? Magari troviamo un paio che si adatta al completo di laurea. –

immagine via kaboompics
Il negozio è accogliente, le commesse cordiali, i prezzi effettivamente scontati. Ma comunque inarrivabili. Poi, l’innamoramento. Mi trovo per le mani un paio di décolleté a punta, con una piccola frangetta sulla sommità. Hanno un tacchetto basso che si restringe al centro e si allarga leggermente alla base. Calza come un guanto e si adatta al completo, accuratamente ripiegato nella borsa.
È strano indossare delle scarpe di marca. Le prime, vere scarpe di marca. Ma quella vera, eh?
Riaffiorano i profumi delle promesse percepite durante l’adolescenza. Sicurezza, autostima, bellezza. Gratificazione e certezza che l’anatroccolo è pronto per diventare cigno. Il prezzo, seppur scontato, riporta alla dura realtà.
– Nonna, sei sicura? –
Una domanda bisbigliata. Lei le guarda, le tasta, le valuta. Manca poco che tiri fuori il trattopen rosso con cui correggeva, severa, le mie deludenti traduzioni delle versioni latine.
– Effettivamente sono un po’ carette, ma se ti piacciono te le prendo volentieri. In fondo, è la tua laurea e sei sempre stata brava, non hai mai chiesto niente di più di quello che ti servisse. Sei tu che devi essere sicura. –
Non c’è lo sguardo del dispiacere. Attende, con la testa graziosamente inclinata di lato. Qualunque decisione prenda, sarà comunque contenta. Perché ha trascorso parte del suo tempo con la nipote, in procinto di laurearsi nel campo che le ha assicurato un lavoro, tanti ricordi e soddisfazioni.
– Va bene, nonna. Se non ti dispiace, vorrei queste. Sono semplici, comode e potrei indossarle anche con i jeans. E poi, sono veramente molto belle. –
La trasformazione è completa. Un tailleur elegante e una scatola firmata Prada tra le mani, sentita come lo scrigno di un tesoro. Anche la mamma le approva. Ci volevano proprio e io non vedevo l’ora che arrivasse il giorno della discussione.
Andò bene, malgrado l’ansia. Ma avevo un paio di scarpe che, in un certo senso, mi rappresentavano. Almeno, così credevo.
Erano diventate un oggetto prezioso, sicuramente che mi avrebbero accompagnato negli attimi più importanti della mia vita.
– Hai messo le scarpe Prada in valigia? –
– No, mamma. Perché? –
– Andiamo a fare un giro per le più belle città d’Italia. Non ti piacerebbe passeggiare per Firenze con quelle ai piedi. A far la signora? A pavoneggiarti un po’? –
Mia madre che indugiava in un gesto di effimera vanità? Lei che mal sopportava le mie uscite serali o l’abitudine bere un caffè al bar con i compagni di corso? Preferii non approfondire.
Mi aveva pagato gli studi, ma il materiale scolastico era stato a mie spese. Il lavoro stagionale al supermercato mi aveva fruttato abbastanza per comprare tutti i libri. E le tessere per le fotocopie. Cumuli di fotocopie. Montagne di fotocopie. E che ci potevo fare? Secondo i calcoli del reddito, per l’università non avevo diritto ad alcuna agevolazione sulle tasse annuali. Misteri del diritto all’istruzione. Vabbé, non importava. Ce l’avevo fatta lo stesso.
Avevo un paio di scarpe Prada e la possibilità di fare un viaggio. Con mia madre, ma pur sempre un viaggio. Puntavo all’estero, ma ero dell’idea che prima di lanciarsi alla scoperta di paesi stranieri, fosse importante conoscere le bellezze dell’Italia.
Come procederà il viaggio? Scoprilo nella seconda parte.
Photo Credits: immagine in evidenza via designerspics.com
4 Comments
Molto bello questo racconto che hai scritto
Grazie Marcello, 🙂
bellissimo! davvero
Grazie, Silvia! 😀