La scorsa settimana Bruna Athena ha dedicato la sua Lettera alla scrittrice a Anais Nin e ho scoperto che ella fu amante di Henry Miller.
Scoprire questa relazione mi ha fatto venire in mente una coppia di scrittori nostrana il cui rapporto non fu meno complesso e, per questo motivo, la mia lettera allo scrittore è rivolta ad Alberto Pincherle, meglio noto come Alberto Moravia.
Caro Moravia,
mi vergogno un po’ a scriverti quando, di te, ho letto molto poco preferendo Elsa Morante.
Tuttavia prima della tua ex moglie ho conosciuto te leggendo uno dei tuoi primi romanzi, Gli indifferenti.
Sembrerà paradossale ma, ne rimasi folgorata. Non tanto per la trama ma per il modo in cui hai raccontato la storia di una famiglia i cui componenti hanno tutto fuorché i legami e la devozione filiale che la dovrebbero caratterizzare.
Nelle relazioni non c’era spazio per far filtrare una speranza di amore e di elevazione morale ma solo intrighi e ipocrisie. Una famiglia descritta in questo modo non l’avevo vista e letta mai. Mi appariva priva di emozioni, sia negative sia positive. Bambolotti imprigionati in un sonno di fugaci illusioni. Indifferenti a tutto ciò che li circonda. Indifferenti alla possibilità di poter vivere diversamente, di cambiare la loro condizione umana e sociale.
Mi veniva voglia di urlare loro addosso e, sinceramente, ero un pochino seccata pure nei tuoi confronti. Fino alla fine sei rimasto coerente a uno stile narrativo talmente logico e razionale da risultare di un cinismo glaciale.
Non mi sorprese scoprire che il tuo matrimonio con Elsa Morante andò in pezzi. Esseri umani opposti che si sono attratti e, forse per gli stessi motivi, anche disprezzati. Forse non finì per mancanza d’amore ma, per rivalità intellettuale. Le vostre personalità erano troppo forti e potenti per convivere armonicamente sotto lo stesso tetto. Siete stati due scrittori fenomenali. Peccato che non abbiate trovato il modo di comunicare fra voi. Ma non sono affari miei (E comunque sono tutte cose che ho letto nel Vita di Moravia, la tua autobiografia in forma di intervista concessa a Alain Elkann e edito Bompiani).
Dopo Gli indifferenti, caro Alberto, non lessi molto di te se non qualche sporadico racconto pubblicato in una qualche antologia scolastica. Qualcosa di te, a scuola, seppur in modo superficiale è quindi trapelata ma, in generale, mi sono approcciata ai tuoi scritti per scelta personale e non perché imposta.
Cinque racconti romani mi piacque. Trovai questi stralci di vita nella Città Eterna molto belli. Avevano una sfumatura emotiva che non avevo notato ne Gli indifferenti ma comunque e anche in questo caso, le cose da te descritte accadono e basta. Molto, troppo razionale. Analitico al punto tale da urtare la sensibilità del lettore medio. Un bel contrasto, non trovi?
Non riuscivo a trovare, nei tuoi scritti, la tua tanto decantata sensibilità. Non voglio dire che non c’è ma forse non l’ho mai individuata perché, per quanto ci abbia provato, non sono riuscita ad entrare in empatia con la tua poetica. A livello cerebrale però continuo a rimanere affascinata dal tuo stile unico al punto tale da aver messo da parte diversi titoli da te firmati. La Ciociara in primis.
Ci sono scrittori che ti conquistano il cuore e scrittori che rimangono impressi nella mente. Per me fai parte della seconda categoria e non riesco a fare a meno di tenerti in altissima considerazione. Magari, nel tempo e soffermandomi un po’ di più sulla tua narrativa, riuscirò a sentirti con il cuore oltre che con le sinapsi.
Una lettrice che forse non ti ha amato ma, senza dubbio, ti ha ammirato.
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Ho letto Gli indifferenti e mi piacque tanto. Ce lo aveva assegnato la prof di lettere, avevo 15 anni. Vorrei rileggere La ciociara. Vero, Moravia è cinico e brutale: mi attira per questo.