Ieri mattina, dopo giorni di nebbia e piovischio, splendeva il sole.
Me ne sono resa conto appena ho visto la luce naturale filtrare dai buchini delle tapparelle e mi è scappato un sorriso.
Si stava bene sotto le coperte, al calduccio ma, visto che era una bella giornata, tanto valeva sfruttarla.
Quindi, ho acceso il pc e, tra un post condiviso e uno scritto, la mattinata è volata al punto che mi sono vista dall’esterno mentre mangiavo un paninetto con speck e formaggio domandandomi cosa fosse il rimpianto.
Forse era meglio fare una passeggiata per schiarire le idee. Era da tanto che non uscivo senza un motivo preciso o per una qualunque commissione.
La mia idea di banalità parte dal presupposto che ogni giornata è uguale all’altra. Forse è più corretto parlare di abitudini e monotonia ma sta di fatto che la domanda sul rimpianto ha fatto scattare un altro campanello d’allarme. Non è che sono entrata nella zona comfort?
Ogni giorno e da quasi un anno a questa parte mi dedico al blog. Se mi viene chiesto, scrivo pezzi per altri siti, leggo articoli e divoro libri. Attività, per me, fondamentali.
Insomma, il 2016 mi è partito alla grande, forse anche troppo. È tutto talmente bello e scintilloso che viene da chiedersi quando tornerà il cattivo tempo. E, se non ci si pone questo dubbio, sembra di adagiarsi sugli allori e allora appaiono pensieri e ricordi del passato. Di quelli che fanno male, di quelli che iniziano con il se e il forse.
Nel frattempo, il sole era sparito dietro le nuvole. Una parte di cielo però era limpida e così, fuori a fare una passeggiata nei dintorni di casa. Senza dimenticare il telefono per scattare qualche foto.
È meraviglioso l’odore della terra bagnata. Mi è tornato il buon umore e, camminando, mi guardavo in giro. I pensieri si erano calmati (e guarda che ne ho tanti. Sarà perché sono Gemelli ascendente Gemelli e quindi mi faccio film mentali moltiplicati per 6 o 4? Boh, fai tu i calcoli che io, in matematica, sono sempre stata una schiappa).
Tutto sembrava collegarsi agli scritti della settimana.
La contemplazione di alberi dai rami contorti, il volo di un gabbiano che appare vicino a occhio nudo e lontano se visto attraverso la videocamera di un telefono, le geometrie dei campi e delle nubi in cielo, i profili dei monti imbiancati mi hanno ricordato le parole di Bonami e sull’impulso dell’uomo a fare Arte, per consolarsi.
Non è forse opinione comune pensare che l’Arte imita la Natura e non viceversa? Ecco, le immagini e gli scorci naturali che mi si paravano davanti erano artistici, senza bisogno dell’intervento dell’Uomo che, comunque, cerca di modificarne le sembianze.
In silenzio (e cercando di evitare pozzanghere che parvano laghi) mi sono addentrata in una strada sterrata. Al primo bivio ho operato una scelta, sono andata avanti pur sentendo i piedi scivolare nel pantano. Eppure ero tranquilla. Ogni tanto mi fermavo, cercando di individuare il punto da cui proveniva il verso delle cornacchie o il fischio di quello che credevo fosse di un rapace.
Il bivio, i suoni degli abitanti del cielo e gli odori della campagna sembravano segnalare la complessità non solo della Natura ma anche di ogni singolo individuo che si trova ad operare delle scelte ogni giorno e su qualsiasi cosa. Quello che differisce è che la Natura, per quanto contraditoria, rimane sempre coerente con sé stessa e si mostra per quello che è. Ho come avuto la percezione che indossiamo delle maschere perché non riusciamo a comprendere i dettagli che costituiscono la nostra personalità e, per questo, li nascondiamo. Desiderosi di una semplificazione capace di tenerci lontano dalla follia. Chissà se anche Pirandello ha fatto questo ragionamento. In fondo lui contemplò la Natura Umana estrapolandone una varietà infinita di paesaggi. Ne visse anche i contrasti che conducono alcune persone alla follia. Il fatto è che spesso ci si pone domande inutili finendo per impazzire nella ricerca di risposte definitive.
Mentre rientravo poi, la passeggiata mi è sembrata metafora del Curriculum Del Lettore di Silvia Camnasio che, a sua volta, è stato come immergersi, osservare lo scorcio interiore di una persona vivace e ricca di sfumature. Il bello è che mi sono completamente dimenticata del rimpianto e di che cosa fosse. Sono certa di averne ma, in quel momento, non erano importanti.
Insomma, mi è bastata una semplice passeggiata per staccare, per uscire da una zona di comfort dove gli stimoli e gli spunti di riflessione scarseggiano e sono contenta di aver seguito un consiglio che molti blogger e scrittori forniscono quando si avverte, anche in lontananza, l’inizio di una fase di blocco creativo. Non è peccato fermarsi ma, a volte, è meglio fare qualche deviazione lungo il percorso quotidiano e rientrare alla base per bersi un caffè e iniziare a scrivere un post come questo.
A proposito, la passeggiata di ieri mi ha anche indotta a sentire una cosa molto bella ma… te ne parlerò lunedì! 😉
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