Martedì scorso, per l’iniziativa di Bruna Athena, ho inviato una lettera al grande Tolstoj ma già quella volta ero indecisa tra lui e Hermann Hesse.
Non mi piace scegliere tra due grandi autori e poi, non è certo il caso di confrontarli anche se c’è qualcosa che li accomuna, la ricerca. Se la ricerca di Tolstoj è caratterizzata dal cercar di estrapolare e definire il senso più profondo dell’esistenza umana, percorso che l’ha avvicinato al divino, la ricerca di Hermann Hesse indaga la spiritualità, il percorso dell’anima. Riuscirò a mettere assieme le parole sufficienti per osare di scrivere una lettera a questo autore? Io ci ho provato, vieni a leggerla e poi fammi sapere se è il caso di inviarla o lasciarla tra le pagine di uno dei suoi libri, a mo’ di segnalibro.
Caro Hermann Hesse,
prima di tutto, ti ringrazio per essere esistito e per le opere che hai lasciato. Sono bellissime e, nel periodo in cui le ho lette, mi sono state anche molto utili per vedere le cose con minore superficialità e maggiore consapevolezza.
Sai, poco prima del cenone natalizio, ho scritto un piccolo menù letterario citando Shantaram di Gregory David Roberts. Un romanzo che parla dell’India, luogo che grazie a te e al tuo Siddharta non mi è poi così estraneo. In teoria, almeno.
Di viaggi ne ho fatti pochini ma la ricerca spirituale che hai tratteggiato nel tuo breve romanzo di cui ho una copia consunta – forse è il caso che ne compri una nuova, sfogliandolo mi si è staccata una pagina della Nota Introduttiva di Massimo Mila – è stata una validissima alternativa. Sai il passaggio che tuttora mi è rimasto impresso, a distanza di tanti anni dall’ultima lettura? Quella dove il giovane Siddharta si applica nelle pratiche ascetiche.
Ora non ricordo il nome di questi eremiti capaci di stare immobili al punto tale da diventar parte integrante con la natura circostante, modificando e cristallizzando i loro corpi per adattarli ai rami contorti e ai germogli sbocciati dalla dura Madre Terra, ma ho ancora impressa la visione che mi è apparsa davanti nel momento stesso in cui l’hai descritta. Sembrava quasi di essere lì, al fianco del protagonista, di vedere attraverso i suoi occhi e di essere parte della sua interiorità ancora inconscia. La ricerca della vera essenza dell’essere, quella spiritualità così forte e tangibile e allo stesso tempo effimera e sfuggente, è il tuo tema ricorrente ed è incredibile con quanta eleganza e precisione tu sia riuscito a catturarlo, trasmettendolo in pagine scritte di grande fascino.
Tuttavia, non è Siddharta l’opera che mi ha fatto innamorare della tua scrittura ma fu il Narciso e Boccadoro a far scoccare il colpo di fulmine tra me e i tuoi libri. Credo che in questo romanzo tu abbia dato il meglio di te nel mettere nero su bianco il dissidio interiore che è virtù e condanna della condizione umana. Insomma, sono stata travolta dalla storia e, giunta alla fine, mi è dispiaciuto tantissimo abbandonare i tuoi personaggi. Così come ora mi sento leggermente avvilita per non essere riuscita a rinvenire il libro stesso. Che sia andato perso con il trasloco? O forse me lo ero fatto prestare e ho avuto la correttezza di restituirlo al legittimo o alla legittima proprietaria? La mia memoria, a quanto pare, fa cilecca. Questo rende necessario l’acquisto di Narciso e Boccadoro, per avere una copia a portata di mano e per non togliermi la possibilità di rileggerlo ancora. (Se mai trovassi la forza di affezionarmi e abbandonar di nuovo le tue parole).
Purtroppo, mi sono momentaneamente allontanata dai tuoi scritti. Persa dalle attrazioni librarie e da altre voci incantevoli come la tua e che non potevo ignorare.
La lettura e la scrittura sono gli accordi di una silenziosa musica dell’anima e tu hai saputo farne un uso magistrale. Sei stato un compositore delle manifestazioni dell’anima, anche se di musica non mi pare tu ti sia mai occupato.
Nell’ultimo paragrafo ho forse detto cose senza senso? Ti chiedo scusa, è difficile scriverti senza rischiare di risultar banale o analfabeta ma sai, quando ho aperto a caso il tuo Sull’amore mi sono sentita assorbita da queste tue parole:
“Pretendo di più della maggior parte delle donne. Tu mi hai offerto dei fiori e la mia intenzione era buona. Ma io posso vivere anche senza fiori, e anche senza musica, potrei rinunciare a tutto questo e a molto altro ancora, se fosse necessario. Ma a una cosa non posso e non vorrò mai rinunciare: non potrò mai vivere per un giorno senza che la musica che ho nel cuore sia per me l’essenziale”.
Non ho potuto far altro che sorprendermi per la sonorità e la verità che racchiudono queste tue poche righe. Tutti i tuoi scritti sono così, musicali, intensi e soggetti alle variazioni dei moti del cuori e della mente.
Grazie per essere esistito, per aver scritto e per aver ricercato la purezza dell’essere.
Una lettrice che ti ha ascoltato incantata.
2 Comments
Hermann Hesse è stata una delle mie letture giovanili preferite… un tuffo al cuore rivedere il Siddharta e no, non ricomprarlo… il tempo lo rendo solo più prezioso…
Grazie per questo tuffo nel passato
Un abbraccio, Silvia
Grazie a te per aver letto questa letterina, Silvia e, obbedirò al tuo consiglio.
Grazie per l’abbraccio e ricambio con affetto. 🙂