Incredibile, siamo già giunti all’ultimo giorno del 2015, la porta per il 2016 è aperta. Non resta altro che entrare.
Ti lascio uno dei miei racconti più cari, Voce e Ombra. Abbine cura e, se non avrai tempo di leggerlo ora, non importa. Rimarrà qui ad aspettarti.
Che il Nuovo Anno sia per te ricco di letture e di gioia.
Pausa racconto: storia di voce e ombra
Non tutti i paesi sono indicati nelle carte geografiche, ma questo non vuol dire che non esistano. In uno, in particolare, viveva una giovane donna priva di voce e ombra fin dalla nascita.
La ragazza si chiamava Berenice e malgrado fosse molto bella e di modi gentili, veniva ignorata ed evitata da tutti.
I paesani ne avevano paura perché, secondo loro, il fatto che lei non avesse un’ombra era la prova certa che la indicava come strega rispetto alle donne comuni.
Nonostante ciò, le era comunque permesso di vivere all’interno della comunità perché, non possedendo la voce, non avrebbe nemmeno potuto recitare oscure formule magiche che avrebbero potuto metterli in pericolo.
Malgrado fosse soggetta a umiliazioni di ogni sorta a causa di questi motivi, Berenice manteneva comunque un dolce sorriso e un atteggiamento cortese.
Una sera, mentre stava rientrando a casa, un gruppo di ragazzini insolenti le tirarono addosso uova e frutta marcia. Colta di sorpresa cadde a terra sbattendo la testa e perse i sensi, tutti scapparono via eccetto uno che si pentì per quello che le era successo.
Il ragazzo si chiamava Mauro e, timidamente, le si avvicinò e le spruzzò un po’ di acqua sul viso per farla rinvenire. Le chiese scusa per quello che le era accaduto e si offrì di accompagnarla a casa.
Berenice, ancora un po’ scossa, accettò la proposta di Mauro e, appoggiandosi a lui, gli indicò la strada da percorrere.
La dimora della donna, dall’esterno, appariva proprio in condizioni pessime, ma all’interno era molto curata, pulita e ricca di disegni colorati e buffi oggetti da lei creati.
Mauro rimase stupito nel vedere così tante belle cose fatte da una persona che gli era sempre stata indicata come un mostro. Tutto quello che Berenice esprimeva con le sue opere era gioia, fiducia, calore e bellezza… non proprio le caratteristiche necessarie per identificare un essere orribile.
Il ragazzino le chiese come facesse a creare così tante cose belle, visto che da quando era nata non aveva fatto altro che subire cattiverie e umiliazioni di ogni genere. Lei gli rispose, scrivendo su un blocchetto di carta che portava sempre con sé, che cercava di essere sempre di buon umore perché desiderava tantissimo avere un amico e che l’assumere un atteggiamento scortese non l’avrebbe certo aiutata a trovarlo. In fondo, anche se veniva spesso trattata male, non riusciva a non gioire a vedere i bambini del paese muovere i primi passi o a sentire le risate degli uomini quando si incontravano per rilassarsi dopo una dura giornata di lavoro o a inebriarsi del profumo delle vivande preparate dalle mani delle donne. Insomma, tante piccole cose le suscitavano una sensazione di dolcezza e allegria che esprimeva tra i muri della sua vecchia casa.
Mauro rimase così affascinato dalla sua mitezza che decise di andarla a trovare due volte a settimana per conoscerla meglio, per farle compagnia, per diventarle amico, ma lo fece sempre di nascosto poiché aveva paura di mostrare apertamente la sua simpatia. Non voleva rischiare di essere, come lei, isolato dalla comunità.
In uno dei loro incontri segreti, Berenice gli confidò che desiderava anche avere un’ombra come tutti gli altri, ma non sapeva come fare e, prima di congedarsi, Mauro le promise che avrebbe fatto del suo meglio per raccogliere le informazioni necessarie che le permettessero di esaudire il suo desiderio.
Trascorsero diversi giorni e le ricerche del ragazzo si rivelarono infruttuose e non sapeva come dirlo alla sua amica senza deluderla. Mentre pensava a queste cose, vide entrare in paese un vecchio signore, anche lui non possedeva l’ombra, tuttavia la voce ce l’aveva eccome. Senza timore alcuno, rideva e cantava per le strade. Le persone si scostavano da lui disgustate, non osavano cacciarlo via, poteva essere una specie di stregone itinerante avrebbe potuto lanciare contro di loro un qualche sortilegio. Meglio rinchiudersi nelle proprie case e sbarrare ben bene le porte.
Solo Mauro non ne ebbe paura gli si avvicinò chiedendogli come mai non avesse un’ombra e il vecchio, trionfante, rispose che era riuscito a liberarsene e a imprigionarla in una sacca che portava sempre con sé tenendola sotto stretto controllo, per impedirle di uscire.
Allora il ragazzo chiese se non ci fosse un modo per crearne una appositamente per Berenice e raccontò all’anziano signore la storia della fanciulla di cui si faceva portavoce.
Il viso dell’uomo, venendo a sapere dell’esistenza di qualcuno privo di un’ombra personale, fu illuminato dal sorriso di chi scopre il più prezioso fra i tesori. Chiese di poterla incontrare.
Mauro presentò lo straniero a Berenice la sera stessa e lei li accolse entrambi con gentilezza e semplicità. Durante la conversazione, il vecchio cercò di far capire alla padrona di casa che il suo desiderio l’avrebbe certamente rovinata.
La mancanza dell’ombra, infatti, era una sorta di protezione poiché non aveva modo di provare fino in fondo il dolore causato dai cattivi sentimenti rimanendo immersa nella purezza della luce e della bellezza interiore. Gli altri la insultavano e la umiliavano perché le loro stesse ombre li inducevano a comportarsi così. Queste ultime, infatti, sanno benissimo che lei avrebbe potuto scacciarle dal paese e non volevano che ciò avvenisse.
Lo straniero era comunque propenso a farle un dono, quello della voce, affinché potesse avere la possibilità di mostrarsi e di illuminare il mondo esterno.
Allora Berenice scelse la voce. Mauro le chiese se era sicura di aver preso la decisione giusta. L’ombra del ragazzo era la paura di perderla. La donna lo abbracciò stretto stretto, gli diede un lungo bacio affettuoso e gli scrisse tante parole rassicuranti finché non lo convinse a tornare a casa a riposarsi.
La mattina dopo il ragazzo fu svegliato dalle urla rabbiose dei suoi compaesani. Si alzò di scatto e si vestì in fretta e furia per raggiungere la piazza da dove partivano le grida.
Lì vide Berenice che cantava dolcemente accompagnata dal vecchio signore della sera prima, circondati da tutti gli abitanti che inveivano contro di loro accusandoli di stregoneria e nefandezze varie.
Mauro piangeva e non capiva che cosa mai stessero facendo di male per subire un trattamento simile, in fondo, stavano solo cantando.
All’improvviso, uno tra la folla, scagliò contro di loro dei sassi che però non centrarono il bersaglio: una cupola luminosa proteggeva Berenice e il vecchio. Tale prodigio agitò ancora di più la gente che cominciò a lanciare pietre a raffica per rompere questa magica protezione.
Mauro, non sopportando più un simile accanimento, si avvicinò ai due suoi nuovi amici e si unì a loro nel canto.
Appena entrò nella cupola si sentì subito più leggero e si accorse che non possedeva più la sua ombra. Così cantò con più vigore ancora.
La cupola cominciò ad ingrandirsi talmente tanto che avvolse l’intero paese in un momento e le ombre, dalla prima all’ultima, scomparvero.
In quel momento tutto venne circondato e riempito da una dolce sensazione di pace e serenità. Tutti si resero conto del male che avevano causato a Berenice e ognuno porse le proprie scuse.
Da allora, le ombre non fecero più parte della vita quotidiana del paese e Berenice fu trattata con tutti i riguardi conquistando così un antidoto alla solitudine che tanto l’aveva angustiata.
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