Il martedì è il giorno della settimana in cui, idealmente, posterei racconti miei e altrui ma Bruna Athena mi ha proposto un’idea particolarmente stuzzicante, scrivere una lettera.
Anche se sarei in tema con il periodo, non è una lettera natalizia ma una missiva indirizzata a un autore che non c’è più e che vive attraverso le sue opere.
Io e Bruna ci “siamo divise i compiti”, lei scriverà alle autrici femminili e io a quelli maschili. Se poi vorrai esprimere il tuo pensiero su romanzieri o poeti del passato a te particolarmente cari, saremo felici di leggerti, condividerti, ospitarti.
Bene, dopo questa piccola premessa, io provo a scrivere una lettera a Oscar Wilde ma, se preferisci, puoi cominciare con Bruna, lei si rivolgerà a una delle sorelle Brönte. 🙂
Caro Oscar Wilde,
che strano scriverti in questo tempo e in questo spazio effimero come la vita e le vanità umane che hai puntualmente smascherato con le tue opere e il tuo ingegno.
Di te ho letto Il ritratto di Dorian Gray, una raccolta di racconti e opere teatrali, un libretto di aforismi e il De profundis.
Certamente hai scritto molto di più e io sono solo una lettrice ignorante che proviene da un futuro in cui penso ti saresti trovato bene. Almeno nel settore della moda perché tu, in quanto dandy, di eleganza e stile te ne sei sempre fatto un vanto e, giustamente.
Conservo anche questa piccola cartolina che ti ritrae e riporta una delle tue affermazioni in cui dici di adorar sentir il suono della tua voce al punto da non comprendere ciò che vai argomentando.
Questo è uno dei motivi perché ti scrivo, poiché hai fatto del paradosso la tua arma vincente e il tuo bello stile nel vestire, nel parlare e nello scrivere ti ha destinato ai posteri per grazia, acume e profondità d’animo.
Leggendo Il ritratto di Dorian Gray ho apprezzato il cinismo e la lungimiranza del tuo alter ego, l’ospite che divertito e beffardo osserva il pittore ritrarre il più bello dei giovinetti, Dorian appunto.
Sappi però che la dicotomia tra apparenza e essenza di Grey mi ha un po’ spaventato. Se sapessi dell’esistenza di un quadro che mostri la mia vera identità avrei timore a guardarlo. Perché, in fondo, temo la vecchiaia e non per la perdita della bellezza, che è soggettiva, ma per la comparsa di rughe che possano rivelare i difetti dell’anima mia.
Tu, Oscar Wilde, fosti così lucido e razionale, così sottilmente perfido che non riuscisti a celare la profonda sensibilità che ti caratterizzava, o forse facesti apposta a giocare con le ombre della tua personalità? A divertirti sfidando e beffandoti delle ipocrisie della tua epoca, così che i tuoi simili non vedessero quanto amassi l’Arte e l’essere umano, con tutte le sue imperfezioni?
La religione e i dogmi non facevano per te eppure, io ho pianto di commozione nel leggere la storia de Il Gigante Egoista e de Il Principe Felice (al quale si spezzò il cuore). Lì mi sembrasti un buon cristiano ma, forse, non avevi fatto altro che tessere una tela incantata per imprigionare gli allocchi, i sognatori e gli animi un po’ ingenui. Chi lo sa.
Io non ti ho studiato sui libri di scuola, ti ho letto e ammirato da un tempo e un luogo a noi lontani.
L’ultimo tuo lascito, il De Profundis è meraviglioso ma, perché parlarne? Toglierei a chi sbircia questa epistola il compito di leggere le tue parole, nate da dietro le sbarre.
Te ne sei andato denigrato e in miseria, perché eri diverso, perché eri condannato dall’incapacitá di non esprimere il tuo libero pensiero e perché sapevi benissimo cosa andavi dicendo, ma non potevi tacere.
Ti ringrazio per non aver taciuto, per non aver scelto la via più facile e di accontentarti della mediocrità. Un uomo che non teme catene e il giudizio contrario di una società ben pensante ma mal facente, è un uomo pericoloso. Tuttavia, chi ti ha osteggiato e temuto è morto veramente mentre tu hai raggiunto l’immortalità. Ma forse, già lo sapevi, vero?
Che dirti, che scriverti ancora? Alcune domande le avrei, se tu fossi vivo ma, anche se fosse, qualcosa mi dice che non ti prenderesti la briga di legger questa lettera. Forse non per pigrizia o vanità ma perché, semplicemente, tali parole verrebbero da altre missive e inonderebbero la tua scrivania di cartacee banalità.
Tuttavia, le domande te le riporto lo stesso. Mi avresti mai concesso l’onore di ascoltar la voce dei tuoi pensieri in esclusiva? A raccontarmi, senza leggerlo fra le righe, cosa ti ha spinto a scrivere? A darmi qualche piccolo consiglio? A criticar ciò che io scrivo? Se voglio, ho buone orecchie e magari saremmo in due a sentirti parlare senza comprendere mentre tutto il mondo, ti legge.
Con ammirazione,
un’affezionata lettrice.
Photo Credits: immagine in evidenza via Pixabay
19 Comments