Mercoledì scorso ti ho presentato la prima parte del curriculum del lettore di Alberto Pozzobon, oggi sei pronto per la seconda parte?
Tranquillo, non è tanto lunga da leggere ma qui approfondisce tre elementi fondamentali che lo caratterizzano in quanto lettore; la passione per i viaggi, l’ammirazione per i combattenti per le cause perse e la squattrineria e il casinismo patologici. Elementi che fanno parte non solo della personalità di Alberto ma di ognuno di noi.
Vieni a vedere come ne parla e se per caso riesci ad identificarti con il suo pensiero?
Viaggi, cause perse e squattrineria, seconda parte del Curriculum Del Lettore di Alberto Pozzobon
Ho sempre amato viaggiare e, fortunatamente, mi sono imposto di viaggiare il più possibile.
Ok, vi chiederete, ora che c’entra questo con i libri? Non lo so, ma sta di fatto che i libri mi hanno permesso di viaggiare anche stando seduto sul divano; e poi, in ogni viaggio reale sono sempre stato accompagnato da un libro, e non una guida dei luoghi che odio perché il viaggio deve comprendere il perdersi, non trovare più la strada .
Ebbene sì, i miei viaggi sono sempre partiti dai libri. Libri che non raccontano solo i luoghi, i monumenti o lo shopping, del quale francamente non è mai fregato nulla, ma la gente e le loro vite.
Un esempio? Il prototipo perfetto dei libri di viaggi è In Patagonia di Bruce Chatwin. Ora chiunque lo abbia letto in questo momento mi conosce un po’ meglio.
Questo non è stato il libro che ho letto prima di andare in Argentina, ma quello che mi ha fatto desiderare di andarci. Lo avete letto? Bene. Non lo avete letto? Ma come cazzo viaggiate?
In Patagonia dovrebbe essere il manuale di come si viaggia, come lo è stato per me.
Si scoprono luoghi, scienza, storia e si fa la conoscenza con le genti che popolano quella terra, da dove vengono, le loro vite, ciò che han lasciato e quello che mai più avranno. Fa sentire quanto il legame fra la terra e gli uomini, anche una terra non loro, determini quello che i luoghi sono, li arricchisca; come se mille conoscenze ed esperienze diverse, creino dei nuovi luoghi, delle città sorprendenti, che forse nemmeno ti aspetteresti di trovare in certe latitudini.
Perché adoro i combattenti delle cause perse? Ma per lo stesso motivo per cui quasi tutti li amiamo in fondo, si fa sempre il tifo per il perdente predestinato; almeno credo e un po’ lo spero. Anche se penso che molti li amino più che altro perché perdono sempre e questo sentimento viene comunque a scemare in quelle rare occasioni in cui vincono una battaglia.
Io li amo perché sono combattenti ben coscienti della loro condizione e anche se sanno che le loro battaglie sono quasi impossibili da vincere, non si arrendono. Continuano a combattere per il loro ideali, nonostante tutto.
E qui non parlerò di un libro ma di un autore che molti di voi conosceranno, non fosse altro che compare spesso anche in TV; sono sicuro, anzi certo, che appena dirò il nome di questo autore molti si chiederanno sotto l’effetto di quale droga l’ho associato a questa categoria: ( Rullo di tamburi ) …. Mauro Corona.
Ok, calma, pazienza e lasciatemi finire lo spinello che tra poco vi spiego.
Comincio con il dirvi che ho letto quasi tutti i suoi libri; molti sono riferiti ai luoghi in cui vive, una zona che lambisce le dolomiti fra Veneto e Friuli, luoghi che conosco fin da bambino.
Parla dei boschi, della natura, degli animali, degli eventi naturali e del rapporto semplice ma spesso crudo tra loro e l’uomo.
Spesso parlandone trasmette un’atmosfera quasi fatata, come se fosse una favola dei fratelli Grimm, anche quando gli eventi sono drammatici.
Quello che descrive è lontano, idealmente e nella pratica, dalle nostre vite, dai nostri problemi di scadenze lavorative, dalle nostre ansie di essere sempre impegnati, dalle nostre compulsioni nell’essere sempre alla moda o nell’avere sempre l’ultimo gadget tecnologico.
E ne parla perché questa è la vita che lui conduce; ora non so se lui voglia comunicarci tutto questo come se quasi fosse una sorta di salvezza, una regressione intelligente e positiva che tutti dovremmo, almeno in parte, attuare ma, in alcuni casi, lo ha affermato e lo fa anche intendere in più passi dei suoi libri. Per questo motivo lo vedo come un combattente di una causa persa; chissà quante volte voi come me avete pensato “lascio tutto e me ne vado in campagna”.
La realtà è che poi non lo facciamo mai ad eccezione delle frettolose gite domenicali; ed anche se qualcuno lo ha fatto, si è accorto che tutto questo ha un prezzo da pagare, quel prezzo che comunque noi non vorremo mai pagare. Vita comoda?
Ma lui continua imperterrito sia a vivere la sua vita, sia a scrivere su di essa, sui suoi luoghi e i suoi abitanti.
Lui continua a combattere la sua battaglia persa e forse proprio per questo non ci accorgiamo che la sua guerra personale probabilmente la sta vincendo, che lui da solo ha vinto.
Per quanto riguarda la squattrineria e casinismo patologici; ci tengo a scusarmi per i termini usati. Mi rendo conto del fatto che potrebbero non esservi molto chiari ma lo sono molto per me. Se dovessi descrivere cosa intendo con questi termini, ne servirebbero altri 100 almeno ed ancora il concetto esatto non sarebbe ben descritto.
Per cui esiste solo un modo per rendervi chiaro quello che voglio esprimere con questi 2 termini, dirvi il nome dell’autore che meglio li rappresenta, almeno per me: Charles Bukowski.
La cosa che mi attrae dei suoi scritti e delle sue poesie sono le persone, gli ambienti, le storie di cui parla; quelle che noi spesso chiamiamo “Storie al margine”.
E qui è il punto; mi sono sempre chiesto quanto siano al margine queste storie e quanto possiamo considerarli marginali.
I personaggi, gli ambienti, le storie di cui lui parla li ho visti e li vedo ogni giorno; e non stanno sempre e solo negli articoli di cronaca dei giornali; sono nelle nostre città, nei locali che frequentiamo, nelle strade.
Possiamo vedere anche noi queste cose ma non le vogliamo vedere o le nascondiamo nel nostro cassetto dei segreti quando anche se ne abbiamo fatto parte.
Io credo che che queste persone, questi ambienti, molte di queste storie siano determinanti per definire quello che siamo, e non parlo solo di società civile, ma anche individualmente.
Possiamo quindi definire marginali questi aspetti delle nostre esistenze e dei nostri luoghi? No, non lo sono, e forse dovremmo non trattare questi aspetti sempre come un cancro da debellare, ma comprenderli come parte di quel che siamo. Semplice no? No.
3 Comments