È possibile riesumare una pratica comune tra il Settecento e i primi del Novecento come il salotto letterario?
Tempo fa un mio amico su Facebook mi ha raccontato che gli piacerebbe far tornare in auge questa forma di intrattenimento in un ambiente reale, al di fuori di social e i blog i quali sembrano non favorire più di tanto la diffusione della cultura e del bello scrivere. A parer suo aprire un salotto letterario in una qualsiasi città italiana equivarrebbe a permettere agli amanti del libro e della lettura di riunirsi e dialogare fra loro, aumentando così il grado di erudizione ed educazione delle persone.
Malgrado gli intenti nobili e il fascino che ancora esercita il salotto letterario, il progetto di questo mio amico però presenta quelle che io considererei delle vere e proprie falle.
Il salotto letterario, perché non potrebbe attecchire ora
Non sono un’esperta in marketing né in start up ma, il mio primo dubbio è stato il luogo in cui il mio interlocutore avrebbe voluto aprire un salotto letterario cioè Milano e, in generale nel Nord Italia.
Ora, a parer mio, aprire un salotto letterario nel Nord Italia è come aggiungere una goccia d’acqua salata in un oceano. Milano è la città dell’editoria, delle riviste, dei circoli culturali, dei caffè letterari e, quando ci sono stata, ho pure perso il conto delle librerie che si affacciano solo lungo Corso Buenos Aires. Nelle librerie poi non è insolito organizzare presentazioni di libri e incontri con l’autore. Che senso ha aprire un salotto letterario nella realtà milanese?
A questo mio dubbio mi è stato risposto che Milano era soltanto un’idea su dove cominciare ma, qualsiasi luogo si scelga, un salotto letterario pensato secondo i canoni che ne hanno favorito la fioritura in passato, non attecchirebbe.
Piuttosto, meglio concentrarsi sulla modernizzazione e la salvaguardia delle biblioteche. Sono un patrimonio culturale preziosissimo in Italia e, recentemente, ho scoperto che la pratica di frequentare questi luoghi dove si conserva il Sapere è ormai data per scontata dalla maggioranza della popolazione, tranne che nel Sud. Ecco, se si dovesse aprire un salotto letterario, credo che forse potrebbe funzionare nel Meridione.
Ma poi è sorto un secondo dubbio. Siamo nell’era di Internet e dei social e, in fondo, il mio stesso piccolo e umile blog può essere considerato una sorta di salotto letterario. Parlo di libri e chi, come te è interessato a leggermi, ha la possibilità di dire la sua nei commenti offrendomi ulteriori spunti di riflessione. Si instaura un dialogo virtuale e l’idea di leggere qualsiasi cosa equivale all’ascolto e all’assorbimento delle informazioni che si desidera ricevere. Quindi, i criteri del salotto letterario si ripresentano tranquillamente sul web e arrivano là dove non ci sono le strutture fisiche per creare una simile realtà. Ormai quasi tutti possono dire di avere uno smartphone con cui navigare su Internet e di piattaforme social ce ne sono una marea come Facebook, Twitter e Google Plus (solo per citarne alcuni) e con tanto di gruppi, liste e community formatisi sulla base di interessi comuni e condivisi.
Piccola curiosità, mi pare di aver letto da qualche parte che il grado di alfabetizzazione della popolazione si alzò grazie a delle lezioni di italiano che vennero trasmesse tra gli anni ’50 e ’60 proprio sulla tanto disprezzata televisione (a casa mia è spesso spenta ma, quando l’accendo, fioccano documentari e programmi su come realizzare qualcosa o gare per diventare stilisti, modelle, cuochi, ristoratori, falegnami e chi più ne ha, più ne metta). Non disprezziamo troppo l’evoluzione tecnologica e i conseguenti canali di diffusione ma domandiamoci invece perché quelle che per noi sono vere e proprie stupidaggini, trovano il favore del pubblico.
Terzo dubbio, la lettura è per me un bene comune e ognuno deve leggere ciò che si sente senza correre il rischio di essere criticato aspramente. I lettori snob esistono e temo che il salotto letterario non farebbe altro che unire i “criticoni” escludendo chi si approccia a qualsiasi tipo di letteratura, anche quella che risulta di grande impatto commerciale ma di carente arricchimento culturale.
L’educazione sta nella cortesia e nel rispetto delle opinioni altrui e sono modelli di comportamento che vanno applicati in qualsiasi contesto e livello, anche e soprattutto al di fuori di un salotto letterario.
Infine, quarto e ultimo dubbio. Perché mai un salotto letterario dovrebbe insegnare a scrivere in italiano? Dovrebbe essere un luogo di dialogo e di confronto mentre, per imparare a scrivere, a leggere e a studiare, mi pare che ancora esistano le istituzioni scolastiche che, pur con tutte le loro magagne, sono perfettamente in grado di svolgere il loro ruolo didattico ed educativo.
Con non poco dispiacere ho quindi realizzato che il salotto letterario è una forma culturale che difficilmente si potrebbe applicare nei tempi odierni. Tuttavia, se mi è stata segnalata questa intenzione da una persona è probabile che anche altri sentano questa necessità di un ritorno al passato e mi piacerebbe sapere cosa ne pensi tu.
8 Comments
Anche io ho pensato spesso al salotto letterario e ho gli stessi tuoi dubbi. Non a caso, il mio blog è nato proprio per questo: perché m’era piaciuto un pomeriggio con le amiche in cui ci dilettammo a parlar di Dammi mille baci, di Eva Cantarella, ma quel pomeriggio era stato un’eccezione. Tutti abbiamo impegni che ci costringono ad orari particolari, ma un salotto è bello se si frequenta. Credo, tuttavia, che un salotto letterario funzionerebbe se proponesse qualcosa di diverso dagli altri, magari associando diverse attività, oltre alla lettura.
Ecco, ora vado a fare il call center, guadagno qualche soldino e mi apro un bar/salotto da qualche parte 😀
Condivido il tuo discorso Bruna, soprattutto per quanto riguarda il restyling (se si può dire) del salotto letterario. Appena apri il tuo salottino, avvisami che vengo a bere una tazza di the o caffé. 🙂
Macché, lo facciamo assieme 😀
Pronta! 😁
😉
Premessa: siamo nell’era della tecnologia, dove con gli smartphones si fanno dalle foto alle chiamate, alle chattate, con internet si è sempre connessi, e si può esser sempre aggiornati.
Non è tanto il dove, ma che tipologia di salotto aprire? Un salotto esclusivamente basato sui libri è retrò. Uno legato invece agli ipad/ebook, invece sarebbe meglio e conveniente. Tecnologia e carta combinata assieme. Un luogo dove poter argomentare i libri letti, di cui si vogliono capire, i significati più o meno nascosti. Che funga da aiuto ai giovani, che spesso scrivono orrori(il verbo avere è il più maltrattato, il congiuntivo, se parlasse, chiederebbe asilo politico in uno stato straniero).
Che lo si chiami salotto o caffè questo poco importa. L’importante è poter far capire alle generazioni future di quale passato culturale abbiamo fatto parte.
Ognuno sarebbe libero di chiedere di argomentare il proprio libro, la propria preferenza letteraria, sciogliere dubbi sui stili di scrittura usata. Un salotto/caffé non deve discriminare nessuno solo per quanto concerne argomento/libro/stile di scrittura. Diciamo tutti sempre che il razzismo(inteso colore di pelle, religione) è un fatto negativo, da beceri, anche il razzismo per lettura, è da persone non intelligenti/snob. Essere snob non è sinonimo di grandiosità dell’ego, anzi, secondo me, il proprio ego forte quando non si è affatto snob.
Altro discorso meritano le biblioteche: vanno salvaguardate, e da qua, possono nascere questi caffé/salotti letterari 2.0
Le biblioteche, devono avere anche senso di esistere, oggi, a mio avviso in alcune zone d’Italia, ve ne sono troppe e mal funzionanti. Se si decidesse di ridurle, e di valorizzare quelle aventi manoscritti introvabili, forse sarebbe meglio. Poche biblioteche, tanti libri, tanta socializzazione. Tanta socializzazione porta ai caffé/salotti( in bibilioteca se parli, ti uccidono).
Che bello ritornare un po all’antichità e magari dire “se facerei un caffè lo prenderebbe?”
Ops… ritorniamo alla sana lettura, e ad un sano confronto dal vivo, magari, qualche strafalcione, come quello sopra lo si eviterebbe.
Gianluca
Gianluca, che discorsone!
Provo a risponderti per ordine:
– Concordo sull’integrazione tra nuove e vecchie forme di condivisione culturale. Debbono andare di pari passo per avere un’idea nuova di salotto letterario
– Il salotto letterario richiede un luogo preciso con dei confini entro i quali non tutti possono accedervi e di conseguenza, riproporlo al di fuori del web, potrebbe portare al rischio di snobismo e chiusura.
– Non sono d’accordo sulla tua idea di ridurre le biblioteche, sarebbe un vero e proprio disastro culturale. Anzi, ce ne dovrebbero essere di più e meglio organizzate e, per imparare a leggere e scrivere, anche le scuole dovrebbero esserne provviste (ma questo è un discorso molto più ampio e complesso da poter sviscerare in un commento). Quello che va cambiato è il modo in cui la biblioteca viene percepita in Italia. Il mio modello ideale di biblioteca è quello vigente in altri paesi europei e americani.
– Non capisco il nesso tra il ritorno all’antichità e il parlar correttamente in un luogo pubblico.
Lo snob è per chi si pensa superiore, è per quelle persone che si pensano personaggi di rilievo,e lo sono solo nella loro testa.
Un caffé letterario deve esser alla portata di tutti, caffè con libri, cosi giusto per creare un binomio forte, per far rivivere il passato e per far capire alle futuro generazioni, che anche una situazione del ‘700-‘800 può esser riportata ai tempi moderni, con adeguati ammodernamenti.
Per quanto concerne la biblioteca dovrebbero esser come negli altri paesi, ma non lo sarà mai, se non saranno i privati ad entrare in questo settore.
Oggi gli orrori sono di moda, come se parlare correttamente l’italiano sia più o meno chic durante le stagioni. Non dico che ritornare all’antichità sia la pancea di tutti i mali, ma potrebbe aiutare i ragazzi a capire come si scrive in italiano, attraverso i loro libri preferiti.