Venerdì ti ho raccontato della mia missione in solitaria verso Pordenone Legge e, malgrado abbia vissuto un’esperienza e un’avventura decisamente edificanti, ho provato un senso di spaesamento perché non avevo una persona con la quale condividere il senso stesso della manifestazione letteraria appena conclusasi.
Pordenone Legge è un evento che, anno dopo anno, continua ad attrarre migliaia di visitatori e autori provenienti da ogni parte del mondo ma, una cosa è sapere come si svolge questa manifestazione e tutt’altra è viverla e condividerla con un’amica lettrice, quella dell’aperitivo lungo tra lettrici, per intenderci.
Insieme abbiamo seguito cinque incontri e, anche se possono sembrare pochi, sono stati così affascinanti che siamo ancora in fase di rielaborazione per la valanga di titoli da leggere e per i temi che abbiamo ascoltato, assorbito e condiviso. Mentre aspettavamo in fila o stavamo sedute a berci un caffè o anche solo per riposarci tra un dibattito e l’altro, abbiamo condiviso emozioni, pensieri e riflessioni che sento il bisogno di trattare singolarmente, con calma e pazienza, nell’intento di creare un quadro che illustri cosa vuol dire essere lettori e di come questo ruolo sia la base fondante del successo e dei meccanismi che fanno di Pordenone Legge un’esperienza unica e indimenticabile.
Per l’edizione 2015, dovevamo assolutamente incontrare e ascoltare il Viaggio in Italia de Questo trenino a molla che si chiama il cuore, libro scritto da Loredana Lipperini e dedicato alla Val di Chienti, alle Marche e ai suoi confini.
Pordenone Legge 2015: un percorso di lettura, scrittura e riscoperta dell’Italia
Il progetto Viaggio in Italia comprende, in tutto, 8 libretti, 8 regioni e 8 scrittori diversi che raccontano la bellezza e le migliaia di storie che, quasi dimenticate, popolano i luoghi descritti. Sarebbero stati 8 incontri ma, tra questi, non abbiamo voluto perderci Loredana Lipperini.
A farmi conoscere la sensibilità e la bella persona che è questa autrice è stata l’amica che mi accompagnava e che dal 2014 mi fa da Cicerone a Pordenone Legge, Elena. L’anno passato la scrittrice presentava, assieme a Giovanni Arduino, Morti di fama, un testo che si pone come punto di riflessione sui meccanismi della rete e in particolare dei social network. È stato in quel momento che mi sono infatuata della conduttrice di Fahrenheit.
Quest’anno, invece, Loredana Lipperini ha presentato Questo trenino a molla che si chiama il cuore, libro incentrato sui luoghi della Val Chienti, terra di confine tra l’Umbria e le Marche e sulla ricerca delle storie che essa conserva e di quello che le accade quando cambia.
Detta così, la faccenda appare piuttosto complicata e, lo è. Ma, andiamo per ordine (se mi riesce).
La prima cosa che mi ha colpito di questo incontro ospitato dalla XVI Edizione di Pordenone Legge è il modo con cui l’autrice interagisce con il pubblico. Ad un certo punto non ho potuto fare a meno di chiedere ad Elena se per caso non stesse recitando, interpretando delle emozioni. La mia accompagnatrice mi ha subito sciolto il dubbio, Loredana è così, incantatrice e coinvolgente.
Parla con voce posata e gesticola con grazia, come ad accompagnare le parole verso la Sibilla Appenninica affinché ritrovino il loro significato originario. Ha parlato di sé e della sua cerca, non per vanteria o autoreferenzialità, ma per recuperare la memoria della sua terra e ricordarne la bellezza, il suo senso più intimo e profondo.
«Sono le persone a dare un senso ai luoghi».
A tratti, mi sono commossa e indignata. Questo vuol dire che il messaggio di Questo trenino a molla che si chiama il cuore è arrivato chiaramente, con tutte le sue sfaccettature. Si è parlato di un romanzo nella quale si innestano le tecniche narrative del memoir e dell’inchiesta giornalistica.
Il libro è un memoir, perché si raccolgono storie e leggende legate al soggiorno di Giacomo Casanova a Serravalle e delle sue avventure meno note, della leggenda della famiglia Cancelli e delle loro capacità taumaturgiche, di Guerin Meschino che si incammina dalla Sibilla per poter riaver indietro il suo nome e della storia di vendetta della Madonna su Pilato, annegato nel lago omonimo le cui acque hanno veramente il colore del sangue. Figure leggendarie e personaggi realmente esistiti si mescolano in un gioco, a volte pericoloso, di doppie identità segnalando una ricchezza di storie complesse che vanno restituite alla memoria, strappate dalla dimenticanza.
«Le storie sono fatte di persone».
È un’inchiesta giornalistica perché tutte le narrazioni appena illustrate stanno rischiando l’estinzione a causa del progetto Quadrilatero, avviato nel 1997 e che è costato, finora, 2 miliardi e mezzo di soldi dei contribuenti. Tutto per costruire un’autostrada che doveva unire l’Umbria alle Marche e permettere di raggiungere il mare impiegando mezz’ora in meno.
«Uno scempio ambientale costruito perché facente parte di un sistema di finanziamento a beneficio di pochi, non per il bene della comunità».
È una riflessione sul concetto di identità e sul doppio. In questo senso ho scoperto la parola eteronimo, un termine con il quale si indica l’azione di costruirsi un’altra identità. Una versione di sé che non è menzognera o costruita, ma una parte personale che sente il bisogno di emergere, libera da contaminazioni o aspettative legate al nome originale. Quest’ultimo aspetto, quello della doppia identità, mi ha colpito moltissimo e la riflessione su di esso è sfociata anche al di fuori della sala conferenze.
Loredana Lipperini e L’eteronimo: un tema da approfondire
Sarà la mia natura gemellina ma, tutto quello che ha a che fare con il doppio mi affascina. Soprattutto perché chi è tacciato di doppia personalità è considerata persona falsa, tendente all’inganno.
Loredana Lipperini, nel corso dell’incontro, ha parlato di autori famosi che scrissero anche sotto eteronimo ma che, una volta scoperti, si sono suicidati.
«Giocare con il doppio è pericoloso perché si perde una parte della propria identità e la scrittura, in sé, è anche un modo per ingannare la morte».
Anche l’autrice di Quel trenino a molla che si chiama il cuore ha scritto sotto l’eteronimo di Lara Manni e, nel momento in cui è stata smascherata, ha subito, tramite i social, una serie di accuse e recriminazioni da parte di lettori e critici furiosi. Questo libro è il suo viaggio personale di riconquista della sua identità, una ricerca di guarigione e profonda comprensione di sé e dei luoghi che le hanno dato i natali.
Quando ci siamo accostate per l’autografo, mi è sorta spontanea fare un’associazione con Harry Potter e di quello che fece Voldemort quando creò i suoi horcrux. Forse ho fatto un’associazione un po’ estrema però l’autrice ha capito quello che volevo dire e mi ha lasciato una traccia da seguire nella dedica al libro:
E da queste poche, semplici righe, mi si è aperto un mondo di domande e di dubbi. Che cosa è giusto e che cosa è leale? E, come si mantiene integra la propria identità?
Personalmente, credo che l’uso dell’eteronimo da parte di Loredana Lipperini non sia stato altro che un modo per mettersi in gioco nel genere fantasy, seguendo e lasciando libero sfogo alla personalità di Lara Manni. Non è un modo ingannevole di comportarsi anzi, semmai è ammirevole perché l’autrice ha lavorato su diversi livelli percettivi aprendo la strada ad un mondo affascinante, forse onirico e un po’ oscuro, ma comunque a favore della conoscenza più vera e profonda.
Sto ancora riflettendo su questo tema e, probabilmente, vi tornerò sopra. Quel che è certo è che dall’infatuazione sono passata direttamente all’innamoramento sia di Loredana Lipperini sia di Lara Manni. Volevo essere obiettiva e distaccata, ma proprio non mi riesce e faccio pure fatica a spiegarlo. L’innamoramento, in questo contesto, è una sensazione di comprensione e accoglimento per chi svolge un ruolo di guida lungo un percorso tortuoso e difficile ma necessario per dare un senso a tutto ciò che ci sta più a cuore. Tuttavia, l’innamoramento è anche una fase di offuscamento della visione in generale e potrebbe apparire come un atto di idolatria poco costruttiva. Questa ambivalenza mi preoccupa ma, la mia compagna di letture, Elena, mi ha dato un consiglio e un punto d’ancoraggio molto semplice da seguire:
«Innamorati pure! A innamorarsi di persone del genere hai solo di guadagnato».
Cosa ne pensi? Quali temi vorresti approfondire e c’è qualcosa, in questo post, che ha attratto la tua attenzione?
2 Comments
Emozionante ,Rita!! Durante tutto il post ci sono state tante scintille che hanno acceso fiammelle di idee. Sai, ad esempio, che tra le mie ormai famose bozze ho anche un post sugli horcrux?
E poi un libro dimenticato nel curriculum e che ora riemerge alla memoria: un libro di leggende locali sempre pescato dal baule dei nonni.
Grazie 🙂
Di nulla, anche se è da ringraziare di più l’amica che mi ha fatto conoscere la protagonista di questo articolino. 😀