Mercoledì 16 settembre 2015 doveva essere un grande giorno, non solo per il colpaccio fatto ottenendo il Curriculum del lettore di Anna Le Rose ma anche perché ero prontissima per Pordenone Legge.
Era tutto programmato, mercoledì sarei andata con un’amica ad ascoltare l’incontro intitolato L’officina del romanziere a Teatro Verdi. Ospite d’onore, Daniel Pennac! Non stavo nella pelle.
Solo che Pennac non l’ho visto neanche con il lumino. Se la fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo.
Ma non mi arrendo e voglio condividere con te la mia disavventura. Se c’è una risata in stile Nelson dei Simpson che affiora durante la lettura, hai il permesso di esprimerla senza riserve. Ci sta.
La disfatta è cominciata alle 13:00! La mia amica, nonché autista designata, si è sentita male e ha dovuto restare a casa a riguardarsi. Malgrado detesti guidare non ho voluto arrendermi e sono comunque salita in auto, volevo vedere e ascoltare (anche da lontanissimo) Daniel Pennac.
Per Pordenone sempre dritta, solo io riesco a girare in tondo?
Ebbene sì, il mio senso dell’orientamento fa schifo! Mi puoi dare delle indicazioni stradali con tanto di lampeggianti o un navigatore super aggiornato provvisto di scossa elettrica che scatta non appena oso seguire una direttiva diversa da quella fornita, ma il risultato è sempre quello. Per arrivare a Pordenone mi devo prima perdere un paio di volte.
Sarò Pordenone repellente, non so. È un limite al quale mi sono ormai rassegnata. Per questo, partita prestissimo, mi appropinquai dal mio distributore di fiducia, era chiuso.
Ok, don’t panic. Poco distante c’era un secondo distributore di fiducia. Chiuso. Nuvolacce nere si profilarono all’orizzonte e mi resi conto di aver dimenticato l’ombrello a casa. Bene.
Avevo un quarto di serbatoio e volevo andare a Pordenone Legge. Quindi proseguii, in barba all’orientamento non orientato, alla benzina e alla pioggia imminente. Trovato un distributore aperto (non di fiducia) e chiesi indicazioni.
“Se conosci i paesi, a Pordenone ci arrivi in poco tempo. Tranquilla, non ti perdi. È facile”.
Sguardo del terrore.
“In caso ci vediamo qui mercoledì prossimo o su Chi l’ha visto!”
Grazie, benzinaio.
Cosa si fa, pur di vedere Daniel Pennac.
Dopo aver sfidato una probabile tempesta, superato una rotonda dopo l’altra, rallentato ai velox che, in terre pordenonesi, spuntano come funghi ed evitato di sorpassare auto che andavano a 40 su limite di 70 (pur di non perdermi eventuali cartelli chiarificatori) in poco più di 1 h e 30 minuti di guida, ero a in centro a Pordenone ( ticket un po’ caretto ma, per ascoltare Daniel Pennac, un sacrificio economico lo si fa volentieri).
In coda per teatro Verdi e la tecnica del sorpasso
Se uno si mette in fila, va da sé che deve portare pazienza e rispettarla ma non tutti i lettori ed estimatori di Pordenone Legge la vedono allo stesso modo. Quando sono giunta al teatro Verdi ero in anticipo di un’ora e mezza, poi ho visto la coda e m’è venuto da piangere, veramente. Nella borsa, L’occhio del lupo. L’avevo portato con me nella remota eventualità di ottenere un autografo. Ah, beata ingenuità.
Il personale dello staff mi ha subito avvisato che erano rimasti pochissimi posti e che non mi restava altro da fare che confidare in una qualche rinuncia. E chi rinuncia alla possibilità di assistere alla storia del percorso di un romanziere i cui libri hanno incantato mille mila lettori? Domanda retorica che ho volutamente ignorato. Mi misi in fila e ho sperato che il mio cognome facesse il suo dovere. Poi è arrivata una lettrice esperta nella tecnica del sorpasso e molto, molto (troppo) ciarliera.
Le code a Pordenone Legge sono delimitate da delle transenne il cui compito è di creare un grazioso e ordinato serpentone fino all’ingresso ed evitare la calata dei barbari e una ressa la cui sopravvivenza richiede gomiti di ferro, scarpe anti infortunistica e una resistenza emotiva e psicologica a dir poco eroica. Tuttavia, i lettori sono più evoluti e la lettrice che stava alle mie spalle aveva una tecnica del sorpasso studiatissima. Quando la fila progrediva di un passo, infilava il piede nello spazio alla mia sinistra e, oplà, me la ritrovavo di fronte! Un passo accostato perfetto, eseguito con la classe e la naturalezza di una provetta pallavolista.
Con altrettanta scioltezza (e cercando di disperdere il fumo che aleggiava attorno alla mia persona) recuperavo il terreno perduto. Lo spostamento laterale, è questo il segreto.
A metà strada, una fanciulla dello staff, con sguardo accorato e animo sollecito avvisò la colonna umana che non c’era speranza. I posti a ingresso libero erano occupati e anche i biglietti stavano esaurendo (come i miei nervi).
“Mi dispiace, ma non credo che ci sia speranza”.
La frase ha un che di dantesco, non trovi? Comunque, nessuno desistette e procedemmo fino a quando, tre/quattro metri dopo, una seconda ambasciatrice di giallo vestita non ha dichiarato il tutto esaurito infrangendo così il mio sogno di vedere Daniel Pennac. E di tutti quelli delle persone alle mie spalle (compresa la lettrice che si ostinava a saltare la fila).
Avvilita, mi sono trascinata verso un bar per bermi un caffé e, sì, per cercare di riprendermi dalla batosta. Nemmeno guardare gli interni della splendida libreria Minerva mi ha tirato su di morale. Tuttavia ti lascio una foto che raccoglie alcuni dei suoi angoli più belli.
Non è carina? La disposizione degli spazi è veramente curiosa. Gli scaffali sono collocati in modo tale che ogni argomento o settore ha una sua stanzetta, provvista di seggiola sulla quale sedersi e poi, il pavimento, le scale e la balaustra in legno, rendono questo luogo non solo unico ma decisamente caldo e accogliente.
Ho bevuto il caffé, prossima tappa? Una mostra di fotografia
Quest’anno Pordenone Legge ha lanciato un concorso fotografico identificabile con l’hashtag #pnleggefoto. Chi vince ha la possibilità di aggiudicarsi 5 ebook reader e 5 ebook. Perché non provare? Per questo, visitare la mostra sulla fotografia francese del Novecento poteva essermi utile, darmi qualche spunto artistico e consolarmi un po’ per il convegno mancato.
Ne valeva la pena e mi sono trovata a ripetere, sotto voce i nomi di quei fotografi che avevo studiato a scuola, come se fosse una preghiera o un modo un po’ stupido di riportare alla memoria le emozioni che ho provato quando vidi, per la prima volta, gli scatti riprodotti sui libri. Su ogni foto poi, fantasticavo sulla storia che si celava dietro di essa e alla fine sono rimasta bloccata su un’immagine di Jeanloup Sieff, mi è parsa evanescente e, allo stesso tempo concreta.
Per questo ho acquistato il catalogo, volevo portare con me quello che testimonia la grandezza di un fotografo ovvero, la capacità di cogliere l’attimo, quando esso è ormai perduto per sempre.
Il mio primo giorno all’edizione di quest’anno a Pordenone Legge, malgrado il mio senso dell’orientamento pessimo, l’incontro mancato e la lettrice in modalità sorpasso, non è poi andato così male. Qualcosa da sentire e da leggere l’ho portato con me lo stesso e, nei giorni seguenti, ho potuto:
- seguire la cerca di Loredana Lipperini,
- sapere dalla mia amica lettrice quanto è stato raccontato alla presentazione de I due Hotel Francfort di David Leavitt,
- seguire Le ali della vita di Vanessa Diffenbaugh per poi far planare l’autografo dell’autrice sulla mia copia del romanzo,
- capire se è possibile arrivare al libro grazie alle nuove tecnologie,
- immaginare un possibile concorso letterario visitando un museo,
- ascoltare Riccardo Falcinelli e scoprire di più sull’importanza della copertina.
Un bel bottino, tutto da leggere! Vero?
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