Guest Post Scrittura creativa

Pausa racconto di Avenal Alec: Una vacanza dall’Apocalisse

8 Settembre 2015
#GuestStory: Una vacanza dall'apocalisse di @avenalec_immagine via Flickr

Eccoci qua con una nuova guest story di un’amica che preferisce presentarsi sotto pseudonimo. La trovi su Twitter con l’account @avenalec e il racconto in questione si intitola Una vacanza dall’Apocalisse.

Siamo in settembre ma c’è ancora tempo per prendersi una vacanza e questo scritto fa al caso nostro. @avenalec pensa di non essere capace a scrivere però io trovo che abbia una notevole fantasia e che sappia creare scenari e storie credibili e piacevoli da leggere. Un pensiero condiviso anche dalla persona che si è occupata di editare il testo ospitato, Antonella Albano (presto anche lei ospite con ben tre racconti).

Su Una vacanza dall’Apocalisse sono da fare delle precisazioni e per questo lascio direttamente la parola alla proprietaria di questo racconto lungo e da come è nato:

«Quando vedo una film, una serie tv, leggo un libro o un manga spesso vengo irrimediabilmente attratta da qualcosa: una scena, una battuta, un personaggio, un mondo o anche solo dall’atmosfera e, da quel momento, la mia mente parte per la tangente con il fantomatico ‘what if…’.
Con Una vacanza dall’apocalisse è successa la stessa cosa.

Avevo cominciato da poco la maratona di The Walking Dead quando sono rimasta affascinata dal personaggio di Daryl Dixon. Durante la seconda stagione, guardando una scena in particolare, la mia mente ha preso il volo e non ho potuto fare a meno di raccontare una storia, questa storia.
Chi conosce lo sviluppo di The Walking Dead e le Fan Fiction si accorgerà immediatamente che sono andata out of character (il personaggio non mantiene le caratteristiche impostate dalla serie tv) e che della serie è rimasta solo lo sfondo da fine del mondo.
Sentivo però di dover raccontare questa storia e questi personaggi con tutte le loro sfaccettature, paura, fragilità e forza per disintossicarmi dalla storia stessa.

Una vacanza dall’apocalisse è nato così.
Spero che questa lettura vi piaccia, nessun strano intento narrativo ma solo una storia che mi auguro vi faccia passare un po’ di tempo in completo relax.

Ringrazio Rita e lo spazio a me dedicato».

Tutto chiaro? E allora, vieni a leggere e poi fammi sapere cosa ne pensi.

Pausa racconto di Avenal Alec:Una vacanza dall’apocalisse

Prologo

Daryl osservò un istante Mac dall’altra parte del tavolo in legno.

“Pensi ci sarebbe mai stato qualcosa fra noi prima?”

Mac lo guardò, gli sorrise “Tu che dici?”

Non rispose, ma ciò che pensava lo si leggeva nei suoi occhi. Molte cose cambiavano, ma non tutte.

Mac allungò una mano fino a sfiorare quelle dell’uomo, rovinate dalle intemperie.

“Daryl, non conta cosa eravamo, ma ciò che siamo diventati.” disse con ferma dolcezza.

La giovane si sentì sfiorare dai suoi occhi ora limpidi, i fantasmi ricacciati dal luogo dove dovevano stare: il passato.

“Dovremo rimetterci in marcia per tornare dagli altri.” disse l’uomo prima di sospirare.

Mac arricciò il naso infastidita.

“Concediamoci ancora un giorno, un solo giorno e poi torneremo. Ho bisogno di tempo.”

Daryl osservò la giovane donna di fronte, ricordava il loro primo incontro un anno prima, ne aveva subito riconosciute le qualità, ma all’epoca non avrebbe mai pensato quanto lei gli avrebbe salvato e riempito la vita.

Si lasciò andare, ammirando la giovane donna che fino al giorno prima non aveva mai guardato per più di un paio di istanti.

“Ok, un altro giorno.”

Mac non se lo fece ripetere due volte e balzò in piedi “Vado a mettere sul fuoco l’acqua per un altro bagno.”

L’uomo si divertì a guardarla mentre era intenta a preparare ogni cosa, crogiolandosi in quel sereno momento di tranquillità, in un mondo in cui l’unica legge era quella della sopravvivenza.

#GuestStory_Una vacanza dall'apocalisse di Avenal Alec

Immagine via DeviantArt

Capitolo 1

Due giorni prima

Il pick up argenteo filava via liscio lungo la strada.

Il silenzio avvolgeva l’abitacolo, entrambi i passeggeri persi nei loro pensieri. Una tranquillità di cui godevano dal momento in cui erano partiti dalla Fortezza, il loro rifugio da quando l’apocalisse era cominciata. Amavano quel luogo che ormai tutti chiamavano casa, ma il silenzio era un dono che raramente si poteva trovare in un posto in perenne attività.

Mac – non si faceva più chiamare Sarah, ricordo doloroso del prima –  osservò di sottecchi il suo compagno di viaggio. Si era autoinvitato all’ultimo momento per quel giro di ricognizione, ma non ne era infastidita, solo divertita.

Daryl Dixon era la persona a cui era più legata nella fortezza, non perché l’avesse salvata innumerevoli volte, lei stessa l’aveva fatto, ma perché erano compagni nello stesso viaggio. Si conoscevano da oltre un anno. Avevano condiviso lacrime, dolore, vittorie e lotte, sempre presenti uno per l’altro, sempre pronti a coprirsi le spalle. Il loro rapporto si era forgiato nel tempo come quello tra due soldati che avevano fatto la guerra insieme, e quel rilassato silenzio ne era la testimonianza. Consapevoli, ma non a disagio, della presenza l’uno dell’altro.

In quel momento l’uomo aveva lo sguardo rivolto verso il finestrino, un ginocchio sul portaoggetti, il braccio sinistro mollemente abbandonato sulla gamba mentre la sua mano destra era intenta, come al solito quando era pensieroso, a toccarsi il labbro inferiore.

“Quanti giorni questa volta?” chiese Mac rompendo il silenzio che li aveva accompagnati dalla partenza.

“Cosa?” chiese Daryl girandosi verso di lei.

“Quanti giorni siete stati là fuori tu e lei primi di riuscire a portarla alla fortezza?” domandò nuovamente Mac.

Daryl non rispose, sbuffò.

“Non potrai scappare in eterno lo sai vero?” continuò imperterrita Mac. Succedeva così tutte le volte, quando Daryl salvava qualche donna durante i suoi giri di ricognizione, invariabilmente la sopravvissuta scambiava il salvataggio per altro.

“Tre giorni.” rispose Daryl.

“Povero, un paio di giorni e ti avrà dimenticato.”

Un grugnito questa volta.

Si immaginava già la scena, l’aveva visto succedere così tante volte. Sorrise al pensiero di stuzzicarlo.

“Com’è andata? Le stelle della sera s’intravedevano fra le fronde degli alberi, il fuoco acceso e alla ragazza si è sciolta la lingua?” chiese Mac “Povera stella, chissà quanto ci sarà rimasta male quando hai risposto solo a monosillabi!” la ragazza ridacchiò “Me la immagino: sola, disperata che viene salvata dall’aitante arciere che ha trucidato tutti i morti sul suo cammino. Ti sei avvicinato a lei, le hai sussurrato con la tua sensuale voce roca – è tutto finito ora – e quella è crollata come una pera matura!”

“Smettila Mac, non sei divertente.”

La ragazza si girò un istante, vide il suo profilo irrigidirsi, lo sguardo puntato sulla strada e scoppiò a ridere “Oh mio Dio, è andata veramente così, povero il mio Daryl che deve subire le lusinghe delle donne che salva.”

Da quando lo conosceva Daryl non aveva mai mostrato, se non raramente, degli slanci d’affetto verso chiunque. Non era un asso nei rapporti umani e tanto meno sapeva gestire donne in difficoltà, ma, sfortunatamente, le sopravvissute, almeno all’inizio, ci provavano sempre.

Loro due erano simili in questo, tenevano a distanza tutti.

Se stavi pensando a sopravvivere, non volevi nessun coinvolgimento. Un’imprudenza, una debolezza, la semplice sfortuna e tutto sarebbe finito in un attimo. Troppo rischioso.

Persino le loro punzecchiature e le risposte monosillabiche facevano parte di un teatrino ormai collaudato privo di implicazioni.

“Comunque, non stavo scappando da nessuno.” disse Daryl “Ero stanco della fortezza ed è una vita che noi due non andiamo a caccia assieme.” concluse guardandola e facendole un mezzo sorriso.

Mac lo guardò incantata, i suoi mezzi sorrisi erano merce rara.

“Ci sto!” restituendo un’occhiata complice.

“Qualche preferenza?”

“Arco direi, è da tanto che non lo uso.” replicò arricciando il naso pensierosa.

Da quando la quotidianità alla fortezza aveva preso il sopravvento era uscita sempre meno a caccia e si stava rammollendo.

“Che hai?” chiese Mac sentendosi osservata.

“Mi stavo chiedendo cosa hai mangiato a colazione.”

“Stronzo.” replicò Mac scoppiando a ridere.

“Non vorrei ritrovarmi nuovamente gli stivali coperti di vomito.” riprese sogghignando l’uomo.

“È successo solo una volta e basta.”

“Sempre una di troppo.”

“Non mi farai mai dimenticare il nostro primo incontro vero?” disse Mac.

“Assolutamente no, specialmente se hai intenzione di usare l’arco.”

“Deve entrarti in quella zucca vuota un’unica cosa: ti ho vomitato addosso solo perché avevo mangiato delle scatolette ormai scadute, e solo dopo che ti ho salvato la vita, aggiungerei!”

“Ciò non toglie che sia divertente ricordare quell’unica debolezza.” replicò sogghignando l’uomo

Mac si adombrò, i pensieri volati in ricordi poco piacevoli “Ne ho avute altre.” mormorò.

“Di cosa?”

“Debolezze.”

“Quelle capitano a tutti.” rispose pacato l’uomo guardando fuori dal finestrino.

L’istante successivo Daryl si fece attento, tolse il ginocchio dal portaoggetti, stava scrutando qualcosa alla sua destra.

“Trovata!” rispose indicando una casa bianca fra i campi. “Quella dovrebbe essere perfetta.”

Mac assentì concentrata sul punto indicato, cercando la strada d’ingresso della fattoria.

Nell’abitacolo l’aria si era fatta elettrica, entrambi stavano studiando la casa in fondo al viale. Mac fermò il pick up al termine della strada che si apriva su un largo spazio di fronte all’abitazione.

Il rumore del motore aveva risvegliato i morti che apaticamente si muovevano attorno alla casa, erano una mezza dozzina.

I due si guardarono un istante. Un cenno del capo e poi scesero. Con una serie di movimenti ormai automatici armarono le automatiche che avevano lasciato nel cassone dell’auto e cominciarono a sterminare quelle masse putrescenti in movimento.

Fu una cosa pulita e veloce.

Alcuni metri separavano Mac e Daryl ma non era importante, entrambi sapevano esattamente come muoversi, pochi cenni del capo e gesti bastavano.

Si avvicinarono all’ingresso verandato della casa e cominciarono a sentire i rumori di un luogo ormai divenuto una tomba per i morti. Non si chiesero come o cosa fosse successo prima, sapevano solo che dovevano entrare e ripulire quel posto da quegli esseri infestanti.

Controllarono attraverso le imposte semidistrutte.

“Ce ne sono parecchi lì dentro.” sussurrò Daryl.

“Sarà più facile se li facciamo uscire all’esterno.” mormorò la ragazza.

Daryl assentì, un ultimo cenno e si disposero.

Mac si allontanò di diversi metri posizionandosi di fronte all’ingresso della casa, una freccia già incoccata.

Daryl si avvicinò alla porta e con cautela girò la maniglia, che cedette dopo pochi sforzi. La spalancò, poi si allontanò lateralmente per evitare di essere sulla linea di tiro di Mac.

Passarono pochi istanti e i morti cominciarono a sciamare verso l’esterno con il loro lento passo strascicato. Mac non perse tempo a contare, una freccia dopo l’altra tentava di abbatterne il più possibile. Daryl poco distante faceva lo stesso con la balestra. Quando entrambi terminarono le frecce, finirono quelli rimasti con i coltelli.

In pochi minuti tutto era finito e nel cortile della casa bianca erano stesi più di una decina di corpi a diversi livelli di putrefazione.

Mac e Daryl recuperarono le frecce poi, uno a coprire le spalle dell’altro, entrarono in casa per portare a termine la pulizia. Non ci volle molto.

Dietro la casa trovarono una fontana a pressione e con attenzione, a turno, si ripulirono del sangue dei morti che era schizzato sui loro visi e braccia.

Con gesti meccanici dettati dall’esperienza tornarono all’interno della casa per perlustrarla e cercare qualunque cosa potesse servire alla Fortezza.

Caricarono tutto sul pick up e ripartirono.

Si erano rivolti poche parole, il silenzio, adesso non più rilassato, era cupo nel turbine di pensieri dei due passeggeri.

Le miglia correvano.

“25.” mormorò Mac

“25 in meno.” rispose Daryl.

Le loro parole spezzarono la prigione in cui le loro menti erano incatenate, si erano scrollati di dosso il peso di quello che avevano fatto.

Per molti l’apocalisse sembrava un brutto incubo da cui non riuscivano a risvegliarsi, tanti si aggrappavano al prima.

Loro si aggrappavano invece al dopo e sopravvivevano per quella meta. Prima o poi i morti sarebbero finiti e non avrebbero più dovuto lottare. Era quella speranza che li faceva andare avanti, passo dopo passo. Ucciderli tutti finché non ne fosse rimasto nemmeno uno. Sapevano entrambi che ci sarebbe voluto più della loro vita, ma questo non era un problema per nessuno dei due. Avevano smesso di pensare a un loro futuro quando tutto era cominciato, ora bastava sopravvivere per portare a termine la missione.

“Prossima mossa?” chiese Daryl

“Un paio di cottage che voglio controllare.” rispose Mac indicando le colline di fronte a loro.

“Non sapevo conoscessi questi luoghi.”

“Un po’. Nascoste nei boschi su quelle colline ci sono case per le vacanze, cose così. Se siamo fortunati i proprietari non ci sono mai arrivati.” rispose Mac.

Daryl assentì, sentiva che Mac non gli stava dicendo tutto, ma si fidava quindi lasciò correre. Si accomodò meglio sul sedile e chiuse gli occhi “Avvertimi quando siamo arrivati.”

L’uomo si svegliò sentendo la portiera sbattere. Aprì gli occhi, all’erta, stupendosi della facilità con cui era crollato in un sonno profondo.

Si guardò in giro. Mac aveva parcheggiato il pick up sullo spazio antistante a un cottage che a prima vista sembrava disabitato da ben prima dell’apocalisse. La vegetazione del sottobosco aveva invaso i lati della casa creando un’ottima cortina per occhi indiscreti.

Vedeva la ragazza di fronte al pick up, intenta a osservare la costruzione, un tipico cottage di montagna di tronchi e sassi.

Scese anche lui e le si avvicinò.

“A quanto sembra potremmo essere fortunati.” disse.

Mac non rispose, persa nei suoi pensieri.

“Faccio un giro attorno al perimetro per vedere se ci sono altri ingressi o problemi.” continuò Daryl.

“Io sento se c’è qualcuno dentro e vedo di aprire la porta.”

Daryl assentì e si separarono. L’uomo si accorse che la zona sembrava pulita, come se lassù l’apocalisse non fosse mai arrivata. Non c’erano tracce evidenti di passaggi di morti o umani e la cosa per un istante lo stupì. Fuori dalle rotte classiche, la casa era rimasta intatta, cosa che non capitava spesso.

Tornò dal giro e vide Mac inginocchiata di fronte alla porta. La giovane donna si alzò spolverandosi i pantaloni.

“Nessun rumore sospetto dentro. La serratura non è stata mai forzata. Finora!” rispose Mac mentre girava la maniglia.

Daryl, armato di balestra, si spostò per poter avere una prima visuale dell’interno. L’unica cosa che trovarono erano delle stanze cristallizzate nel tempo.

#GuestStory_Una vacanza dall'apocalisse di Avenal Alec

Immagine via DeviantArt

CAPITOLO 2

Dopo una veloce ricognizione Daryl si era reso conto che l’abitazione era vuota da molto tempo e che sembrava costruita per situazioni di emergenza come quell’apocalisse, ogni comodità a portata di mano. Persino una vasca da bagno che aveva letteralmente mandato in visibilio Mac.

Daryl non l’aveva mai vista così rilassata e allegra. La giovane aveva deciso sin da subito che prima di ripartire si sarebbe fatta un bagno.

Per l’ennesima volta l’uomo si rese conto che l’universo femminile era più oscuro del mondo in cui vivevano. Là fuori le regole erano semplici: sopravvivere e uccidere più morti possibile, le donne di regole ne avevano ben altre invece.  Mac fischiettava felice ogni volta che controllava quanto fosse calda l’acqua che aveva messo a scaldare sul grande focolare in pietra.

“Ancora questi due carichi e dopo sarà tutto perfetto.” rivolgendosi più a se stessa che a lui.

Non l’aveva mai vista contenta.

Felice e senza pensieri, ecco cosa vedeva: una felicità viva, serena e rilassata che lui non aveva mai provato, nemmeno prima dell’apocalisse.

Ora aveva cominciato a rovistare nello zaino.

“Eccola qua!” disse Mac dopo un po’. Gli mostrò una piccola scatola in latta rosa e viola.  L’aprì con cura, come se all’interno ci fosse un gran tesoro.

Daryl, curioso per tutte quelle manovre, si avvicinò suo malgrado e rimase deluso dal contenuto.

Erano due semplici flaconi di sapone e shampoo, niente che non avessero già anche alla Fortezza. Certo la scatola come i flaconi avevano un’aria costosa, ma saccheggiando per sopravvivere erano abituati a qualunque tipo di prodotto.

Eppure Mac sembrava incantata da quei flaconi.

“Sai,” mormorò Mac accarezzando i flaconi “questo set me lo regalarono il giorno del mio compleanno le bambine dell’associazione.”

Mac parlava raramente del suo passato, come tutti del resto, non volevano mai ricordare quello che erano stati. Era troppo doloroso.

“Avevo promesso loro che li avrei usati per un’occasione speciale, non è mai successo fino ad oggi!” concluse con la voce velata di malinconia.

Alzò gli occhi e gli sorrise.

“Tu, mio caro, avrai la fortuna di poterli usare assieme a me!”

Daryl la guardò sconcertato. Chi era quella ragazza bruna che si era impossessata della buona vecchia Mac?

Stava sorridendo troppo, il viso illuminato di gioia. Per un istante scorse l’immagine di una ragazza diversa, quando ancora probabilmente tutti la chiamavano Sarah o signorina MacKenzie. Una dolce ragazza dal viso angelico, profondi occhi scuri, sempre pronta al sorriso, a una parola dolce. In quel momento non esisteva più Mac, la dura guerriera, dall’espressione seria e concentrata, pronta a uccidere vivi o morti per salvare la sua pelle e quella del gruppo.

“Non dirmi che l’idea di un bel bagno caldo e rilassante non t’ ispira proprio”.

Daryl istintivamente fece un passo indietro, c’era qualcosa di diverso nella sua voce.

“Eravamo venuti per cercare provviste, non per fare un bagno.” rispose mostrando la balestra.

“Se ricordo bene,” disse Mac minacciosa “tu ti sei autoinvitato” gli si avvicinò, doveva alzare il viso per poterlo guardare negli occhi, ma questo non le impediva di avere comunque un’aria intimidatoria. “Perché tu lo sappia, sin dall’inizio io volevo venire qua e farmi un bagno, dimenticare per un giorno l’inferno che è diventata la terra e, per quanto surreale possa essere, non ho alcuna intenzione di farmi rovinare l’atmosfera da uno che passerà le prossime ore ad affilare armi o inventariare rifornimenti. Questa è casa mia e le regole le decido io!”

Mac era furiosa con Daryl!

Era sempre così: chiuso, sempre pronto a fare qualcosa per il gruppo. Sempre in movimento. Per lui la salvezza degli altri sopravvissuti era la priorità. Lo ammirava per la sua determinazione, la sua capacità di non voltarsi mai indietro. Per lei era diverso, voleva trovare una bolla di normalità in un mondo ormai folle. Era andata in quel cottage con l’intenzione di lasciare solo per alcune ore l’apocalisse fuori e Daryl, in tenuta di guerra e guardingo, non l’avrebbe di certo aiutata.

Lo scrutò attenta, leggeva nel suo sguardo lo sconcerto, ma c’era anche stanchezza, quella che lei stessa provava.

“Senti,” cercando di essere persuasiva “quante volte ti ho salvato la vita in questi mesi?” Non aspettò la sua risposta, sapevano entrambi che era successo parecchie volete. “Quante volte i miei piani hanno avuto successo?” anche questa era una domanda retorica. “Ti fidi di me?”, altra domanda retorica, sapeva che Daryl si fidava e la rispettava, ma voleva sentire da lui quelle parole.

Daryl la scrutava disorientato, odiava quando la gente gli tirava fuori a forza parole come se lui serbasse chissà quale conoscenza. Perché non lo lasciavano in pace.

“Cosa vuoi da me?”

“Che dici che ti fidi di me!” Ribattè Mac.

Daryl, indurì per un istante la mascella, “Ok, mi fido di te.”

Un sorriso soddisfatto si aprì sul viso della ragazza.

“Ottimo, vado a controllare una cosa e poi ti chiamo!”

Arrivata però alla porta che dava alle camere e al bagno si girò. “Perché non vuoi fare un bagno?”

L’uomo alzò gli occhi al cielo, non rispose e uscì all’esterno.

Rientrato una decina di minuti dopo trovò Mac ad attenderlo.

“Ok adesso tu vieni con me, ti spogli e ti godi un bel bagno!”

“Non eri tu che volevi immergerti in una vasca?”

Mac gli sorrise “Secondo me, ne hai più bisogno tu!” e cominciò ad elencare una serie infinita di effetti benefici, ma Daryl non la stava nemmeno ad ascoltare, mentre veniva dirottato verso il bagno.

La stanza era illuminata dalla luce soffusa delle candele. Razionalmente l’uomo sapeva che in mancanza di luce elettrica le candele avevano un loro scopo specifico, ma davano all’ambiente un’atmosfera troppo intima. Il profumo di sandalo, il vapore dell’acqua calda che saliva in volute dalla piccola vasca in ghisa, la soffice schiuma bianca che si intravedeva oltre il bordo erano cose al quale non era abituato e lo mettevano a disagio.

“Ammettilo, non è meglio di una Spa?” chiese Mac dietro di lui.

Daryl non rispose, avrebbe voluto indietreggiare e allontanarsi da quella situazione con cui aveva così poca confidenza.

Mac però bloccava l’uscita.

Sentì la mano della donna poggiarsi sulla sua schiena, il suo corpo farsi più vicino. Sì irrigidì.

Un sussurro sfiorò il suo orecchio “Tranquillo ragazzone, è solo un bagno, non ho intenzione di sedurti o altro.” poi lo spinse dentro la stanza.

“Adesso ti spogli e ti immergi in quella fantastica vasca. Niente scherzi, torno fra cinque minuti a prenderti i vestiti, così li lavo o li brucio”

Daryl sentì la porta chiudersi.

Fece uscire il respiro che aveva trattenuto, si sentiva un perfetto idiota. Fece alcuni passi all’interno della stanza, era piccola, raccolta eppure non mancava nulla. Addossata alla parete di pietra alla sua sinistra la vasca in ghisa occupava l’intera parete lasciando solo lo spazio per uno sgabello, alla sua destra, invece del classico lavabo, un catino incastonato in un mobile in ferro battuto. Tutto sembrava arrivare direttamente da un altro secolo e, forse, era proprio così; solo i sanitari erano moderni.

Volse lo sguardo verso lo specchio appannato. Alzò la mano e lo pulì. L’immagine riflessa era la stessa che vedeva da sempre. Era il solito, vecchio DarylDixon. Osservò la linea della mascella indurita dalla tensione, la barba di qualche giorno, la linea rigida delle labbra, le rughe d’espressione di un uomo che non aveva mai avuto una vita semplice. Il vuoto negli occhi. Erano lo specchio di ciò che era sempre stato, diverso da quello che credeva la stessa Mac.

La voragine del senso di colpa lo assalì.

Perché Mac lo aveva portato in quella stanza? pensò infastidito, perché non era la solita distante Mac con il suo bagaglio di diffidenza e sofferenze, che si era rivelata un’ottima compagna e niente di più?… La ragazza nell’altra stanza sembrava il fantasma di ciò che era stata una volta e questo gli ricordava una vita che non aveva mai vissuto.

La sua mano era ancora poggiata sullo specchio quando sentì bussare alla porta.

“Posso entrare?”

“No!” rispose Daryl spostandosi di scatto dallo specchio. “Torna fra un paio di minuti e avrai i tuoi maledetti vestiti”.

“Ok, ok, non serve arrabbiarsi.” rispose la ragazza dall’altra parte della porta.

L’uomo si guardò attorno ancora un istante prima di capire che l’unico modo per uscirne era farsi quel maledetto bagno.

Si svestì velocemente poggiando i capi sullo sgabello poi s’immerse lentamente, molto lentamente. L’acqua era così calda che scottava sulla pelle e il suo corpo ci mise diversi istanti ad abituarsi.

Quando fu quasi completamente immerso in quel mix di schiuma e acqua poté finalmente poggiare il capo contro il lato corto della vasca e crogiolarsi in quel piacevole tepore che gli solleticava la pelle, scaldava il corpo e scacciava il freddo che sembrava non volerlo abbandonare mai. Mac si sarebbe messa a ridere o sarebbe inorridita se avesse saputo che non aveva mai fatto un bagno prima di quel momento. Il capanno da caccia dove viveva aveva solo una doccia striminzita e non sempre c’era l’acqua calda. Quel bagno era qualcosa che non aveva mai provato e, man mano che si rilassava, la sensazione di benessere su tutto il corpo si acuiva.

Tale era la sensazione che quasi non sentì il sommesso bussare.

“Puoi entrare!” Disse Daryl ad alta voce senza però aprire gli occhi.

Percepì la porta aprirsi, ma preferì continuare a tenere gli occhi chiusi, non voleva incontrare quelli di Mac e rischiare di farsi assalire nuovamente dal disagio o forse dalla realtà.

Pochi movimenti affievoliti nella stanza poi di nuovo silenzio.

Da quel momento Daryl si lascio cullare dal tepore, sgombrando la mente da ogni pensiero.

Non seppe quanto tempo passò prima che un altro sommesso bussare alla porta disturbasse il suo relax.

“Avanti.”

Pochi istanti e poi sentì la voce della ragazza accanto.

“Direi proprio che te la stai godendo.”

Daryl aprì gli occhi di scatto, accovacciata sul bordo del lato lungo della vasca, Mac lo stava osservando.

L’uomo avrebbe dovuto sentirsi a disagio dalla presenza della ragazza, ma quel bagno lo aveva talmente ammorbidito che riuscì solo ad annuire di rimando.

“Vedi che ho sempre ragione io.” disse la giovane.

“Se ti dico che hai sempre ragione tu, te ne vai e mi lasci in pace?”

“No, almeno non per ora.” sogghignò Mac. “Devi togliere il tappo dello scarico, così posso aggiungerti altra acqua calda.”

“Mmm” Daryl non aveva la forza e la voglia di rispondere, ben che meno spostarsi o muovere un dito “l’acqua è perfetta così” tentò.

Ma la ragazza aveva ben altre intenzioni, allungò la mano e la immerse poco distante dalla coscia.

Daryl scattò di lato “Cosa stai facendo?”

“Tolgo il tappo, scemo.” alzando la mano e mostrando il tappo nero fra le mani.

Lo guardò poi scuotendo la testa “Certo che tu con le donne hai grossi problemi, non c’è che dire.”

Daryl la scrutò, la mascella indurita, senza sapere cosa rispondere.

“Tieni, rimetti il tappo fra qualche minuto.” Disse la ragazza lasciandolo cadere nell’acqua prima di uscire.

Daryl aspettò un po’ e quando sembrò che il livello dell’acqua fosse abbastanza basso cercò il tappo e lo rimise. Aveva tutta l’intenzione di farsi nuovamente incatenare dalla piacevole sensazione provata in precedenza.

Sentì la giovane rientrare nella stanza e senza nemmeno aprire gli occhi le disse “Ho messo il tappo! Contenta?”

“Perfetto, adesso ti aggiungo altra acqua, ma prima… un po’ di sapone per fare altra schiuma”

“C’è già abbastanza schiuma.”

“Non direi!” ribattè Mac in piedi accanto la vasca.

Daryl socchiuse un occhio accorgendosi in quell’istante che gran parte della schiuma che aveva riempito la vasca era scomparsa, mostrando molto di più di quanto avesse mai mostrato in un anno di convivenza forzata.

Cercando di darsi un contegno replicò “Vada per altra schiuma allora.”

“Ok capo, finalmente stai capendo come funziona la cosa”. Mac cominciò a far cadere il liquido dal flacone. Le gocce fredde cadevano dentro l’acqua e scivolavano in fondo, sul corpo disteso di Daryl, che si mosse di scatto al contatto con il liquido freddo, “Ehi che fai?”

“Metto il sapone!” rispose imperturbabile la ragazza continuando la sua manovra.

Un mezzo sorriso nascosto faceva capolino fra le sue labbra.

“Direi che adesso è anche troppo.” Disse l’uomo ormai seduto, tentando di darsi un contegno e mascherando il disagio che provava.

“Vuoi che faccia io la schiuma o lo fai tu, devi solo muovere l’acqua così.” Agitandogli la mano davanti agli occhi mentre il suo sorriso si apriva sempre di più.

“Vai fuori!”

“Ok, ok, non serve arrabbiarsi” rispose Mac mostrandogli la lingua.

“Che stronza.” borbottò Daryl sorridendo.

“Grazie lo so, però stai sorridendo!” Ridendo ora di gusto mentre usciva. “Adesso arriva l’acqua”.

Effettivamente era tanto che non sorrideva in quel modo, pensò Daryl.

Attraverso un tubo dal muro cominciò a scendere dell’acqua bollente che quasi lo ustionò, ma il bagno aveva di nuovo la temperatura perfetta, così l’uomo si appoggiò nuovamente al bordo vasca e chiuse gli occhi.

Probabilmente cadde in dormiveglia perché non sentì Mac entrare e si accorse dopo diverso tempo della sua presenza nella stanza. Quel bagno lo stava rincretinendo.

Aprì gli occhi “Devo uscire immagino.” chiese quasi controvoglia Daryl.

“Neanche per sogno!” ribattè Mac, poi osservò l’acqua“Potevi dirmi che non ti interessava la schiuma, avrei fatto a meno di sprecare il mio bagno schiuma per te!”

Daryl si era completamente dimenticato, perso nelle piacevoli sensazioni del bagno di creare nuova schiuma e in quel momento non ce n’era nemmeno l’ombra.

Stava per ribattere, ma Mac era già passata oltre “Siediti ora, si passa alla fase due.” E, come per magia, fra le sue mani apparve un bicchiere di liquido ambrato.

“Tieni, whisky d’annata.” porgendogli il bicchiere.

Daryl lo prese entusiasta, erano mesi che non avevano la possibilità di bere un goccio di alcool e un whisky in quel momento era il perfetto coronamento delle ultime ore. “Grazie.” replicò prima di assaggiare il liquore con un mugolio di approvazione.

“Adesso è ora di lavarci.” disse Mac accostando lo sgabello al lato corto della vasca.

“So lavarmi da solo, grazie.” replicò Daryl continuando a sorseggiare quel nettare degli dei e girandosi a malapena verso la ragazza che si era seduta sullo sgabello accanto alla vasca.

“Certo, ti sai lavare da solo, ma non come ho intenzione di fare io.” Mac lo stava prendendo in giro, era evidente.

“Daryl, so che sei in grado di lavarti da solo, so che questa situazione non ti mette a tuo agio, ma ti chiedo di lasciarmi fare.” Il suono della voce di Mac sembrava così incerto che Daryl non poté fare a meno di girarsi per poterla osservare e capire cosa volesse dirgli, la vide umettarsi le labbra, lo sguardo perso nel vuoto.

“Sento che mi sto perdendo, sto perdendo la mia umanità. Amo ciò che sono diventata, ma voglio solo per pochi istanti, poche ore dimenticare il mondo che c’è là fuori” concluse, volgendo lo sguardo verso la finestra sprangata. “Lasciami pensare che per poco possiamo essere degli irresponsabili. Divertirci senza dover guardarci le spalle. Lasciami immaginare che il mondo là fuori sia uguale a quello che abbiamo perso.”

Daryl osservò Mac, la sua espressione quasi disperata. Capiva cosa volesse dire, lei cercava il ricordo di un mondo che non esisteva più. Si rese conto di non poterle toglierle quel ricordo, ma, soprattutto, comprese che se lei non si fosse aggrappata a qualcosa di così innocuo, prima o poi si sarebbe spezzata. Era capitato a tanti, avevano perso la speranza, ma soprattutto avevano perso quella scintilla per cui lottare. Se per Mac era un bagno in un cottage sperduto in una zona boschiva allora così sarebbe stato. Non c’era nulla di pericoloso in quella casa, ogni cosa era sotto controllo, allora perché non lasciarla fare? Aveva capito che coinvolgere lui, concentrarsi su di lui, era un modo come un altro per pensare a cose futili in una realtà in cui normalmente dovevano essere sempre all’erta e concentrati su cose ben più serie.

L’uomo prese la sua decisione “Ok… decidi tu cosa fare, io non ti seccherò più.”

Fu gratificato da un enorme bellissimo sorriso che colpì Daryl più di quanto avesse mai immaginato. Si crogiolò in quel sorriso sincero come se le avesse fatto il più grande dono del mondo. Mai prima di allora una donna gli aveva donato quel sorriso. “Fai quel che devi…su!!” girandosi.

“Ottimo”, disse Mac. “Adesso mettiti seduto,  ti godi il tuo Whisky e ti rilassi.”

Fece come gli era stato comandato, si spostò cercando di non prestare attenzione alla sua nudità che si intravedeva sotto il riflesso dell’acqua. La stanza era calda, il muro in pietra condiviso con il focolare era bollente e riscaldava l’ambiente, creando un piacevole tepore.

Sentiva la donna rimestare dietro di lui poi le sue mani calde appoggiarsi sulle spalle, un tocco leggero ma sicuro. Un movimento lento e circolare dei pollici sulla clavicola, vicino al collo lo fecero fremere di piacere. Si lasciò andare chiudendo gli occhi, per nulla al mondo l’avrebbe fermata. Mosse il capo in avanti per permetterle un movimento e un tocco più profondo. Mac cominciò a muovere i pollici anche lungo il collo, all’inizio con un tocco leggero poi sempre con più forza man mano che la tensione accumulata sulle spalle e il collo non cedeva.

Le mani della giovane donna scendevano lentamente lungo tutta la colonna vertebrale, sempre movimenti lenti ma decisi, nodo dopo nodo le tensioni del suo corpo sembravano sciogliersi. Per ogni nodo che si scioglieva un pezzo del suo essere, del muro che faceva parte di lui crollava. Mattone dopo mattone si sentì spogliato, vulnerabile eppure protetto. Un blocco di commozione sembrava bloccargli la gola, un singulto a stento trattenuto mentre lentamente sentiva il mondo sparire e riempirsi della sua anima che pulsava. Cominciò a trattenere il respiro per controllare le sensazioni che stavano esplodendo dentro di lui. Non era gioia, non era dolore, non era piacere era un mix di tutte queste emozionie di qualcosa d’altro a cui non sapeva dare un nome, ma che lo stava portando al margine di una voragine senza fondo. Si sentì crollare come se ogni fibra del suo essere si stesse frantumando in mille pezzi. Cadde in quel buco nero che sbocciò in mille emozioni fuori controllo, stava completamento perdendo il senso di tutto, stava entrando nel panico, annaspando in cerca d’aria quando sentì due braccia che lo stavano cullando. Raccolte attorno al suo collo, erano un’ancora a cui si aggrappò, la sua protezione per la vulnerabilità che lo stava assalendo. Sentì le labbra di Mac poggiarsi sul suo capo, la cosa che lo stava schiacciando si spezzò e Daryl si liberò dal giogo di una vita priva di emozioni.

Il mondo cominciò lentamente a girare, cominciò a sentire le braccia di Mac, la sua guancia sul suo capo. Percepì le sue stesse braccia avvinghiate a quelle della ragazza. Il loro respiro ritmico era l’unico suono che si sentiva.

Mac, per un attimo si strinse ancora di più a lui e Daryl non poté fare altro che rispondere allo stesso modo.

Il mondo per un attimo si era capovolto e ora lui si sentiva svuotato ma, stranamente, era una sensazione piacevole.

Lentamente sentì Mac sciogliere l’abbraccio, Daryl la lasciò andare. La sentì alzarsi, rimase immobile insicuro di ogni gesto.

I suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Mac.

“Vado a prenderti un secchio di acqua calda così potrai sciacquarti quando avrai finito.”

Daryl non disse niente, annuì solamente, non aveva il coraggio di guardarla negli occhi.

Sentì la porta chiudersi e si lasciò andare contro il lato della vasca cercando di capire cosa fosse successo. Mac lo aveva stregato in qualche modo e aveva sciolto per un istante il peso che si portava sulle spalle. Non avrebbe mai immaginato che un massaggio potesse fare quell’effetto. Stranamente la sensazione di vuoto che aveva provato sino a un momento prima si stava dissipando, caricandolo di nuova forza.

Sapeva che di tutto questo doveva ringraziare solo e unicamente Mac. Doveva ringraziarla per quello che aveva fatto per lui.

La porta si aprì nuovamente e la ragazza entrò. Non riusciva ancora a guardarla in viso, la sentì spostare lo sgabello sul lato lungo della vasca e la vide appoggiare il secchio fumante.

“Grazie.” riuscì a mormorare imbarazzato alzando gli occhi verso di lei.

Il sorriso di comprensione nei suoi occhi lo liberò di un peso che non aveva percepito fino a quel momento.

“Di niente, è questo che si fa fra amici.” Replicò lei “Fammi un fischio quando hai svuotato la vasca, così posso riempirla di nuovo per il mio agognato bagno.” Concluse facendogli l’occhiolino.

Daryl annuì.

Prima di uscire Mac si volse un’ultima volta “Nel catino puoi versare l’acqua calda se vuoi farti la barba, prenditi tutto il tempo che vuoi appena hai svuotato la vasca, mi ci vorrà una po’ per riempirla di nuovo.” Detto ciò uscì, chiudendosi la porta alle spalle.

Daryl si prese un attimo ancora, avrebbe voluto decifrare ciò che era successo, ma non sapeva cosa pensare. Mac gli aveva dato qualcosa di nuovo, qualcosa di bello da ricordare, ma soprattutto, in quel momento, gli aveva dato l’intimità di cui aveva bisogno, come solo un amico avrebbe saputo fare. Aveva detto che non l’avrebbe sedotto, ed era vero. Sorrise a quel pensiero.

Un sorriso che gli rimase impresso per tutto il tempo che impegnò a lavarsi e a sbarbarsi. Quando si sentì pronto, più pulito di quanto avesse mai ricordato, tornò nella sala che fungeva da salotto e cucina.

Appena aprì la porta fu investito da un profumo inebriante di pane fatto in casa e stufato.

“Che cavolo!”

Non sentiva quegli odori da una vita.

Rimase impalato sulla soglia, di fronte a lui una parte della tavola in legno massiccio era imbandita con piatti di ceramica, posate e bicchieri. Un lusso che non aveva mai visto.

“Ben arrivato, era ora!”

Si volse di scatto a destra, accanto al focolare Mac gli stava sorridendo, fra le mani un canovaccio.

Non sapeva cosa rispondere, troppo sbalordito da quello che lo circondava. Il tepore, la tavola imbandita, la luce delle candele davano alla stanza un’atmosfera raccolta e familiare, come se ogni cosa nel mondo fosse in ordine, e non il casino che invece era.

“Ti ho preparato uno spuntino,” disse Mac avvicinandosi “Sono riuscita a preparare del pane, non è lievitato molto, ma è buono lo stesso. C’è anche dello stufato in scatola, grazie a un po’ di aromi è diventato mangiabile e, top dei top, c’è anche della marmellata di fragole.”Concluse Mac, facendogli cenno di accomodarsi.

“Adesso tocca a me un bel bagno, ho già mangiato, scusa se non ti ho aspettato, ti sei fatto un bagno bello lungo e non sono riuscita a resistere”.

Daryl era frastornato dalla situazione, riuscì solo ad annuire e a balbettare qualche parola di ringraziamento prima di accomodarsi. Nessuno lo aveva mai trattato così bene e lei si sentiva in colpa perché non lo aveva aspettato? Lo conosceva così poco. Non poteva sapere che erano anni ormai che nessuno preparava un pranzo per lui. Nessuno nella sua vita si era mai preso veramente cura di lui. Stava per dirglielo, ma si trattenne imbarazzato. L’attimo passò e Mac ormai si era già avviata verso la porta che dava sulle stanze da letto e il bagno. Si trattenne un istante. “Fra una mezz’ora circa, puoi svuotare gli altri due secchi che ho messo a scaldare nel tubo, così potrò godermi un bagno più lungo? Basta che li svuoti nella canaletta in fondo al focolare, il tubo porterà l’acqua direttamente nella vasca, grazie.” Si allontanò lasciandolo solo.

Daryl si godette ogni singolo istante di quella cena paradisiaca, la migliore che avesse mangiato in vita sua.

Si alzò solo quando si sentì sazio poi, decise di controllare come stesse Mac. Bussò piano “Vuoi altra acqua?”

“Grazie, magari.” La voce era solo un lieve sussurro, la sentì appena e sorrise. Era felice che Mac si stesse godendo il suo bagno, aveva lavorato così tanto per lui che se lo meritava.

Svuotò i due recipienti ricolmi d’acqua fumante come gli aveva detto, poi li riempì nuovamente con altra acqua presa dalla pompa a pressione incastonata al lato del focolare in pietra. Davvero ingegnoso pensò Daryl mentre osservava la pompa. Chi aveva costruito quel cottage voleva creare una vera roccaforte autonoma anche in assenza di energia elettrica, caldaie o generatori.

Mac aveva detto che quella era casa sua, all’inizio aveva pensato fosse un modo di dire, ma ora si rese conto che lei sapeva esattamente dove andare e cosa avrebbe trovato.

Si guardò intorno incuriosito, osservando con uno sguardo più attento la stanza, le scaffalature con i libri in fondo vicino all’ingresso, il divano dalla struttura in legno e la tela scozzese, il tavolo in legno massiccio e l’enorme focolare con le diversi strutture in ferro che serviva per cuocere i pasti. Per la prima volta si chiese con un genuino interesse chi fosse stata Mac prima dell’apocalisse.

#GuestStory_Una vacanza dall'apocalisse di Avenal Alec

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Quando si accorse che l’acqua era nuovamente calda tornò da Mac in bagno. Parlò oltre la porta.

“Mac, vuoi altra acqua calda oppure preferisci che ti porti dentro dei secchi per sciacquarti?”

Per alcuni istanti non ci fu risposta e i sensi di Daryl si misero in allerta.

“Mac, ci sei?”

Sentì uno sciabordio d’acqua poi la voce di Mac “Porta pure i secchi grazie.”

Percepì nella sua voce una sorta di rammarico. Si crucciò per questo, lei aveva fatto così tanto per lui e sentiva il desiderio di ricambiare il favore, ma non sapeva come, non era a suo agio in quelle cose.

Prese un respiro e decise intanto di agire, svuotò parte dell’acqua in un secchio di latta molto capiente e lo portò in bagno. Bussò e attese fino a quando Mac non gli diede il permesso di entrare.

Intuì subito la presenza della donna nella vasca. A differenza di lui però non si era fatta sorprendere, era seduta in fondo alla vasca, le ginocchia raccolte verso il costato, il viso e il corpo arrossato rivolti verso di lui. Mostrando meno pelle possibile. Sembrava così giovane, i capelli ancora asciutti raccolti in una crocchia facevano risaltare i lineamenti delicati e i grandi occhi scuri. Per la prima volta la vide per ciò che era: una giovane donna poco più che ventenne a cui la pandemia aveva tolto tutto, compreso il futuro. Sentì una stretta al petto, per lui l’Apocalisse invece era diventata la possibilità di fare qualcosa di diverso della sua vita. Ciò che aveva distrutto le speranze di un’intera umanità ne aveva date a lui. Ricacciò indietro quel pensiero sgradevole, ma non riuscì più a guardare la ragazza negli occhi.

Gli si avvicinò per lasciarle il secchio a portata di mano, lo sguardo puntato a terra

“Hai bisogno di altro?”

“No, grazie”.

La risposta di Mac sembrava una perfetta via di fuga, ma si sentì un codardo. La ragazza aveva fatto così tanto per lui e di getto le chiese “Sicuro che non hai bisogno di altro, sei stata gentile con me, vorrei ricambiare!”

Mac inaspettatamente scoppiò a ridere “Ti stai proponendo per un massaggio?”

Daryl alzò gli occhi verso la giovane. “Beh sai…” replicò l’uomo mentre con la mano si massaggiava la testa. “La cosa è stata abbastanza strana e non del tutto spiacevole e, beh, pensavo che forse avrei potuto fare altrettanto per te.” concluse, senza riuscire però a guardarla negli occhi.

Mac percepiva tutto l’impaccio dell’uomo, lei stessa si sentiva allo stesso modo. Per gran parte del tempo si era divertita a viziare Daryl e allo stesso tempo metterlo un po’ disagio. Era sempre così controllato e composto! Il massaggio però aveva mostrato quanta tensione e fragilità tenesse sotto controllo. L’aveva completamente presa in contropiede, minando molte delle sue sicurezze. Per un attimo pensò di rifiutare la sua offerta, prendere le distanze sembrava la cosa opportuna da fare, ma si rese subito conto che quel rifiuto sarebbe stato ben peggiore per lui.

“Un massaggio mi farebbe piacere, con i crampi ci sai fare e un massaggio alla schiena potrebbe di certo essere gradevole.”

Daryl le puntò addosso i suoi occhi verdi e sorrise. Rimase però ancora incerto sul da farsi e nuovamente Mac prese il comando “Chiudi gli occhi così posso spostarmi verso l’altro lato della vasca”

“Come se non avessi mai visto una donna nuda!” ribatté quasi infastidito Daryl.

Mac replicò decisa “Se fai il bravo potrei pensare anche di lasciarti vedere qualcosa, ora chiudi gli occhi.”

Daryl non poté fare a meno di ridere, quella era la Mac che ricordava, sempre con la battuta fulminante. Poi si girò mentre la ragazza cambiava posizione.

“Ora puoi girarti.”

Sempre sorridendo Daryl si girò, ma rimase impietrito e il sorriso gli morì sulle labbra. La schiena di Mac era deturpata da numerose cicatrici frastagliate e mal rimarginate, che non aveva mai visto. L’intimità forza durante il lungo viaggio aveva creato una sorta di pudore in tutto il gruppo, scoprire cos’era celato sotto la canottiera della giovane lo turbò. Cosa le era successo per ridursi in quel modo. Stava per chiederlo quando tacque, non era un argomento che voleva toccare in quel momento.

Avvicinò lo sgabello al bordo corto della vasca, immerse un attimo le mani nel secchio per scaldarle poi con una certa cautela le poggiò sulle spalle di Mac muovendo le dita lentamente, nello stesso modo che usava quando doveva rilassare un muscolo affaticato. Il sospiro soddisfatto di Mac gli disse che stava facendo le cose nel modo giusto.

Rimasero in silenzio per alcuni minuti poi Mac mormorò “Scusa per prima, pensavo di farti solo un massaggio, non voleva essere così invasivo.” Concluse rammaricata.

Daryl si commosse per quella dichiarazione, sapeva quanto fosse difficile per gli altri capirlo. Parlò a Mac tentando di essere rassicurante “Mac, sto bene. Certo l’esperienza può esserti sfuggita di mano ma, ti assicuro, non mi sono mai sentito così bene.” concluse l’uomo.

Si accorse che, lentamente, la tensione dei muscoli delle spalle e del collo della ragazza si scioglievano. Avrebbe dovuto scendere sulla schiena, ma era preoccupato per quelle cicatrici, non potevano essere molto vecchie, di sicuro non precedenti all’apocalisse. L’acqua calda aveva reso la pelle mal rimarginata ancora più sensibile. Sapeva che il massaggio era finito, non poteva massaggiargli le spalle in eterno. Una parte di lui se ne dispiaceva, stava cominciando ad apprezzare quella serena intimità.

Osservò il collo flessuoso della ragazza, sorrise notando come esso fosse molto più bianco rispetto alle spalle. Mac aveva l’abitudine di tenere i capelli raccolti in un morbido chignon e il sole l’aveva abbronzata a macchie, il collo quasi latteo, le spalle dorate e il segno altrettanto chiaro delle spalline.

Si scoprì a desiderare di accarezzare quella massa di capelli castani, così simili a quelli di sua madre. Uno dei pochi ricordi che aveva di lei. Si ricordava come passasse ore di fronte allo specchio in camera sua a spazzolarsi i capelli. Spesso gli aveva detto che la bellezza era tutto quello che le rimaneva e non avrebbe permesso a Robert, il marito, di portargliela via eppure, alla fine era successo, lei era stata bella una volta di troppo.

“Posso pettinarti i capelli…” dando voce ai suoi pensieri poi cercò di ritrattare “No, scusa, dimentica!”

Mac si girò quanto bastava per guardarlo in viso “Veramente lo faresti?” nei suoi occhi leggeva sorpresa e desiderio.

“Se ti fa piacere, sono a disposizione.”

Daryl fu gratificato da un dolce sorriso, “Sarebbe bello! trovi un pettine nell’altra stanza, io intanto mi lavo i capelli, così sarà più semplice pettinarli.”

Daryl annuì e fece come gli era stato chiesto. Rientrò nella stanza da bagno solo quando non sentì più lo sciabordio dell’acqua.

I capelli bagnati di Mac erano ora sciolti e le arrivavano ben oltre le spalle. Daryl si accomodò sullo sgabello e con cura, sebbene un po’ maldestro, cominciò a districare i nodi delle ciocche.

“Scusa se te li tiro, non è una cosa che di solito faccio!” esclamò imbarazzato.

“Cosa? Tirare i capelli o pettinarli?” chiese scherzosa.

“Entrambi direi.” ribatté Daryl, ed entrambi risero divertiti.

La risata si spense lentamente, lasciando ad entrambi una piacevole sensazione di complicità.

“Da bambina mia madre prima, e mio padre poi, la sera mi pettinavano i capelli, era un rito e, ogni tanto, quando venivamo quassù, mi piaceva farmi pettinare i capelli da mio padre.” Disse Mac.

“Quindi questa è realmente casa tua?”

“Da ben quattro generazioni.” Rispose Mac orgogliosa. “Ovviamente non era così ai tempi del mio trisnonno, eccetto forse la struttura portante e l’enorme focolare in pietra.

“Mio padre riforniva di materiali plastici i laboratori farmaceutici governativi in tutti gli Stati Uniti.” Cominciò a quel punto a raccontare Mac. “All’inizio per lui era solo un lavoro, ma quando è morta mamma per un virus influenzale abbastanza virulento, diciamo che ha cominciato ad avere qualche fissa e, sebbene non fosse diventato uno schizzato paranoico, ha deciso che questa casa sarebbe potuta diventare il nostro rifugio di sicurezza in caso di pandemie. Ho passato talmente tanto tempo qua su ad aiutarlo che non hai neanche idea. A volte pensavo che mio padre fosse solo un po’ fuori di testa, specialmente quando da adolescente preferivo passare del tempo con i miei amici, ora gli devo la vita e una casa. È morto poco dopo che era scoppiata l’apocalisse, quando siamo rimasti bloccati ad Atlanta. Gli ho promesso che sarei venuta quassù e sarei stata al sicuro.” Concluse mesta Mac.

Ascoltando le sua storia Daryl capì finalmente quanto quel luogo fosse importante per lei. Per lei era casa. Si rese conto anche che le motivazioni che avevano spinto Mac ad unirsi al suo gruppo dopo il salvataggio potevano essere diverse da quello che aveva immaginato, non era solo una sopravvissuta in cerca di un gruppo con cui stare. Lei aveva un obiettivo diverso e loro stavano andando nella stessa direzione quando si erano incontrati la prima volta. Per un istante si sentì tradito. Ne avevano passate tante insieme e pensava che avessero costruito qualcosa in quei lunghi mesi, ma sapeva anche quanto una promessa potesse vincolare una persona. Si ricordò quanto all’inizio lei avesse insistito per andare da sola per fare il giro di perlustrazione in cerca di rifornimenti.

“Quindi non tornerai indietro con me alla Fortezza.” Si lasciò sfuggire Daryl, smettendo di pettinarla.

Mac si volse di scatto, gli occhi sbarrati per lo sconcerto. “Perché non dovrei? la fortezza è anche casa mia e voi siete la mia famiglia.” replicò perplessa e ferita dall’insinuazione.

Non immaginava che Daryl potesse avere dubbi su di lei. Certo aveva voluto scappare al rifugio, perché sentiva di doverlo fare, ma sapeva anche che quella casa non era il posto dove avrebbe potuto costruire qualcosa, era un luogo dove ci si poteva solo nascondere dal mondo.

Daryl doveva capirlo, per lei era fondamentale che lo capisse.

“Quando è morto mio padre ad Atlanta, ho viaggiato per settimane da sola sperando di riuscire a raggiungere questo rifugio.” Mac si fermò un attimo a riflettere poi girò anche il resto del corpo verso Daryl, per poterlo vedere meglio. L’uomo la scrutava diffidente.

La giovane donna non abbassò lo sguardo, ma intercettò i gli occhi di lui senza alcuna esitazione. “Sai cosa può fare la paura, la solitudine a una persona sola?” gli chiese, l’uomo annuì ma non disse nulla.

“Quelle settimane sono state un inferno, non mi riconoscevo più, non sapevo chi ero. Verso la fine ero ormai fuori di testa, parlavo con i fantasmi,  cantavo, ballavo e uccidevo gli erranti che mi venivano incontro. Li uccidevo ridendo, a volte cavavo loro gli occhi perché non tolleravo che i loro sguardi mi giudicassero. Ricordo poco ormai di quel periodo, solo immagini, passavo da momenti di lucidità a quelli di follia continuamente. Quando ci siamo incontrati sei stato fortunato perché era una delle poche  volte in cui ero totalmente in me. Non so quale angelo mi abbia protetto fino al nostro incontro.” Mac si interruppe un istante, per prendere un respiro, per cercare di dimenticare le immagini che l’avevano assalita. “Tu sei stato la mia salvezza, anche se ti ho salvato prima io.” Concluse tentando di sorridere. “C’è stato un momento in cui ho pensato di ripartire e continuare per la mia strada, ma è stato solo un pensiero momentaneo.

Quando ero ancora in via di guarigione e siamo stati attaccati, mi avete difeso, io vi ho aiutato, ci siamo salvati e mi sono resa conto che non avevo la forza e il desiderio di lasciarvi. Con il tempo abbiamo cominciato a conoscerci, a rispettarci, a versare le stesse lacrime per chi non ce l’aveva fatta. Ho continuato a pensare a questa casa, ma più come un desiderio, un luogo al quale puntare se fosse stato necessario, ma non la meta ultima. Ho capito che nel nostro gruppo non mi sarei più sentita sola, avrei potuto fare qualcosa di buono ed era più importante di ogni altra cosa. E tu, più di tutti, eri la fonte della mia sicurezza e della mia fiducia.”

“Non potrei mai lasciarti.” Concluse quasi implorante Mac.

Daryl si rese conto della verità nelle parole di Mac, la capiva e fino a quel momento non aveva mai avuto un dubbio su di lei. Sapeva che ognuno aveva la sua storia alle spalle quindi le sorrise rassicurandola. In un gesto istintivo alzò la mano per accarezzarle il viso, “Nemmeno io potrei mai lasciarti.” Concluse serio, lasciando che il calore della mano e del viso si mescolassero. L’istante rimase sospeso fra di loro, poi Daryl ruppe il contatto. Si alzò in piedi, vulnerabile e impacciato per quella vicinanza. Doveva riprendere le redini della situazione, non voleva che si lasciassero in quel modo sospeso, la cosa lo turbava. Si volse verso la giovane.

“Detto fra noi…” lasciò un attimo in sospeso la frase mentre Mac lo scrutava perplessa, in attesa che continuasse. “… grazie per la sbirciata, ora siamo pari.” E uscì mentre una sequela di insulti lo seguiva fino oltre la porta. Poche parole che avevano rimesso in ordine qualcosa che stava prendendo una strana piega.

Arrivato in sala Daryl si appoggiò allo stipite della porta, ridacchiando ancora per gli insulti coloriti che gli aveva lanciato Mac. Il suo sguardo si posò sulla stanza che ormai sembrava così familiare, e rimase turbato: quel luogo senza tempo li stava cambiando.

Aveva bisogno di aria.

Fuori c’era ancora il sole, non sarebbe stato troppo pericoloso. Si armò comunque con balestra e coltelli.

Uscì e respirò profondamente, il cottage era immerso in una zona con alberi ad alto fusto e arbusti sempreverdi. Un posto notevole, pensò l’uomo prima di perlustrare il perimetro. Sperava che dedicarsi a un attività simile lo avrebbe aiutato a snebbiare il suo cervello dal turbamento che sentiva.

Il suo pensiero inevitabilmente tornò alle ore appena trascorse.  Sorrise al pensiero del lungo bagno che si era concesso e al quel massaggio liberatorio. Ripensò al racconto di Mac e rabbrividì al pensiero di quello che aveva dovuto vivere in quelle lunghe settimane in solitaria. Ricordò quell’immediato senso di tradimento, ma soprattutto quelle parole finali che lui stesso aveva ripetuto. Erano parole forti, potenti. Erano le parole di un legame nascosto, che non era mai venuto a galla fino a quel momento. Erano parole che in quel mondo avevano un peso. Daryl cercò di schiarirsi la mente, ma la sensazione che provava in quel momento non voleva andarsene, sentiva che non si trattava solo di un legame.

Osservò il cielo, si stava lentamente tinteggiando dei colori del tramonto, un altro giorno in quell’inferno era passato, lasciato alle spalle. E, in quell’istante capì: aveva dovuto lasciare indietro molte persone durante quei mesi, altre probabilmente se ne sarebbero andate nei prossimi. Lo aveva accettato sin dall’inizio, faceva parte della nuova vita. Era stato difficile accettare molte perdite, ma l’aver vissuto gran parte della sua vita da solo e senza legami lo avevano forgiato e indurito. Ora, ogni fibra del suo essere gli diceva che non sarebbe stato in grado di sopportare la perdita di Mac. Al solo pensiero sentì una costrizione al petto. Fisica, potente.

L’attimo passò, ma la consapevolezza rimase e questo gli diede un senso di pienezza che non aveva mai provato prima.

Sorrise di se stesso, sorrise di ciò che stava provando, sorrise della vita che gli stava scorrendo nelle vene. Il cielo aveva quasi perso i colori del tramonto e le prime stelle apparvero nel cielo. Non gli erano mai sembrate così lucenti.

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CAPITOLO 3

Mac si sentiva piena di energie dopo il più bel bagno della sua vita. Era contenta di essere riuscita a salire al cottage e una parte di lei si chiese se c’era la possibilità di mantenere nascosto quel luogo, poi si rese conto che non lo avrebbe potuto fare. Avrebbero preso tutto ciò che serviva e lo avrebbero abbandonato. Gran parte delle cose che si trovano in quel luogo avrebbero avuto più importanza nella fortezza piuttosto che a prendere polvere lassù.

Sapeva ormai che la sua casa era la fortezza, accanto a Daryl e gli altri.

Al pensiero di Daryl sentì uno strano sfarfallio allo stomaco, avrebbe voluto scacciarlo, ma al contrario sentì il viso accalorarsi. Nei mesi trascorsi insieme prima di trovare un rifugio sicuro per il gruppo erano diventati una squadra di combattenti inossidabile. Grazie a lui era riuscita ad affinare tutto quello che suo padre le aveva insegnato sulla caccia e sulla sopravvivenza. Si erano sempre coperti le spalle e non si erano mai tirati indietro. Erano amici, avevano condiviso troppo per non esserlo, ma non si erano mai cercati ad un livello più intimo, come se fossero due pianeti orbitanti attorno allo stesso sole: la sopravvivenza. Quando avevano trovato un rifugio sicuro, gli impegni, l’organizzazione, la quotidianità che serviva al gruppo per riprendersi da tutto quello che era avvenuto avevano preso il sopravvento e la distanza fra loro era aumentata. Gli obblighi nei confronti degli altri li avevano spinti verso direzioni diverse. Ora quella distanza era stata spazzata via da un bagno che li aveva messi in contatto come nemmeno vedere il volto della morte era riuscita a fare. L’acqua di quel bagno aveva sciolto qualcosa che faceva parte di loro e di cui non erano consapevoli.

Mac riflettè un attimo su quel pensiero e capì che in quelle ore la vita aveva preso il sopravvento sulla necessità di sopravvivenza che intervallava le loro giornate.

Si sorprese a sorridere, con una leggerezza che non provava da quando tutto era cominciato.

Con quella certezza andò nella stanza accanto.

Vide subito Daryl intento a rovistare tra i medicinali e altri prodotti che avevano trovato nell’ultima fattoria che avevano ripulito. Osservò un istante il suo profilo e sebbene conoscesse a memoria ogni tratto, la profondità dei suoi occhi verdi, la cicatrice sul sopracciglio sinistro, era la prima volta che lo vedeva realmente. Vedeva le sue spalle e i suoi avambracci forgiati dall’uso della balestra notandone ogni dettaglio, ricordava perfettamente il suo corpo durante il bagno e per la prima volta vide Daryl come un uomo, non più come il suo salvatore o il suo compagno di battaglie.

In quel momento Daryl si accorse di lei, alzò gli occhi e le sorrise. Un sorriso aperto, sincero come se ne erano scambiati in bagno e Mac capì quanto erano cambiati entrambi. Non poté fare a meno di sorridere lei stessa, nella complicità di quello che avevano vissuto. Durò un istante ma quel gesto disse tutto di loro. Non ci fu un imbarazzo quando lei si avvicinò a lui, solo la consapevolezza della vita che scorreva nelle loro vene e una conoscenza dalle solide basi.

Mac guardò le medicine “Bel rifornimento, alla fortezza serviranno.” Disse, frugando fra le scatole.

“Sì, è stato un vero colpo di fortuna, ma pensavo di trovare qualcosa per la tua schiena.”

“La mia schiena è ok.” Replicò Mac senza guardarlo. Stava mentalmente inventariando le cose sul tavolo, soddisfatta per alcuni medicinali che avevano trovato. Era difficile ricordare un momento in cui qualche parte del suo corpo non aveva gridato vendetta.

“Ho visto la tua schiena e so quanto quelle cicatrici stiano tirando la tua pelle, niente eroismi, abbiamo una farmacia a disposizione.”

Mac effettivamente si rese conto che la schiena le dava parecchio fastidio.

“Ok, usa questa.” Lanciò un tubetto di crema a Daryl.

Lui la prese al volo e la rigirò tra le mani.

“È crema alla calendula, andrà bene anche per le tue mani.” Aggiunse Mac.

“Le mie mani sono a posto.” Ribatté Daryl guardandola.

“Come la mia schiena.” Rispose la ragazza prima di andare a sedersi sul divano.

Daryl si osservò un istante le mani, effettivamente erano mal messe, tra calli, tagli, screpolature erano molto rovinate, ma passando il tempo a fare lavori manuali era normale.

Si diresse sul divano dove Mac lo stava aspettando.

Si sedette accanto a lei, la crema in mano e un certo impaccio che gli scorreva nelle vene.

“Se ti giri e ti togli la canotta possiamo sistemare anche questa cosa.” Disse con un tono forse un po’ troppo brusco.

Mac lo osservò sorridendo. “Sicuro di volerlo fare tu?”

Daryl sentì uno strano formicolio scorrergli lungo il corpo, un desiderio fuggevole attraversargli la mente. “Se per te è così difficile da fare lo faccio volentieri io.” E le sorrise di rimando, scoppiando a ridere di gusto allo sguardo sbalordito della ragazza.

“Uno a zero per me, ora togliti la maglietta.” Riuscì poi a dire Daryl.

“Non avrei mai pensato di sentirtelo dire.” si riprese la ragazza mentre si voltava. Poi con attenzione si sfilò la canotta che trattenne fra le mani.

Daryl rimase sconcertato dalle ferite, avevano lunghezze diverse, sembravano vermi violacei appoggiati sulla schiena di Mac.

Le sfiorò un istante con le dita, un tocco leggero che fece increspare la pelle della ragazza. Cos’era successo per ridursi in quel modo?

Sapeva che avrebbe dovuto metterle la crema e chiuderla lì, ma le sue dita non potevano staccarsi da quella pelle frastagliata e raggrinzita, ne seguivano i contorni.

“Cosa ti hanno fatto?” Mormorò.

Mac rimaneva immobile, in silenzio.

Daryl pensò a tutte le sofferenze che aveva dovuto subire e sentì il desiderio di cullarla. Avvicinò le sue labbra alla schiena, la sentì tremare. Credeva di vedere la sua vulnerabilità in quel tremore e fece quello che non aveva mai osato e pensato di fare in tutto quel tempo. L’abbracciò e l’appoggiò a sé. Mac sospirò.

“Mi dispiace” le mormorò. Daryl sentì la giovane irrigidirsi fra la sue braccia, poi lei si liberò dall’abbraccio. Si girò quanto bastava per prendere le distanze. Lo scrutò un istante.

“E per cosa? Tutti abbiamo le nostre cicatrici di guerra, io sono fiera delle mie.”

Vide la confusione passare negli occhi dell’uomo.

Abbassò gli occhi impacciata. “Daryl, quelle cicatrici me le sono fatte lottando con dei morti che mi avevano attaccato e messo all’angolo contro un filo spinato. Nella lotta la giacca e la maglia che indossavo si sono lacerate e quello è il risultato.” Si fermò un istante “Io non sono vulnerabile, quelle cicatrici non nascondono alcun segreto. Io amo quelle cicatrici perché, per quanto brutte possano apparire, mi ricordano tutto quello che sono riuscita a fare da sola con le mie forze. Mi ricordano che non ho mai smesso di lottare nemmeno nei momenti più disperati.” Mac lo guardò con fierezza, quasi a sfidarlo a dire il contrario.

Fu quel momento che Daryl si rese conto di amarla.

Amava quella giovane indomita guerriera che non aveva mai ceduto, che aveva combattuto e con la quale aveva riso, che gli aveva mostrato per la prima volta nella sua vita che esistevano anche le cose belle come un piacevole bagno. Di slanciò di avvicinò a lei, le prese il viso fra le mani. I loro sguardi s’incontrarono un istante, poi la baciò. Un lieve contatto delle loro labbra.

Il bacio durò un battito di ciglia poi si allontanò da lei quel tanto che bastava per poterla guardare negli occhi, tenendo sempre il suo viso fra le mani.

La vide inghiottire, rimasta senza parole, presa in contropiede.

“E quello per cos’era?” chiese Mac in un soffio.

“Per dirti che sei una donna straordinaria, Sarah Mackenzie.” Rispose lui con un sorriso ancora più ampio.

Mac rimase in silenzio, lo stava scrutando. Non le diede nemmeno il tempo di ribattere.

“Su adesso girati.” Le disse, poggiando le mani sulle spalle e facendola girare. “Ti devo mettere la crema.”

Daryl si rese conto di essersi esposto, per la prima volta aveva imboccato una strada che non aveva mai esplorato e questo pensiero lo riempiva di elettrizzante attesa.

Nella sua mente contò gli istanti.

Il silenzio fra loro non si sarebbe prolungato ancora per molto, ma di certo lui non avrebbe fatto nulla per spezzarlo.

Sentì il momento in cui avrebbe detto qualcosa, sentì il respiro che prese prima di parlare.

“Anche tu sei un uomo straordinario DarylDixon.” Disse Mac senza girarsi.

Daryl si sentì riempire da quelle parole, ma la parte con cui aveva convissuto per più tempo non era d’accordo. Il senso di colpa lo sommerse nuovamente.

“Magari lo fossi.” mormorò Daryl.

Mac si irrigidì, stava per girarsi e come altri prima di lei gli avrebbe elencato tutto quello che aveva fatto nel corso degli ultimi mesi.

Appoggiò le mani sulle sue spalle e la bloccò, una stretta leggera ma salda. Mac si irrigidì al contatto, tentò di girarsi ma Daryl non glielo permise.

Non voleva guardarla in quel momento. Dopo pochi istanti la giovane si rilassò, ma non disse nulla.

“Ti ricordi la scommessa che fanno sempre alla fortezza i più giovani?” Chiese Daryl spezzando il silenzio.

“Sì, quella di capire cosa facevi prima dell’apocalisse.” Rispose Mac. “Ti posso assicurare che non lo fanno solo i giovani, il tuo passato è un enigma per ognuno di noi.”

“Tu che idea ti sei fatta?”

La ragazza si prese un istante prima di parlare “Francamente nessuna, so che probabilmente eri un cacciatore o una guida viste le tue doti, ma, in tutta sincerità, ho smesso di interessarmi a chi eravamo prima molto tempo fa, quando ancora vagavo nei boschi da sola. Il ricordo del passato mi avrebbe solo portato prima alla morte. Delle persone l’unica cosa che mi interessa sono solo le loro capacità. Il resto è passato ed è la che deve rimanere.” Concluse.

“Diresti lo stesso se scoprissi che sono un pluriomicida?” chiese di getto Daryl.

“Lo sei?”

“No!”

“Allora non si pone nemmeno il problema!” poi si liberò dalle sue mani che ancora la trattenevano.

Si girò per poterlo guardare in viso.

“Daryl, io so che tu sei un grande combattente, un uomo leale, forte, sincero, che ha sempre messo il bene del gruppo di fronte a tutti, che non ha mai voluto abbandonare nessuno, che ha sempre avuto il fegato di fare quello che doveva essere fatto per tenerci al sicuro, anche uccidere dei vivi.”

Daryl la osservava, i suoi occhi erano turbati, come se ci fosse ancora un peso dal quale non riusciva a liberarsi. Non c’erano mai state domande dirette sul suo passato fino a quel momento. Lui aveva sempre tenuto le distanze e lei gli aveva lasciato il suo spazio. Funzionava così fra loro, ma ora sapeva che doveva spingersi oltre. Non per curiosità, ma per lui. Che non riusciva a capire quanto valesse.

“Chi eri Daryl… prima?”

Lo vide inghiottire, il suo sguardo si fissò oltre, sulla parete dietro alle sue spalle.

“Non ero nessuno prima, ero un perdigiorno che passava il tempo a cacciare o in giro per i boschi, senza meta, lasciando che la vita mi scorresse addosso. Alla deriva.”

“Guardami, Daryl.” disse Mac. Vedeva il suo viso rigido, la sua mente bloccata chissà dove. “Parlami per piacere.”

Daryl si alzò di scatto. Si muoveva sul posto, piccoli passi, come faceva sempre prima di agire, di attaccare o prendere una decisione.

“Parlami,Daryl.” ripetè Mac.

L’uomo si girò “Cosa vuoi sapere?” chiese furioso. “Che a differenza di ognuno di voi, la mia vita non è cambiata di una virgola dopo l’apocalisse? Che quello che facevo prima, cacciare, uccidere o seguire le tracce adesso è semplicemente più utile di prima. Che non ho sofferto alcuna perdita, perché la mia vita non esisteva già prima della fine del mondo? Che mi avete affibbiato il ruolo del capo solo perché, a differenza vostra, non sono rimasto confuso o annichilito da ciò che è successo? Che avete letto in me qualcosa che non c’è mai stato? Perché è questo che posso dirti. Che l’apocalisse non mi ha cambiato di una virgola, sopravvivevo prima come sono sopravvissuto dopo. Niente di più niente di meno.” Terminò in un mormorio.

Mac rimase spiazzata da quello sfogo, sentiva le lacrime pungerle gli occhi. Non riusciva a credere che un uomo con le sue qualità, la sua forza, il suo spirito si sentisse così. Si alzò, andò verso di lui, la maglia cadde ai suoi piedi ma non le interessava. Gli toccò un istante il braccio nudo, lui non si mosse, non si allontanò. Rimaneva lì fermo, immobile, gli occhi bassi, imprigionato in chissà quale ricordo.

Lo abbracciò, un abbraccio a cui lui non rispose.

Sperava che il suo calore gli desse conforto.

“Daryl,” gli mormorò “tu credi di essere quell’uomo ma, non lo sei mai stato. Forse ti sei lasciato sfuggire la vita una volta, ma la seconda hai mostrato il tuo valore. Io non sarei qui in questo istante se non fosse stato per te. Tu dici di non essere niente, eppure quel niente è stato ciò che ci ha permesso di sopravvivere. Io ringrazio il tuo passato…” Sentì Daryl irrigidirsi fra le sue braccia “…perché è stato il tuo passato che ti ha forgiato e ti ha permesso di salvarci tutti. Sei stato il nostro collante, la nostra guida e sicurezza.” Mac lasciò la presa, si spostò fino a mettersi di fronte a Daryl.

Lo guardò finché l’uomo non si sentì obbligato ad alzare gli occhi.

“Tu non sei niente? Tu sei un uomo straordinario e, se non lo pensi, te lo dirò ogni giorno che passerò su questa terra finché non ti entrerà in quella tua zucca vuota.” Concluse con un sorriso sincero.

Un istante e poi si sentì avvolgere da un abbraccio che la riempì di calore, sentì un sussurro vicino alle sue orecchie “Come farei senza di te?”

Mac non rispose, lo abbracciò a sua volta con tutta l’intensità che aveva in corpo.

Rimasero in silenzio legati da quell’abbraccio che aveva detto tanto di loro, fino a quando non cominciarono entrambi a percepire fisicamente la presenza dell’altro. Un’elettricità di un altro genere stava cominciando a prendere il sopravvento.

“Credo dovrei rimettermi la maglia ora”. Mormorò Mac che cominciava a sentirsi imbarazzata.

“È quello che vuoi?” Sussurrò lui sciogliendo l’abbraccio per poterle accarezzare lentamente la schiena, un tocco delicato che scese ai suoi fianchi nudi.

Il cervello di Mac impiegò alcuni istanti per percepire le parole, intenta a godersi il fremito che quella carezza provocava sul suo corpo.

Quando Mac sentì la stretta delle sue mani sul bacino, che fece aderire i loro corpi, sospirò. Si lasciò andare a quel contatto più intimo, allungando il corpo contro quello del compagno.

Percepì l’attimo in cui le labbra di Daryl sfiorarono il suo collo, una carezza lieve che le fece venire la pelle d’oca e che accese in lei un desiderio fisico rimasto assopito da quando tutto era cominciato. Le loro labbra si cercarono fino a incontrarsi in un bacio che si fece subito intenso, vorace e febbricitante di desiderio.

La smania li travolse, i movimenti divennero febbrili, entrambi volevano un contatto più intimo, più intenso.

Mac sentì dietro di sé il bordo del tavolo nello stesso istante in cui Daryl sciolse la cintura dei suoi pantaloni. Lei fece altrettanto, il desiderio aveva preso il sopravvento, un desiderio che avevano trattenuto per lungo tempo.

Si unirono in un singolo slancio che li fece gridare per la tensione fino ad allora trattenuta. A pochi istanti l’uno dall’altro entrambi furono travolti dalla tempesta che li trascinò verso picchi inesplorati da tempo, poi tutto si acquietò. Entrambi si ritrovarono accaldati, il respiro ancora affannoso, ma la mente e il corpo abbracciati in una bolla di serenità.

Mac lentamente tornò in sé, sentiva il viso di Daryl premuto sul suo collo, il caldo respiro sulla pelle nuda. Le braccia dell’uomo ora avvolgevano la sua schiena stingendola forte a sé. La giovane lasciò lentamente la presa dal collo di Daryl, insicura, si ricordava come si era aggrappata a lui durante quell’intenso amplesso. Lentamente accarezzò le sue braccia muscolose, sciolse le gambe ancora avvinghiate a lui. Quell’intimità sembrava troppo profonda per essere sopportata ancora.

Respirò lentamente, profondamente. Serrò gli occhi, sentì due lacrime solitarie, incastrate fino ad allora fra le ciglia, scenderle lungo le gote. Simbolo di quella tensione deflagrata in pochi istanti e che aveva lasciato dietro di sé una scia di fragilità a cui non era più abituata. Si irrigidì al pensiero che avessero appena distrutto qualcosa di prezioso, sopraffatti dal desiderio fisico.

Daryl dovette accorgersi che qualcosa era cambiato, si spostò quel tanto che bastava per poterla guardare negli occhi e Mac, come in uno specchio, vi lesse la sua stessa vulnerabilità.

Lui alzò la mano ad asciugare quelle lacrime, inghiottì un istante “Scusa…” Mormorò senza smettere di concentrare il suo sguardo sulla sua guancia. In quell’istante Mac capì la bellezza di ciò che era avvenuto fra di loro.

Gli prese la mano, baciò il palmo poi inclinò la testa quanto bastava per poterlo guardare negli occhi “Grazie.” Rispose in un sussurro prima di sorridergli, abbracciarlo e cercare nuovamente le sue labbra e baciarlo.

Fu un bacio intimo, una carezza. Un sigillo per qualcosa che era appena cominciato.

Quando si staccarono si osservarono rapiti, incapaci di focalizzare i loro pensieri. Un sorriso increspava le loro labbra, la serenità permeava il loro spirito.

Con una sicurezza che credeva non gli appartenesse, Mac scese lentamente dal tavolo su cui era ormai seduta, prese la mano di Daryl e, senza mai voltarsi dietro lo portò con sé in camera da letto.

La stanza dalle pareti in legno era raccolta, lo spazio solo per un letto matrimoniale a due piazze, un armadio e un paio di sedie.

Mac si lasciò sedere sul letto, le braccia poggiate poco dietro di sé, un invito, mostrando il suo corpo quasi nudo.

Daryl di fronte a lei.

Avrebbe voluto togliere lei stessa la sua maglia, baciare ogni parte del suo corpo mentre lentamente lo spogliava, ma sapeva che non doveva farlo, ci sarebbe stato tempo per quello, sorrise al pensiero, ora voleva solo che Daryl levasse quell’ultima maschera. Quella che lo aveva sempre tenuto lontano da tutti durante l’apocalisse, che lo aveva probabilmente spinto prima ad amplessi frettolosi in qualche bagno di un bar o in una stanza di motel.

Desiderava che lui si aprisse completamente all’intimità che avrebbero condiviso. Attese, sicura per la prima volta della sua nudità e della sua femminilità. Non era un gioco a cui era abituata, eppure mai come in quell’occasione si sentì bella. Eccitata dalla pelle d’oca che increspava la sua pelle, dallo sguardo turbato di Daryl che non si staccava dal suo viso. Una sorta di pudore che la faceva fremere di desiderio.

Daryl stava ammirando la bellissima giovane donna di fronte a sé, non poteva smettere di guardare i suoi occhi vividi, pieni di passione che aspettavano solo lui, sentiva il suo corpo fremere di fronte alle forme invitanti della sua compagna.

Si erano già visti nudi durante il corso di quella strana giornata eppure tutto in quel momento, in quel luogo era diverso.

Prese fra le mani i bordi della maglia di cotone che portava e la sfilò lentamente, i loro sguardi ancora incatenati. Lanciò il capo sulla sedia poco distante poi passò ai pantaloni fino a quando non fu libero da ogni indumento. Mac continuava a non staccare lo sguardo dal suo viso facendolo sentire desiderato come nessuna donna aveva mai fatto prima.

Fece alcuni passi fino a raggiungere il letto dove la ragazza era seduta, si piegò verso di lei, poggiò le sue braccia ai lati della giovane sfiorando solamente le sue gambe. Avvicinò il suo volto a quello di lei poi la baciò, un bacio lieve, ma che fece sentire alla ragazza tutto il suo peso.

Senza toccarla, se non per quel bacio che sigillava il contatto fra di loro, Daryl spinse lentamente Mac verso il letto.

La giovane cedette fino a quando non sentì sotto la sua schiena il morbido copriletto.

Daryl la sovrastava con il suo corpo, sentiva la sua vicinanza e il suo calore.  Chiuse gli occhi e si lasciò andare. Godendosi quella tenera intimità.

In quel momento, per lei, il centro di ogni cosa era quel lieve tocco, non alzò le braccia per stringerlo e portarlo a sé, non voleva farsi travolgere dalla passione. Voleva sentirsi alla mercé delle sensazioni che lui avrebbe innescato.

Venne assalita da un’immediata stilettata di piacere quando sentì i denti di Daryl morderle il labbro inferiore, strattonarlo leggermente obbligandola a socchiudere la bocca.

Tentò di controllare il suo respiro quando si sentì invadere dalla sua lingua.

Lo lasciò fare, godendosi quell’intima invasione.

Si sentì privata di qualcosa quando dopo alcuni istanti Daryl si allontanò da lei, in un motto improvviso il suo corpo si tese verso l’alto verso di lui, la schiena inarcata alla ricerca di qualcosa.

Fu solo un attimo poi sentì nuovamente la presenza dell’uomo, sempre le sue labbra che le baciavano la linea della mascella, un tocco indefinibile, leggero che accese linee di fuoco a ogni passaggio.

Mac cercava di controllare il proprio corpo, ma sentiva che stava perdendo la battaglia, sentiva i fremiti che la percorrevano, la propria pelle, il bacino strusciare sul copriletto, in attesa.

Quella lenta tortura la stava portando al limite, voleva sentire il corpo di Daryl sul suo, allungò le braccia per abbracciarlo e trarlo a sé. Fu questione di un istante e si sentì sollevare e spostare quel tanto che bastava affinché i loro corpi fossero interamente distesi sul letto.

Mac aprì gli occhi e la prima cosa che vide furono quelli di Daryl, turbati dalla passione.

Gli accarezzò lentamente il viso “Ti amo.” si lasciò sfuggire, prima di baciarlo nuovamente e lasciarsi andare alla vita che finalmente aveva nuovamente cominciato a scorrere dentro di loro.

#GuestStory_Una vacanza dall'apocalisse_Avenal Alec

Immagine via DeviantArt

Epilogo

Il mattino seguente

Daryl osservò un istante Mac dall’altra parte del tavolo in legno.

“Pensi ci sarebbe mai stato qualcosa fra noi prima?”

Mac lo guardò, gli sorrise. “Tu che dici?”

Non rispose, ma ciò che pensava lo si leggeva nei suoi occhi. Molte cose cambiavano, ma non tutte.

Mac allungò una mano fino a sfiorare quelle rovinate dalle intemperie dell’uomo.

“Daryl, non conta cosa eravamo ma ciò che siamo diventati.” Disse con una ferma dolcezza.

La giovane si sentì sfiorare dai suoi occhi ora limpidi, i fantasmi ricacciati nel luogo dove dovevano stare: il passato.

“Dovremo rimetterci in marcia per tornare dagli altri.” Disse l’uomo, prima di sospirare.

Mac arricciò il naso infastidita.

“Concediamoci ancora un giorno, un solo giorno e poi torneremo. Ho bisogno di tempo.”

Daryl osservò la giovane donna di fronte, ricordava il loro primo incontro un anno prima, ne aveva subito riconosciute le qualità, ma all’epoca non avrebbe mai pensato quanto quella donna gli avrebbe salvato e riempito la vita.

Si lasciò andare, ammirando colei che fino al giorno prima non aveva mai guardato più di un paio di istanti.

“Ok, un altro giorno.”

Mac non se lo fece ripetere due volte e balzò in piedi. “Vado a mettere sul fuoco l’acqua per un altro bagno.”

L’uomo si divertì a guardarla mentre era intenta a preparare ogni cosa, crogiolandosi in quel sereno momento di tranquillità, in un mondo in cui l’unica legge era quella della sopravvivenza.

“Mac, vieni qua un attimo.”

Lei sorrise e si diresse verso di lui.

Quando fu abbastanza vicina allungò una mano e le afferrò il braccio trascinandola verso di sé e facendola sedere in grembo.

Le scostò una ciocca dal visto, le sorrise.

“Ti amo anch’io.” Le disse, prima di avvicinare il suo viso a quello della giovane e baciarla.

Si coccolarono, si sfiorarono e godettero di quell’intimità fino a quando il rumore dell’acqua che bolliva sul focolare non li disturbò.

Mac si staccò un istante. “L’acqua è pronta.”

“Allora direi che è il caso di riempire la vasca! Non ho mai provato a fare un bagno con un’altra persona.” Rispose guardandola, un sorriso malizioso fra le labbra.

Mac rise deliziata dall’idea, “Vado.” Rispose prima di alzarsi.

Anche Daryl si alzò, la raggiunse vicino al focolare e l’abbracciò da dietro, sfiorandole con un bacio il collo.

“Torneremo qui, vero?” Le chiese in un sussurro.

Lei si girò, lo guardò un istante, negli occhi una promessa.

“Sì, ogni volta che prenderemo una vacanza dall’apocalisse.” Rispose, prima di baciarlo.

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