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Leggere Florence di Stefania Auci, pregi e perplessità di una lettrice

24 Agosto 2015
Leggere Florence di Stefania Auci, pregi e perplessità di una lettrice

Oggi è il momento di Florence di Stefania Auci, edito Baldini & Castoldi. Per queste pagine avevo parecchie aspettative ma, devo ammettere che, una volta conclusa la lettura, sono subentrati diversi dubbi e perplessità.

Per farti capire cosa ho provato è affiorato in me il ricordo di mio fratello bambino. All’età di cinque o sei anni si divertiva a smontare tutti i giocattoli e gli orologi che gli capitavano a tiro. Voleva vedere com’erano fatti dentro, solo che poi non era in grado di ricostruirli.

Ecco, quando ho letto le ultime righe di Florence ho avuto l’impulso di smontarlo pezzo per pezzo perché ho avuto l’impressione che mancasse qualcosa. Mi sfuggiva il messaggio finale così come la caratterizzazione di alcuni personaggi. Insomma, ho vissuto un attimo di delusione e palesarlo apertamente sul mio blog non mi piaceva. Ho instaurato un bel rapporto con Stefania Auci e, conoscendo anche le vicissitudini che stanno dietro al suo lavoro, non mi andava di “destrutturare” qualcosa senza aver la possibilità di ricostruirla.

Scrivere una recensione è una cosa per me delicata e preferisco concentrarmi sulle cose che ho apprezzato in un libro piuttosto che seguire la strada della stroncatura perché non sarebbe giusto né nei confronti dello scrittore né per chi veste i panni del lettore.

Ne ho parlato direttamente con l’autrice e ne è venuta fuori una conversazione interessante. Prima però ti devo elencare pregi e “difetti” di Florence.

Florence di Stefania Auci, dubbi e perplessità di una lettrice

I pregi e i punti forti di Florence, presentando luoghi e personaggi

A parte l’amicizia che mi lega a Stefania Auci, sono tre le cose che mi hanno indotto ad acquistare Florence praticamente a occhi chiusi; il luogo nel quale è ambientata la vicenda, la professione del protagonista, Ludovico Aldisi e il contesto storico.

Ho adorato come viene dipinta Firenze. L’autrice induce il lettore a seguire i passi dei personaggi e a guardare, attraverso i loro occhi le strade, i luoghi, il panorama e le atmosfere che si alternano nel corso delle varie ore del giorno e nel succedersi delle stagioni. Firenze, città alla quale ho legato alcuni ricordi a me molto cari, diventa una bellezza addormentata che non si può fare a meno di contemplare.

«Con aria rassegnata, Ludovico scosse la testa. Ripensò ai pomeriggi trascorsi a impartire lezioni d’italiano a ricchi inglesi o tediati intellettuali francesi che avevano scelto di vivere lì, in Toscana. Chiedevano perché non vi fossero più poeti o artisti degni di quel nome a Firenze: perché erano stati rimpiazzati da bottegai e imbrattatele di strada? Dov’era finita la città di Dante, Michelangelo e Brunelleschi?
Morta, avrebbe voluto rispondere lui. Uccisa dai secoli e dagli inganni degli uomini.
Sopita, rispondeva, perché bisogna saper cercare il vero cuore di Firenze. Mettersi in ascolto e lasciare che essa parli.
Firenze adesso era ubriaca di ricordi, alla ricerca disperata di vita.
Anni prima, politici e burocrati l’avevano lusingata, blandita. La città aveva vissuto l’illusione di essere di nuovo importante, di nuovo viva.
Firenze capitale era stata una fola: uomini venuti da fuori l’avevano riempita di promesse e di cantieri per abbandonarla dopo cinque anni, lasciando una città stravolta, popolata di palazzi deserti».

Questo passo apre un periodo storico delicatissimo, la Prima Guerra Mondiale è in corso. Da che parte dovrebbe stare l’Italia? Sono mesi politicamente incerti e Ludovico Aldisi, giornalista di professione, vuole l’azione. È un interventista che desidera veder il conflitto con i suoi occhi, per poterlo documentare e assicurarsi un’ulteriore scalata professionale.

Per raggiungere il suo scopo non esita ad utilizzare l’amante Claudia come finanziatrice convincendo così il direttore del giornale, Ghelli, a mandarlo sul fronte come corrispondente di guerra. I tratti caratteriali dell’Aldisi sono interessanti. Viene descritto come un arrogante ma al lettore pare più un giovane ambizioso, desideroso di farsi strada nel mondo e spostare l’attenzione sulle sue capacità piuttosto che sulle sue umili origini. È capace di mentire ma, in fondo, anche le menzogne, lette nel modo giusto, si rivelano delle indiscutibili verità.
Fin qui tutto bene, anche la caratterizzazione dell’antagonista e dei personaggi femminili è curata:

  • Claudia, l’amante, è sposata a un uomo violento, l’avvocato Anselmi. Una donna alla disperata ricerca di una via di fuga che si aggrappa alla relazione con Ludovico per trovar la forza di sopravvivere. Il marito tradito si rivelerà perfettamente odioso. Un uomo della peggior specie che vede la consorte come un semplice soprammobile da trattare come più gli pare e piace.
  • Luciana, la sorella di Dante, il compagno universitario e amico di vecchia data del giornalista, interpreta la classica zitella. Macchiata dall’onta di non aver trovato marito a causa del suo aspetto poco avvenente. Relativamente marginale, Luciana è il personaggio più affascinante perché quelli che la società indica come limiti, diventano i suoi punti di forza dai quali costruisce la sua indipendenza emotiva e intellettuale. Donna molto accorta e molto intelligente.
  • Infine, l’appena maggiorenne Irene. Figlia di un professore universitario, bella ed educata in un ambiente libero e anticonformista come Parigi è la vera protagonista di tutta la narrazione. È colei che, come un fulmine a ciel sereno, destabilizzerà tutte le convinzioni di Ludovico Aldisi.

Florence: dubbi e perplessità

I punti deboli di Florence e le risposte di Stefania Auci

Bene, una volta delineati i punti forti di Florence è giunto il momento di sviscerare qualche dubbio sui suoi punti deboli.

Ludovico riesce nel suo intento e giunge in Francia. A Parigi incontra un personaggio realmente esistito, Gabriele D’Annunzio.
Figura controversa, D’annunzio fu musicista, giornalista, poeta, romanziere, interventista e donnaiolo. Un letterato e libero pensatore senza scrupoli, perseguitato dai creditori per la sua smodata passione per il lusso e l’effimero. Una spina nel fianco per i potenti dell’epoca.

D’Annunzio o lo si ama o lo si odia, io, durante un corso universitario a lui dedicato, l’ho ampiamente rivalutato e la sua entrata in scena ha generato in me parecchie aspettative. Anche se in modo marginale, poteva dare un contributo importante nel delineare la psicologia di Ludovico Aldisi ma, nelle pagine scritte da Stefania Auci, appare come una figurina sfumata. Messa lì per dare colore alla narrazione. Non per dare ulteriori dettagli alla costruzione del personaggio principale. Per questo ho chiesto all’autrice se non avesse avuto paura di osare e quale messaggio volesse far arrivare al lettore con Florence. Ecco come mi ha risposto:

«D’Annunzio non era centrale nella storia e mi serviva per dare un po’ la cifra di un certo periodo storico. È un personaggio di sponda e mi è piaciuto inserirlo per dare un’idea del come l’Italia si stava preparando. Dargli troppo spazio sarebbe servito poco all’economia del racconto.
Di messaggi posso dirti che ce ne sono almeno tre. La condizione femminile, che non è poi cambiata così tanto dal 1914 ad oggi. C’è ancora molta strada da fare, sia in termini di tutela delle donne sia in termini di ricerca di autocoscienza.

Poi, un altro punto è quello della manipolazione dell’informazione e quindi della coscienza pubblica attraverso i giornali. Cosa che avvenne in maniera palese.

Terzo punto è la critica sociale. per quanto siamo, o meglio, per quanto pensiamo di essere aperti socialmente, ancora oggi esistono barriere sociali molto forti. Pensa ad esempio ai baronati dell’università. Quando Ludovico parla dell’istruzione, è a questo che mi riferisco.
Ludovico deve avere il suo sviluppo con lo scontro della guerra e, in questa fase, mi interessava rilevare delle affinità tra lui e D’annunzio.
Perché ho scritto Florence? È una storia che mi ha chiamato. Ne avevo un’altra per la testa ma questa ha vinto, l’ho amata e l’amo tantissimo».

Questa risposta mi ha fatto capire che, più o meno, gli intenti del romanzo sono comprensibili. Tuttavia ho avuto l’impressione che, per certi aspetti, Florence non è stato sufficientemente incisivo. Era come se mancasse qualcosa.

Il personaggio di Irene risulta di uno spessore psicologico ed emotivo maggiore rispetto a quello abbozzato per Ludovico. Quest’ultimo si trova a dover commettere un assassinio che lo porta ad affrontare un dissidio interiore senza risolverlo. Aldisi vi gira intorno senza concludere nulla. Si rivela sostanzialmente un vigliacco e il romanzo, incentrato su di lui, sarebbe stato più interessante se fosse stato affrontato dal punto di vista femminile. Stefania Auci è stata paziente e così ha costruito le sue motivazioni:

«Incentrare su Irene o le donne che si delineano nel corso della storia avrebbe creato un altro romanzo. Ludovico cerca di indurirsi, ma non ci riesce, è una persona gentile. La sua non è debolezza o vigliaccheria. È fragilità. Avevo voglia di descrivere un uomo che non rientrasse negli stereotipi, che fosse cosciente dei propri limiti e li accogliesse come tali. Non è un classico eroe da romanzi d’amore, doveva sbattere la faccia sul suo limite e che venisse punita la sua tracotanza, il suo essere in grado di spaccare il mondo per poi scoprirsi una figura di carta velina. Forse è questo che non ti è piaciuto, ma era ciò che volevo. Descrivere un uomo che crollava e che provava a ricostruirsi con fatica. Facendo i conti sulle sue scarse forze. Tende a rimuovere l’omicidio, è vero. Ma i conti tornano sempre e alla fine ci si rende conto che nulla è servito. Tutto è finito in polvere e sì, fugge. Perché è l’unica cosa che può fare ma quello che torna è il Ludovico vero, quello che ha scelto di essere sé stesso perché ha compreso che non doveva avere paura di essere fragile, o perso. Ha capito di doversi accettare per ciò che è. Forse preferivi l’uomo tutto d’un pezzo che ne usciva comunque vincitore ma io no. Volevo uno sconfitto e l’unica ad uscirne rafforzata è proprio Irene. Volevo un romanzo che sotto la forma del romance ne ponesse in discussione le fondamenta e le prendesse leggermente in giro».

Se questi erano gli obiettivi, ovvero creare una sorta di antieroe fragile e sconfitto per prendere un po’ in giro gli stereotipi legati al romance, Stefania Auci li ha centrati tutti. Mi sarebbe piaciuto chiederle tante altre cose e riportare tutto quello che ci siamo dette ma questo avrebbe portato il rischio di rivelare dettagli non richiesti su Florence.

E a me farebbe piacere che tu lo leggessi. Se no, come potrei venire a conoscenza del tuo parere?

Autore: Stefania Auci
Titolo: Florence
Casa Editrice: Baldini & Castoldi
Pagine: 406
Anno di pubblicazione: giugno 2015
Prezzo di copertina: € 18

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2 Comments

  • Reply gianfranco biancofiore 2 Agosto 2021 at 10:23

    Mi chiamo Gianfranco e sono colpito senz’altro positivamente dalla rimessa in discussione del personaggio “Uomo”di cui la signora Auci tratta nel suo romanzo “Florence”come del resto si evince in molta letteratura romanzesca del primo e del secondo 900(penso ad autori come Musil, Gadda,Pasolini,ma anche,pensavo,la Ferrante).Bene. Penso che, come già ho avuto l’opportunità di osservare a proposito de “La scuola cattolica” di Albinati, ci si debba accettare per come siamo e,anzichè rimanere nell’invarianza dei propri limiti e difetti,provare,almeno un minimo, a superare lo sgomento dell’ombra o del buio che da sempre minaccia la nostra vita e ,in qualche modo,anche il famoso disincanto che tanta letteratura e poesia moderna ci ispirano. Che non sia il caso di rivalutare la vecchia dialettica del superamento di matrice hegeliana?Grazie per l’opportunità.

    • Reply Rita Fortunato 2 Agosto 2021 at 19:04

      Gentile Gianfranco,
      da quanto ho capito la lettura di Florence le ha fatto notare come Stefania Auci sia stata molto abile nel ripercorrere e rivisitare il concetto di uomo comune ai romanzi da lei menzionati.

      Per rispondere alla sua domanda (che mi sono permessa di porre all’autrice) direi che fin quando l’uomo si è sentito bene nei suoi limiti ha potuto accettare più o meno serenamente la sua condizione (come è giusto che sia per chi è vissuto nel contesto storico e letterario di cui parliamo).

      Credo, tuttavia, che ora come ora il bisogno di procedere oltre e scoprirsi un uomo nuovo sia più sentito che in passato, nella vita come nella letteratura.

      Se questo equivale al tornare a rivalutare il pensiero hegeliano non saprei dirle. Certo è che potrebbe essere un ottimo punto di partenza per riflettere sulla risposta più adatta al quesito che ha posto, 😊

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