Oggi mi sento di aver fatto il passo più lungo della gamba citando e affiancando il De Vulgari Eloquentia di Dante Alighieri al modo di scrivere e di comunicare di Matteo Pogliani al quale ho chiesto se era disponibile a stilare il suo personale curriculum del lettore.
Non è mia intenzione (né credo di averne le competenze) stilare una critica dell’opera di una delle Tre Corone della lingua italiana però posso spiegarti perché mi è nata questa curiosa associazione e di quanto sia stata felice di come il fondatore di My Social Experience ha risposto alla mia richiesta.
Firenze, riflessioni in libertà su Dante e linguaggi
Ora, io ho una profonda fascinazione per tutto ciò che è toscano e in particolare per Firenze. Ho avuto la fortuna di visitare questa città per tre volte e in tre tempi diversi.
Da bambina e quindi perfettamente ignorante della storia e della cultura di questo luogo, Firenze mi sembrava la città delle favole. Il palcoscenico perfetto dove far muovere personaggi fantastici, draghi e principesse. Tutto quello che mi veniva in mente per descrivere la culla del Rinascimento si racchiudeva in un aggettivo. Bellissima.
La seconda volta ci tornai grazie a una gita scolastica. Ero in terza superiore e, in una giornata in particolare, io e alcune mie compagne di classe, dopo aver visitato il Giardino di Boboli, ce la siamo svignata promettendo ai professori che saremmo rientrate in albergo in orario. In quell’occasione ero più consapevole dell’anima di Firenze e, distaccatami momentaneamente dal resto della comitiva, mi trovai a passeggiare per la Galleria degli Uffizi. In un misto di timore reverenziale scorrevo le statue che raffiguravano Dante, Petrarca, Boccaccio, Galileo, Macchiavelli, Michelangelo, Leonardo Da Vinci.
Già allora volevo scrivere e mi piace disegnare ma, alla vista di quei volti mi sentii piccolissima. Il massimo grado di arte e ingegno era nato e cresciuto lì, io non mi sentivo in grado nemmeno di pensare ad imitare ciò che lasciarono ai posteri. E tuttora mi sento così.
La terza volta a Firenze è stata tappa obbligata, il mio premio di laurea. Pur di vedere il museo degli Uffici mi sono presentata all’alba perché, nelle precedenti occasioni, qualcosa si frapponeva tra me e l’accesso. Tipo i lavori di restauro e una coda infinita di visitatori.
Tre ricordi e tre esperienze nella quale sono fermamente convinta che Firenze non è solo polo di attrazione turistica ma è una grande comunicatrice di emozioni e di cultura. È ingegno, inventiva e creatività. È antica e moderna, statica e movimentata. Ha qualcosa di aereo, come l’H aspirata dei suoi abitanti. La musicalità del loro linguaggio è unico e irripetibile.
Nel De Vulgari Eloquentia, opera scritta in latino, Dante Alighieri si occupa del linguaggio o meglio, dei linguaggi, strumenti imperfetti della comunicazione umana.
È attraverso di essi che noi comunichiamo e, a costo di dire ovvietà, Alighieri fu un grande comunicatore poiché cercò di individuare, senza trovarla, la lingua perfetta, comprensibile a tutte le umane e divine cose.
Questo è quello che mi è venuto da pensare ricordando anche Il Mio Dante, edito Einaudi. In queste pagine sono contenuti gli interventi e le spiegazioni, date da Roberto Benigni, sulla Divina Commedia:
«Potrei denunciare Einaudi perché questo libro è una vera e propria intercettazione. Io sono andato in giro parlando di Dante qua e là, cose intime tra amici e improvvisamente mi vedo stampato tutto. Ogni sciocchezza. E se ne dicono molte su Dante. Come alcune che troverete qui. Ci sono frasi in libertà che vanno prese per quello che sono e che ripetono la stessa cosa: che la Divina Commedia è bella e che è meglio leggerla che non leggerla. […] Mi sono sempre chiesto come si fa a leggere Dante».
Ora, Roberto Benigni è uomo di vera cultura e trasmise ciò che Dante, a sua volta, condivise con i suoi scritti. Trasmettere, condividere, coinvolgere. Quante azioni ed emozioni che possono scaturire se si riesce a comunicarle attraverso il linguaggio.
Il mio fido vocabolario dice che comunicare equivale a far conoscere, a mettere in comune qualsiasi tipo di sapere. (Ho scrutato anche l’etimologico ma mi sono spaventata da tutte le implicazioni linguistiche accomunate alla proposizione con – derivante dal latino cum – e non voglio addentrarmi in campi che non mi competono).
Sono però convinta che quando si impara a leggere, si impara anche a comunicare.
Quando Matteo Pogliani, toscano, mi ha inviato il suo curriculum del lettore, mi ha colpito questa sua considerazione:
«Ultimamente scrivo solo di comunicazione e mi ha fatto molto piacere parlare di questi libri. Sono pur sempre laureato in Lettere e, unire le due cose, è davvero molto gratificante».
Come glielo spiego che la mia era solo una tattica per curiosare tra le sue letture e ospitare un po’ di Firenze nel mio blog?
Il Curriculum Del Lettore di Matteo Pogliani: blogger, comunicatore e letterato
Il Piccolo Principe di Saint Exupery
Credo che il libro di Saint Exupery sia realmente il primo “letto” nella mia vita, proposto alla scuola elementare da una delle maestre. Un’opera questa che adoro tuttora, capace ad ogni lettura, ma soprattutto ad ogni età, di raccontarti ed esprimerti qualcosa di nuovo.
I suoi diversi livelli di lettura rendono il Piccolo Principe un piccolo grande capolavoro, non compreso da chi troppo spesso lo scambia ancora per una favola per bambini. Grave errore, anzi gravissimo. Una poetica che tocca il profondo con la sua semplicità, la stessa semplicità che ci anima da bambini e che purtroppo perdiamo strada facendo, perché l’essenziale è invisibile agli occhi.
Zanna Bianca di Jack London
Jack London, l’autore che con le sue storie avventurose ed emozionanti mi ha fatto conoscere il piacere della lettura. Se Il Piccolo Principe è stato il primo, imposto, libro, Zanna Bianca rappresenta il primo scelto.
La storia di un’unione, di una redenzione lunga ma possibile. Forse troppo buonista, ma emozionante agli occhi di un bambino.
IT di Stephen King
Sì, sull’onda della trasposizione tv ci sono cascato anch’io. Il passaggio da Stephen King è un classico per quelli della mia età. Spinto tra curiosità e paura (ero ancora piccolo) IT mi fece scoprire cosa significa scrivere. King non è infatti solo bravo nel creare storie uniche, ma anche nel darne forma letteraria.
Tanti i passaggi che ho riletto più volte rapito da un uso fin lì sconosciuto delle parole… sì, forse qui per la prima volta mi innamorai della scrittura ed immaginai di farla mia.
Baol di Stefano Benni
Ho letto molti libri di Benni quando ero più piccolo. Li trovavo divertenti e “leggeri” (scusa Stefano) un momento di relax che non richiedeva troppo impegno. Questo parere cambiò radicalmente quando lessi Baol, un’opera non certo tra le più famose dello scrittore italiano, ma che è stata capace di colpirmi profondamente.
Storia e atmosfere a tinte cupe, smorzate dalla solita pungente ironia. Un Benni molto poco Benni, un libro che ancora consiglio.
Cuore di Tenebra di Josef Conrad
Dite ciò che volete ma questo resta a mio avviso un capolavoro. Cupo, espressivo, emozionante, claustrofobico… Un tutt’uno racchiuso nei confini della pagina. La storia di un viaggio che diventa vita, cambiamento, che diventa percorso di catarsi interiore per conoscere il mondo ed il proprio io.
Quel climax ascendente che ti spingeva ad andare avanti pagina dopo pagina nella speranza/paura dell’arrivo di Kurtz. Una suspance che diventa la vera protagonista dell’opera e che fa vivere il libro non di “pieni” ma di “vuoti”.
Norwegian Wood di Haruki Murakami
In una calda estate degli anni liceali con questo libro mi avvicinai al mondo della letteratura giapponese per non lasciarlo più. Un amore profondo nacque in me verso gli autori del sol levante, amore che tuttora resta forte, fortissimo.
Norwegian Wood è ancora uno dei miei libri preferiti, una storia che sentivo vicina a me nel suo raccontare quel turbolento periodo che è l’adolescenza. Un giovane Holden rivisto in chiave nipponica ed a mio modesto avviso molto molto più toccante.
La voglia continua di essere accettati ma anche restare se stessi, la paura di sbagliare, le incombenti scelte della vita sono racchiuse in questo grande capolavoro.
Il Tropico del Cancro di Henry Miller
L’incontro con i deliri di Miller arrivò per caso e mi segnò come segnano tutti gli incontri importanti. Lo sento tuttora addosso questo libro, sempre pronto ad incunearsi nel mio modo di vivere la scrittura.
20 righe iniziali ed era già amore, morboso amore. E non parlo delle continue imprecazioni o delle citazioni sul sesso che lo hanno reso celebre, ma di una scrittura che non avevo mai visto prima, una scrittura che ancor oggi mi perseguita.
Foglie d’Erba di Walt Whitman
Non poteva mancare un riferimento all’amata poesia. Tra le tante opere (e fidatevi ne avrei potute citare tante) ho scelto Whitman e il suo grido di libertà e anticonformismo. Versi che non erano mai fini a se stessi ma portatori di un messaggio vero e forte, concreto, tanto da poterlo sentire scorrerti addosso mentre leggevi.
La poesia che fino a questo momento mi era parsa solo atto estetico ed intellettuale diventava strumento di comunicazione, una rivoluzione che non è passata inosservata.
Infinite Jest di David Foster Wallace
Conobbi l’epopea triste di Wallace negli anni universitari e da subito mi incuriosì. Una curiosità che divenne irresistibile quando vidi le dimensioni di questo libro (dalle fattezze simili al c.d. “mattone”). Mi sembrava impossibile ci fosse tanta arte in un romanzo del genere, improbabile che l’autore non fosse caduto nella volontà di autocelebrare il proprio riconosciuto talento.
Per fortuna andai oltre questi stupidi preconcetti. Sin dalle prime pagine scoprii un’universo fatto di personaggi, vite, emozioni, un universo che tanto sembrava una caricatura della nostra comune realtà. Anche in questo caso mi sbagliavo… la realtà da caricatura era la nostra società, spinta com’è nei suoi malesseri interiori. Una critica sottile ed ironica che non è mai gratuita e che accompagna il lettore per tutto il libro.
Infinite Jest è un’avventura letteraria che consiglio: lunga, complessa, ma soddisfacente come poche.
L’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master
Torno volentieri alla poesia. Ci torno con quest’opera che come forse nessun libro si lega alla mia vita. Sì, perché scelsi proprio l’Antologia come parte per la mia tesi di Laurea: Spoon River tra musica e fotografia: Fabrizio De André e William Willinghton.
A una passione già radicata aggiunsi questo passaggio esistenziale, passaggio che mi legò ancora più strettamente ai personaggi della collina.
Un mondo di morte raccontato attraverso la vita, in un’antitesi che emoziona ad ogni lettura. Di Master uno dei passaggi che porto sempre nel cuore come guida:
“Dare un senso alla vita può condurre a follia
ma una vita senza senso è la tortura
dell’inquietudine e del vano desiderio —
una barca che anela al mare eppure lo teme.”
Come posso aggiungere qualsiasi considerazione su siffatta lista? Forse è meglio lasciare a te la parola per completare ciò che a me è passato inosservato. Nel frattempo, ti lascio qualche dato sulle letture che mi hanno indotta a parlar di Dante Alighieri e aggiungo anche che Matteo Pogliani è autore di un libro molto interessante che spiega molto bene che cos’è l’Influencer Marketing.
Autore: Dante Alighieri
Titolo: L’eloquenza in volgare
Titolo Originale: De Vulgari Eloquentia
Traduzione: Giorgio Inglese
Casa Editrice: Bur
Collana: Classici della Bur
Pagine: 197
Anno di pubblicazione: Prima edizione, giugno 1998
Prezzo di copertina: € 6.70
Autore: Roberto Benigni
Titolo: Il mio Dante
Casa Editrice: Einaudi
Collana: Stile Libero Big
Pagine: 145
Anno di pubblicazione: 2008
Prezzo di copertina: € 16
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