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Footloose e Mattatoio n° 5 di Kurt Vonnegut: dalla visione alla lettura

22 Giugno 2015
Mattatoio n.5 e Footlose: libro e film

Ogni tanto, quando devo scrivere un post, emergono ricordi legati ai film a me più cari. Questa volta il pensiero e la memoria vira su Kevin Bacon e Footloose e sulla lettura di Mattatoio n° 5 di Kurt Vonnegut.

Footloose-Kevin-Bacon

Da Footloose a Mattatoio n° 5: danza illegale e libri bruciati

Con Footloose si fa un salto negli anni ’80 e, per la precisione al 1984. Diretto da Herbert Ross, il film è ambientato a Beaumont, paesino nella quale il protagonista, Ren McCormak si trasferisce da Chicago.

Tutto appare tranquillo e serafico ma, nel momento in cui Ren reputa Mattatoio n° 5 di Kurt Vonnegut un libro fantastico sorgono i primi problemi. Si realizza che i residenti di Beaumont sono solo apparentemente persone virtuose, il romanzo di Vonnegut viene considerato scandaloso e, nel corso della visione di Footloose, si scopre che il malcapitato professore di Lettere che ne aveva proposto la lettura viene licenziato e allontanato.

Si aggiunga anche che Ren è forestiero e che ama ballare e il quadro di un’ipocrisia sociale mascherata da buoni sentimenti è completo. La danza è considerata illegale perché vista come fonte di perdizione e corruzione dell’anima. Il primo a guidare questa crociata contro la danza e ad appoggiare, di conseguenza, la demonizzazione che ne viene fatta di libri e musica del tempo è il reverendo Moore. Preoccupato di salvare l’anima dell’intera comunità. L’unico a contestarlo è la figlia ribelle, Ariel.

Al di là della colonna sonora e della battaglia di Ren nell’organizzare un ballo in città, Footloose è anche un film dedicato ai libri. I giovani di Beaumont leggono e scrivono poesie di nascosto, in cerca di un modo per liberarsi dal senso di soffocamento, ignoranza e pregiudizio che permea l’intera città. Una società isolatasi nel suo dolore e dal resto del mondo che malvolentieri accetta l’aria di novità e di cambiamento rappresentata da McCormak. Quest’ultimo è accolto da un muro compatto di ottusità, un muro che sente a sua volta dentro di sé e che cerca di combattere. Per questo la mia scena preferita è quella dove si dirige, in preda alla rabbia, in un capannone e reagisce al suono di Never.

Footloose è energia, voglia di vivere e di andare avanti dando un taglio netto con il passato. Ma questo non viene compreso dagli adulti di Beaumont che sono talmente spaventati da tale vitalità da arrivare al punto di bruciare alcuni libri presi dalla biblioteca scolastica. Solo in questo momento il reverendo Moore prende coscienza dell’involuzione morale dei suoi fedeli e delle parole, tratte dalla Bibbia, ricordategli da Ren:

«L’ecclesiaste ci dice che c’è un tempo per ogni proposito sotto il cielo. Un tempo per ridere e un tempo per piangere, un tempo per patire e un tempo per danzare.
C’era un tempo per quella legge, ma ora non c’è più. Questo è il nostro tempo per danzare. Questo è il nostro modo per festeggiare la vita.
Così è stato dal principio, così è stato sempre e così deve essere adesso».

Alla fine i ragazzi di Beaumont hanno il benestare per il ballo e la possibilità di gettare le basi per una rinascita.

Kurt Vonnegut e la crociata dei bambini (o Mattatoio n°5)

Dopo Footloose, Mattatoio n° 5 o la crociata dei bambini di Kurt Vonnegut: Così va la vita

In Footloose, motivo principale per la quale la danza e la letteratura moderna è considerata illegale e pericolosa è legato alla morte di alcuni ragazzi, tra cui il figlio maggiore del reverendo Moore.

Mattatoio n° 5 o La crociata dei bambini è un lungo elenco di tragedie di questo tipo. Ogni evento traumatico legato alla morte e che culmina con i bombardamenti di Dresda nel 1945 nella quale persero la vita migliaia di persone, viene commentato con un laconico:

«Così va la vita».

Il romanzo ha come protagonista Billy Pilgrim e qui concetto del tempo viene completamente stravolto a causa dei continui salti temporali narrati. Devo ammettere che l’ho trovato un po’ strano e difficile da analizzare e, sinceramente, tuttora non riesco a comprendere il collegamento al film. Se non che parla di ragazzi che hanno vissuto gli orrori della guerra quando avrebbero dovuto lanciarsi nelle opportunità della vita. Traumi ai quali si cerca di sopravvivere. Almeno, questo è il senso che darei alla frase, attribuita a Céline, che appare fin dalle prime pagine:

«L’arte non è possibile senza una danza con la morte».

In seguito, ai flashback giostrati da Vonnegut si aggiunge anche la cultura di Trafalmadore, un pianeta alieno dove Pilgrim avrebbe soggiornato come esemplare da mettere in mostra. Scrive Billy in una lettera e tra un viaggio nel tempo e l’altro:

«La cosa più importante che ho imparato su Trafalmadore è che quando una persona muore, muore solo in apparenza. Nel passato è ancora viva, per cui è veramente sciocco che la gente pianga al suo funerale. […]I trafalmadoriani possono vedere come tutti i momenti siano permanenti e guardare ogni momento che gli interessa. È solo una nostra illusione di terrestri credere che un momento nel segue un altro, come nodi su una corda e che quando un istante sia passato, sia passato per sempre».

Leggendo il retro della copertina di Mattatoio n° 5 (ho preso un’edizione economica della Feltrinelli) si scopre che Kurt Vonnegut è stato testimone del bombardamento di Dresda e il ricordo di questo avvenimento, rimasto indelebile, lo ha tormentato per tutta la vita.

Mattatoio n° 5 appare quindi come un modo per poter dare un senso a ciò che era stato costretto a vedere quando non era altri che un ragazzo. Il modo scelto per descrivere tutto ciò è volutamente grottesco, manipolato al punto da renderlo un libro considerato ‘leggero’. Una leggerezza che però fa risaltare l’insensatezza della guerra e delle ripercussioni emotive che essa comporta.

I continui viaggi temporali di Pilgrim, anche se all’inizio possono apparire strani, hanno un senso ben preciso. Personaggio e autore cercano un momento preciso, di quelli che per i trafalmadoriani sono considerati veramente importanti e che vengono raccolti nei loro libri. Su di essi dicono che:

«[…] Ogni gruppo di simboli è un breve messaggio urgente che descrive una situazione, una scena. noi trafalmadoriani li leggiamo tutti in una volta, non uno dopo l’altro. Non c’è un rapporto particolare tra i messaggi, se non che l’autore li ha scelti con cura in modo che, visti tutti insieme, producano un’immagine della vita che sia bella, sorprendente e profonda. Non c’è principio, parte di mezzo o fine, non c’è suspence, né morale, né cause ed effetti. Quella che amiamo nei nostri libri è la profondità di molti momenti meravigliosi visti tutti in una volta».

In Mattatoio n° 5 il tempo non viene visto come qualcosa in continuo movimento ma è congelato in un insieme di attimi. Sta a noi scegliere quali in quali si dovrebbe credere e quali ricordare per non morire veramente. Sembra l’unico modo per non perdere la voglia di vivere…

Tu cosa ne pensi?

Autore: Kurt Vonnegut
Titolo: Mattatoio n° 5 o la crociata dei bambini
Titolo Originale: Slaughterhouse Five
Traduzione: Luigi Brioschi
Casa Editrice: Feltrinelli
Pagine: 196
Anno di pubblicazione: Luglio 2009, ottava edizione
Prezzo di copertina: € 7

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5 Comments

  • Reply Flavia 22 Giugno 2015 at 9:20

    Mi piacciono moltissimo queste analisi. Spesso capita che ci si limita ad apprezzare una storia solamente per come si presenta nel suo primo livello, Footloose = La storia del tizio che balla. Quando invece i livelli d’interpretazione possono essere molteplici e magari anche le storie più semplici nascondono messaggi molto importanti.

    • Reply Rita Fortunato 22 Giugno 2015 at 10:19

      Flavia, grazie.
      Il mio intento era anche segnalare che gli spunti di lettura possono giungere da qualsiasi parte e mi rincuora la tua considerazione. Temevo di aver perso il filo del discorso. Non è facile individuare un terreno di riflessione comune quando si rilevano tutte le associazioni possibili che ci circondano o che ci si presentano sotto gli occhi. 🙂

  • Reply athenabruna 23 Giugno 2015 at 6:08

    Buongiorno Rita! Io non ho visto il film e non ho letto il libro, per tal motivo ho letto il tuo articolo – appositamente – in modo piuttosto veloce. Mi piacciono molto le relazioni tra cinema e letteratura, ti adotto! Un abbraccio!

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