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Leggere L’ombra del vento di Carlos R. Zafòn: oblio e memoria a Barcellona

17 Giugno 2015
Ombra-del-vento-oblio-e-memoria-a-Barcellona-immagine-via-Flickr-autore-Vincenzo-Caico

Ho promesso di parlare di libri nei quali soffia il vento. Mi sembrava una metafora carina da sviluppare e, dopo Vento Canale, ho pensato di rileggermi L’ombra del Vento di Carlos Ruiz Zafòn, edito in Italia presso la Mondadori.

Rileggere è un modo per verificare se un testo è in grado di catturarti come la prima volta, per trovare altre sfaccettature e confrontare i ricordi creati e legati ad esso.

Ho adorato L’ombra del vento però, in un gruppo di lettura su Facebook, mi ha incuriosito il commento di un lettore che non riusciva a farsi prendere dall’opera di Zafòn. Si domandava se, superate le 200 pagine, avrebbe finalmente decollato…

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L’ombra del vento, che decolli o meno ha i suoi pregi

Non sta a me giudicare le impressioni o le riserve che, naturali, sopraggiungono durante la lettura. Non ho commentato la considerazione del lettore in sé per questo motivo, ma mi è piaciuto leggere i commenti altrui che, molto educatamente, esprimevano il loro parere.
In molti hanno affermato che probabilmente L’ombra del vento non era il suo genere, altri hanno confessato di averlo trovato un po’ noioso e altri ancora hanno fatto il tifo affinché la sua lettura venisse conclusa.

La lettura è soggettiva, questo è un dato di fatto. A colpirmi è stato l’uso del verbo decollare riferito al romanzo di Zafòn e, effettivamente, non decolla. Almeno, non nel senso stretto del sentimento o del grado di coinvolgimento che forse il lettore si aspettava.

Più che decollare, L’ombra del vento assorbe e conduce nelle profondità e nei segreti seppelliti nel Cimitero dei Libri Dimenticati. Il luogo dove Daniel, il protagonista, viene introdotto dal padre librario quando è ancora un bambino:

«Sono cresciuto tra i libri, in compagnia di amici immaginari che popolavano pagine consunte, con un profumo tutto particolare».

Fin dalle prime pagine mi sono sentita accompagnare nei corridoi e tra gli scaffali carichi di libri dimenticati. Sono entrata subito in sintonia con il concetto universale che i libri non sono altro che i contenitori dell’anima di chi li ha scritti. Sono l’unica via di fuga e di salvezza dall’oblio. Come Daniel mi sono sentita chiamata in causa e desiderosa di rispettare le regole del luogo:

«La tradizione vuole che chi viene per la prima volta deve scegliere un libro e adottarlo, impegnandosi a conservarlo per sempre, a mantenerlo vivo».

Proteggere, conservare, indagare ciò che viene strappato alla dimenticanza mette l’accento sulla riesumazione degli eventi, nel portare alla luce un passato scomodo, nell’affrontare le proprie paure. È una ricerca che corre verso il basso non, come fa immaginare il verbo decollare, verso l’alto. Una volta subentrato il ricordo, le storie di Daniel e del libro da lui adottato, scritto da Juliàn Carax, pur correndo su due binari paralleli, si fondono, si mescolano fra loro.

La narrazione scorre lungo il tempo e lo spazio. Il paesaggio è costituito dalle vite spezzate e dal dolore che ha attraversato e ferito un Paese e i suoi attori ‘non’ protagonisti.

L’ombra del vento non può piacere a tutti, magari non decolla in un susseguirsi di eventi inaspettati e sconcertanti però ha i suoi pregi perché si lascia seguire e, pian piano, rivelare.

L’ombra del vento, indizi per rinascere dall’oblio

«Viviamo in un mondo di ombre, Daniel, e la fantasia è un bene raro».

È con questa frase che Clara, nipote del colto e facoltoso libraio Barcelò, si presenta a un giovanissimo protagonista. Cieca e bellissima, la donna è il primo contatto con Julian Carax. È la prima a fornire il primo indizio sulla storia del suo autore ed è la prima donna che cerca di proteggere dal maligno, dalla crudeltà, dalla vendetta e dalla morte.

Il libro che Daniel ha adottato è un vaso di Pandora, una volta letto non è possibile tornare indietro. La città nella quale si muovono i personaggi de L’ombra del vento, Barcellona, non ha nulla a che fare con il clima festoso, colorato e spensierato che ispira. Barcellona è donna, dice Jacinta, umile governante della sfortunata Penelope e amata di Juliàn.

Una donna che tra lividi e cicatrici non riesce a guarire da due ferite che non smettono di sanguinare, la Guerra Civile e la Seconda Guerra Mondiale.

Ferite tenute aperte e infettate da chi, sul massacro e sul dolore, ha fatto la sua fortuna come Javier Fumero. Quest’ultimo non gode solo nell’assassinare, ma ha fatto di questo suo macabro talento una missione. Non è solo roso dallo spirito di vendetta e prevaricazione, Fumero è stato un invisibile, un non amato e per questo desidera cancellare chi possiede qualità umane delle quali ne è completamente privo. Così come il capostipite degli Aldaya  distrugge sé stesso e chi dovrebbe amare omettendo la verità e condannando i suoi cari all’oblio, così Javier opera una sistematica eliminazione di quanti erano in grado di vedere la natura marcia e subdola della sua essenza.

L’oblio e la morte sono sinonimi Nuria Monfort lo sa bene:

«Juliàn è morto solo, convinto che nessuno si sarebbe ricordato di lui o dei suoi libri, pensando che la sua vita fosse stata inutile […] Gli avrebbe fatto piacere sapere che qualcuno voleva ricordarlo. Diceva sempre: esistiamo fintanto che siamo ricordati».

Per tornare alla vita è quindi necessario seguire il consiglio dell’amico, devoto e sincero, di Julian Carax, Miquel Moliner:

«[…] Scrivi dei libri. […] E conserva i tuoi sogni, non puoi sapere quando ne avrai bisogno».

Per conservare la vita è invece necessario adottare il pensiero di un’altra donna fondamentale ne L’ombra del vento:

«Bea sostiene che leggere è un’arte in via di estinzione e che i libri sono specchi in cui troviamo solo ciò che abbiamo dentro di noi e che la lettura coinvolge mente e cuore, due merci sempre più rare».

Per questo sono convinta che L’ombra del vento di Carlos Ruiz Zàfon sia un bellissimo libro, così come sono certa che lo sono anche Il gioco dell’angelo e Il prigioniero del cielo. Questi ultimi non li ho ancora letti, ho preferito rivivere le emozioni del primo capitolo atto della serie intitolata Il Cimitero dei Libri Dimenticati. Colmerò anche questa lacuna.

Ti lascio i dati dell’edizione in mio possesso. Ho fatto una piccola ricerca e online risulta fuori catalogo, ma non dovrebbe essere difficile reperirlo in un’altra collana, sempre Mondadori. 🙂

Autore: Carlos Ruiz Zafòn
Titolo: L’ombra del vento
Titolo Originale: La sombra del viento
Traduzione: Lia Sezzi
Casa Editrice: Mondadori
Collana: I Miti
Pagine: 571
Anno di pubblicazione: giugno 2008
Prezzo di copertina: € 6

Photo Credits: Immagine in evidenza via Flickr

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7 Comments

  • Reply athenabruna 17 Giugno 2015 at 10:53

    Ho letto L’ombra del vento l’anno scorso o a fine 2013, non ricordo bene. Non mi era dispiaciuto; certo, è una lettura da intrattenimento, ma mi aveva intrattenuta con un certo piacere. Ho in ebook il secondo libro della saga e in cartaceo il terzo. Prima di leggere il seguito, ho letto un altro suo romanzo, Marina. Avevo molte aspettative, invece mi ha delusa e , allo stato attuale, non mi sento stimolata a leggere di nuovo Zafon.

    • Reply Rita Fortunato 17 Giugno 2015 at 18:16

      Questo è anche uno dei motivi per il quale non ho proseguito la trilogia. Avevo paura di perdere ciò che avevo provato con L’ombra del vento. 🙂

  • Reply Francesco Ambrosino (@Fra_ambro) 17 Giugno 2015 at 13:09

    Io l’ho letto anni fa e l’ho adorato, credo che sia uno dei libri più belli, tra quelli contemporanei, che abbia letto in vita mia. Non sono d’accordo sul fatto che non coinvolge, perché a me ha invece coinvolto molto, anche emotivamente, perché racconta una storia intrigante e molto affascinante, ambientata in una città che non mi è mai capitato di trovare in altri romanzi, con dei personaggi ben tratteggiati, l’idea di fondo è molto originale, il linguaggio molto moderno, come piace a me.

    Insomma, un gran bel libro, da leggere e rileggere.

    • Reply Rita Fortunato 17 Giugno 2015 at 18:20

      Lo credo anch’io, é coinvolgente ma è anche vero che la lettura è soggettiva, come l’intensità delle emozioni percepite da ogni singola persona.

  • Reply Sonia 18 Giugno 2015 at 12:17

    Ho amato, vissuto, sentito e respirato questo libro. La sola idea della Biblioteca mi emozionava e ti ringrazio per aver riattivato quella emozione.
    Adottata 😉

    • Reply Rita Fortunato 18 Giugno 2015 at 13:44

      Grazie a te per aver apprezzato il post, Sonia. ♡

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