Per oggi avevo la mezza idea di parlarti di un libretto che mi è stato regalato per via delle sue illustrazioni per poi collegarlo alla visione che ho di Instagram, social che considero un allenamento per l’anima.
Stamattina mi ha colpito un post di Ludovica De Luca dove chiedeva quanto viola ci fosse nei nostri blog.
Il discorso verteva sul libro di Seth Godin, La mucca viola (è nella mia lista di libri da leggere) e su come far emergere la straordinarietà di ogni singola persona e professionista in un contesto di marketing. Premesso che non sono competente nella materia trattata da Ludovica, sono rimasta colpita dai risvolti simbolici del colore viola.
Ora voglio provare a mettere insieme tutti i pensieri che mi sono sorti nel corso della conversazione stimolata dall’articolo segnalato.
Il libro di cui ti volevo parlare, Ondine
Ondine è un libretto, edito Rizzoli, che penseresti di trovare nella sezione ragazzi ma non è così. Per via delle illustrazioni di Benjamin Lacombe e, secondo me, anche per la storia in sé, la persona che me l’ha regalato l’ha trovato nella sezione romanzi.
La libraria ha concluso la vendita affermando che dato il mio percorso scolastico adolescenziale (provengo da un fu Istituto d’Arte ora divenuto Liceo Artistico) non potevo non apprezzare un simile dono.
Telepatia? Divinazione? Non lo so ma, effettivamente, Ondine mi è piaciuto molto.
Ho letto la storia in poco meno di 20 minuti e mi sono soffermata più e più volte sui singoli disegni. I colori adottati dall’artista sono cupi, tra il verde più scuro al grigio più livido. L’unica nota di colore, i capelli della protagonista, Ondine appunto. Lunghi e di un rosso vivo.
La fanciulla è uno spirito delle acque quindi una creatura fatata rappresentata secondo i canoni classici della letteratura. Le fate e gli spiriti delle foreste non sono creature amabili, ma sono capricciose e, in quanto non umane, prive di anima. Ondine però sembra voler conquistarsene una tutta sua e, per farlo, incanta il cuore di un cavaliere.
Lo stile di scrittura è molto semplice, a tratti può sembrare banale ma il finale è tutt’altro per scontato e mi ha fatto supporre che il senso dell’intera narrazione volesse concentrarsi su ciò che è inconscio e sui frammenti che compongono quello che noi chiamiamo anima.
Cosa centrano Instagram e il viola in tutto questo?
Come ti ho già accennato, per me Instagram è un allenamento per l’anima. Io fotografo principalmente fiori e libri in quanto dettagli sofisticati di uno stesso universo. Con i loro colori, le loro geometrie e la loro apparente fragilità sono gli elementi naturali che meglio rappresentano la purezza e l’incorruttibilità dell’anima. L’anima è incorruttibile e pura perché si rinnova in continuazione, così come i fiori nascono, sbocciano e appassiscono per rinascere nella primavera successiva.
Anche le storie hanno la stessa funzione, tramandare e conservare gli insegnamenti per la conoscenza di sé e la cura della propria anima. Lo spiega bene Clarissa pinkola Estes nel suo libro Donne che corrono coi lupi.
E il viola? Ludovica De Luca è stata molto precisa, con la sua domanda, nel collocare questo colore in un contesto prettamente professionale dove la concorrenza è veramente tanta, tantissima. Per sopravvivere in questo mondo di squali è necessario rendersi riconoscibili e straordinari, una mucca viola tra tante marroni.
La conversazione in #adotta1blogger ha però preso un’altra piega.
A me il viola anche piace, ma mi fa paura. È un colore legato all’ignoto, all’inconscio e all’aldilà. È un colore dal significato simbolico potente e molto pericoloso perché conduce alla follia non legata alla mente e alle illusioni che noi ci costruiamo ma a quella del cuore e dell’anima. La follia prodotta dalla mente si può arginare e “curare” mentre quella scaturita dalle percezioni emotive, dal sentire, no. Distrugge e corrompe la nostra parte più antica e profonda e per questo il viola va usato con cautela.
La straordinarietà è qualcosa che, personalmente, vedo tutti i giorni e, per emergere, a me verrebbe di attuare il comportamento contrario. Cogliere il dettaglio dell’ordinario perché è lì che secondo me si cela lo straordinario. In questo modo, una volta inspirata la normalità non resterebbe altro che espirare la straordinarietà, in equilibrio tra esterno e interno, tra anima e corpo.
Insomma, tra libri, post e letture varie oggi mi sono fatta un film mentale alquanto strano.
Per questo preferisco l’azzurro, ha un effetto calmante su di me e ne ho bisogno per cercare un mio equilibrio. È meglio essere straordinari e perduti o normali e integri? Lasciare una traccia sulla sabbia o lasciare qualcosa che si rinnovi ciclicamente?
Non so quale sarebbe la risposta corretta, in fondo, le possibilità sono infinite. Intanto che ci rifletti su, ti lascio i dati del libro Ondine, sia mai che ti vada di sfogliarlo…
Autore: Benjamin Lacombe
Titolo: Ondine
Traduzione: Marinella Di Palma
Casa Editrice: Rizzoli
Anno di pubblicazione: 2013
Prezzo di copertina: € 18
4 Comments
Adoro Lacombe, voglio anche io uno dei suoi libri. Queste immagini soavi e inquietanti allo stesso tempo…un po’ come il viola, d’altro canto, che non deve esser per forza indossato, ma è uno stato d’animo. ciao Rita!
Ciao Bruna! Sì, i suoi disegni sono deliziosi. Sai, un po’ mi ricorda lo stile dell’Art Noveau, ha dei dettagli deliziosi.
A proposito, aspetto il tuo post. Sono molto curiosa di leggerti. 🙂
Presto sul mio blog 😊
😀