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Identità e cambiamento, siamo o interpretiamo?

29 Maggio 2015
Identità e cambiamento, siamo o interpretiamo?

Questa settimana ho parlato di libri in cui le parole chiave sono identità e cambiamento, con tutte le opportunità e i rischi che rappresentano.

Parole che hanno una valenza e un significato basilare sia nel web sia nel mondo fisico e reale. Parole estremamente umane eppure evanescenti, effimere, indefinibili perché fanno parte della sfera della percezione e della soggettività. Parole che vanno, parole che restano, parole da rileggere alle quali tornare quando la confusione sale.

 

Identità e cambiamento, ragione o istinto?

In tutti i testi che ho letto, professionali e non, si spiega come abitare la rete e stringere relazioni all’interno di essa. Per farlo è necessario costruire una forte identità utilizzando i canali social e rendersi consapevoli del cambiamento in atto. Un processo che però, malgrado la velocità e l’impressione di continuo rinnovamento informativo che naviga sul web, non è né immediato, né logico, né lineare ma porta a fare esperienze diverse, con il rischio di percorrere strade che vanno fuori tema. Succede, infatti, che pur essendo consci di sé stessi e delle proprie competenze ci si perda. È qui che sorgono i miei dubbi, sulla costruzione di una propria identità che sia quanto più possibile alla realtà oggettiva, fisica. La mia identità combacia con la percezione che ho di me stessa o con quella che gli altri hanno di me?

L’identità si evolve nel tempo e in base alle esperienze e alle persone che incontriamo. C’è sempre una parte di noi che ci sfugge e solo fermandoci, per poi rimetterci in movimento, possiamo capire realmente chi siamo. Tuttavia, se ci si sofferma troppo nel distinguere cosa è fisso, immobile e cosa è moto e cambiamento, il mal di testa è assicurato.

Credo che ci voglia anche un po’ di incoscienza o beata ignoranza per soffermarsi a riscoprire sé stessi, per poi ripartire sull’onda del cambiamento. Quella che io chiamo incoscienza o beata ignoranza non è stupidità o superficialità. Tu potresti chiamarlo istinto o impulso. In ogni caso, ha sempre a che fare con le percezioni e, se si riesce a distinguerle l’una dall’altra, facendo subentrare la ragione, non solo è possibile costruirsi una propria identità ma anche muoversi in armonia con i cambiamenti, con le inversioni di rotta che si incontrano nel cammino di ogni singolo individuo e, di conseguenza, con la collettività.

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Noi siamo ed interpretiamo noi stessi

Non so se lo si fa ancora, ma ho un ricordo indelebile dell’ultimo anno delle medie e di un test attitudinale alla quale la nostra classe è stata sottoposta, per indirizzare ogni alunno alle scuole superiori più adeguate. Immancabile la domanda: cosa vuoi fare da grande?

Mi sono dimenticata di segnalarti che avrei voluto fare anche l’attrice. Veramente non è proprio così, più che dimenticarmene, me ne sono vergognata perché, all’epoca, la professoressa, non appena lesse questa mia velleità, rise di gusto scatenando di conseguenza l’ilarità dei miei compagni. Quel ruolo non era proprio da me, la mia memoria è pessima e non sono molto brava a nascondere le emozioni che provo nel presente.

Una volta stroncato il mio futuro nel mondo dello spettacolo, ottenni pure il colpo di grazia leggendo il risultato finale del test. Ero adatta per un qualsiasi istituto tecnico-professionale, della durata massima di tre anni. Grazie al cielo, seppur sentendomi mortificata, non ho seguito quel consiglio e quella visione che altri hanno avuto di me e ho intrapreso altri percorsi.

La figura dell’attore mi attraeva perché si potevano assumere tutte le identità volute o immaginate. Il lavoro perfetto per chi non sa chi è e che vorrebbe essere (o potrebbe fare) tante cose. La bravura sta nell’interpretare sé stessi, nel gioco di luci e ombre dell’immenso palcoscenico che è la vita.

Forse oggi non so dirti esattamente chi sono, ma sento che sono un po’ più cosciente della mutevolezza della mia identità. Una coscienza che mi porta a chiedermi anche come la mia persona viene percepita perché credo che, se riesco a capire cosa ispirano ad altri i miei scritti o le mie fotografie, posso identificare dei punti fermi che mi contraddistinguono.

Starei e mi muoverei in sintonia con la catena di eventi e di persone con le quali entro in contatto. Non per piacere a tutti o per dimostrare qualcosa ma per costruire la mia identità sia in modo oggettivo, sia in modo soggettivo. Di conseguenza, la mia percezione combacerebbe con quella altrui senza esserne succube.

E tu, cosa ne pensi? Qual è la tua idea di identità e di cambiamento?

Photo Credits: Immagine in evidenza I Love Creativity

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