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Scienza, trasversalità e impegno sociale

15 Maggio 2015
Scienza, trasversalità del sapere e impegno sociale

Ho affermato di non avere una mente scientifica. Mi sono sempre sentita più adatta alla sfera artistico – umanistica e ho scelto un percorso che, secondo il comune pensare, è effimero e inutile.

Per questo sono rimasta un po’ perplessa quando una laureanda in Scienze della Formazione, amante di tutto ciò che ha a che fare con la matematica, la logica e la scienza, mi ha chiesto consigli per la stesura della sua tesi. Sono andata nel pallino, come poteva la mia formazione inutile tornarle utile?

Dato che è una persona che stimo, ho colto quella che sembrava una sfida e ho scoperto un concetto nuovo, la trasversalità.

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Metodo e atteggiamento scientifico: il progetto Terra, toccando la vita.

Argomento di tesi era di presentare un progetto specifico realizzato dalla laureanda durante il suo tirocinio svolto all’interno di una Scuola dell’Infanzia (un tempo si diceva asilo) e intitolato Terra, toccando la vita.
In fase pratica, la maestra ha attuato un approccio educativo diverso da quello dogmatico, volto a sviluppare nei bambini di età inferiore ai 6 anni un atteggiamento scientifico. Già il termine atteggiamento mi ha colpito molto perché in linea con un modo di educare rispettando le esigenze e le esperienze dell’individuo, a prescindere dall’età.

I fanciulli sono stati indirettamente stimolati a porsi delle domande, ad esplorare, a formulare delle ipotesi. In tutto questo l’intervento dell’adulto è stato ridotto al minimo, l’intento non era di manipolare le giovani menti ma di guidarle verso la conoscenza scientifica.
Ho passato pomeriggi interi ad ascoltare le argomentazioni a sostegno di quello che oso definire un metodo educativo.

Decreti ministeriali, l’evoluzione dell’approccio scientifico, da deduttivo a sperimentale, nel corso della storia, le idee dei maggiori esponenti della pedagogia e della psicologia infantile e l’esperienza diretta dell’insegnante sono tutti passati al vaglio e messi per iscritto. Mi affascinava il modo con cui la laureanda mi introduceva i suoi pensieri e i suoi dubbi.

Si percepiva la passione e la dedizione che traspariva da quella che per lei è una vera e propria vocazione che non stava nell’imporre un metodo rigido e canonico di apprendimento ma nel mettere a disposizione del bambino gli strumenti adatti per crearsene uno. In questo modo il bambino è più propenso a diventare un adulto consapevole, integrato nella sua società di pertinenza ma anche aperto a studiare la realtà circostante utilizzando diverse prospettive. È qui che è entrato in gioco il concetto di trasversalità.

Un atteggiamento scientifico equilibrato determina la trasversalità

Punto focale della formazione di un corretto atteggiamento scientifico è la domanda, il dubbio che ci si pone davanti a un fenomeno ignoto e la curiosità, la voglia di comprenderne tutte le parti che lo determinano.

Leggendo le considerazioni dei bambini raccolte dalla laureanda in una delle attività da lei predisposte, non ho potuto fare a meno di sorridere per il candore con il quale gli allievi formulavano le loro ipotesi riguardo a un determinato esperimento svolto in classe e ad ammirarne il processo logico di base.

Il pensiero espresso da un fanciullo ha qualcosa di straordinario perché libero da pregiudizi culturali e sociali. Ha qualcosa di puro, forse ingenuo, ma non per questo meno razionale. La curiosità e il desiderio di scoperta attraverso la sperimentazione e l’apprendimento sensoriale sono innati nei bambini molto piccoli ma, come spesso accade, si spengono quando, nel corso della carriera scolastica, entrano in contatto con l’insegnamento dogmatico e il passivo assorbimento di nozioni.

Tema centrale della tesi quindi, era di fare in modo che tali peculiarità non vengano meno nel corso degli anni e di incanalarle verso un’osservazione attiva, consapevole e equilibrata di sé, della realtà circostante e degli altri, con tutte le loro interazioni.
Una volta raggiunto l’obiettivo le conseguenze, a lungo termine, porterebbero a persone in grado di ragionare autonomamente e l’atteggiamento scientifico formatosi risulterebbe applicabile anche in altri campi del sapere. La conoscenza vincerebbe sul mero nozionismo e verrebbe padroneggiata da individui creativi, curiosi e costruttivi.

Non è un lavoro semplice perché obbliga l’adulto e, soprattutto l’insegnante, a distruggere i propri preconcetti per ricostruire ex novo il proprio atteggiamento, in un’ottica diversa, nuova. Il maestro non deve solo tramandare la sua conoscenza, ma a fare in modo che l’allievo desideri accedervi ad essa.

Basta leggere la definizione di trasversalità offerta dalla Treccani per avere un’idea, magari nebulosa, di ciò che l’insegnante in generale si trova a dover affrontare:

«Trasversalità: in pedagogia, le possibili interazioni o sinergie fra esigenze, valori, linguaggi, prospettive che si affermano in ambiti socioculturali diversi […] ponendo problemi di ristrutturazione o riconsiderazione unificante».

È facile dire a uno studente perché si verifica un determinato evento buttando lì una risposta preconfezionata. Ci si libera da molte responsabilità.

La laureanda in questione, invece, ha scelto il percorso più arduo ovvero relazionarsi con i suoi allievi affinché essi stessi si pongano una domanda e da essa partire per trovare una risposta ma, nel mettere per iscritto tutta la sua esperienza, si è trovata in difficoltà e ha fatto una cosa che ogni insegnante dovrebbe fare. Ha cercato il confronto e la critica non solo di chi era esperto in materia ma anche di chi, come me, non ne sa nulla.
È stato bello conversare e interagire con lei perché dalla sua personalità traspaiono le qualità che ho ammirato in Margherita Hack, curiosa osservatrice e donna fortemente impegnata nel sociale, e che lavora per creare un mondo che sia quanto più possibile dalle realtà distopiche formulate da Margaret Atwood. Mi ha infuso speranza nel futuro.

Non so se ho reso bene il tema di oggi ma sono rimasta così affascinata dall’argomento che mi piacerebbe entrare nella sua classe, mescolarmi con i suoi piccoli allievi e svolgere con essi le attività del giorno.

Che dici? Potrei passare inosservata e sembrare un’allieva di quattro anni al massimo?

Photo credits: via pixabay.com, alla voci tutela ambientale e parco giochi.

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6 Comments

  • Reply nickmurdaca 15 Maggio 2015 at 13:54

    Rita, se non fosse per il piccolo dettaglio che ho passato da 6 e mezzo i quaranta, mi piacerebbe fare parte di quella classe, anche solo per una mattina! Non conoscevo il significato pedagogico della trasversalità: grazie a te, adesso sono un po’ più consapevole che un atteggiamento equilibrato, fondato su domanda e interazione, siano per il bambino un’opportunità per diventare un adulto creativo e, a mio avviso, responsabile e protagonista della sua vita.

    • Reply Rita Fortunato 15 Maggio 2015 at 14:31

      Nick Murdaca, sono contenta di averti trasmesso qualcosa con questo post. Togli il quaranta e hai l’età giusta per attuare il nostro proposito. Nessuno potrebbe scoprirci! 😉

  • Reply Daniele Maisto 15 Maggio 2015 at 15:40

    Direi che questo è un modo illuminato di insegnare. Auguro alla laureanda in questione di poterlo mettere in pratica. Mi prenoto per un paio di anni da ripetente 😀

    • Reply Rita Fortunato 15 Maggio 2015 at 16:16

      Sono d’accordo con te, Daniele. Riferirò alla, attualmente, laureata a pieni voti. 😀

  • Reply gloriavanni 20 Maggio 2015 at 12:11

    … La curiosità e il desiderio di scoperta attraverso la sperimentazione e l’apprendimento sensoriale sono innati nei bambini molto piccoli ma, come spesso accade, si spengono… Purtroppo, Rita, spegniamo quelle meravigliose energie che la natura ci dà. Grazie per questo tuo post, prima o poi arrivo e fortunata la giovane fanciulla che ha trovato la tua trasversalità. Siamo trasversali ma non multitasking!!! E non credo tu possa passare inosservata però mai perdere la speranza, vero? 🙂

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