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Leggere Margaret Atwood: Il racconto dell’ancella

13 Maggio 2015
Recensione: il racconto dell'ancella di Margaret Atwood

Il racconto dell’ancella è stato ristampato, Margaret Atwood è tornata a Pordenone Legge. Sono passati tre anni da quando la vidi sul palco per presentare la trilogia dell’Adamo Pazzo e raccontare progetti presenti e futuri.

A primo impatto, l’autrice ha ispirato la mia immediata simpatia. Saranno state la sua figura minuta e l’età avanzata, il suo sottile e raffinato senso dell’umorismo, il cappellino e la giacca rosa pastello che indossava, ma prima ancora che iniziasse l’incontro mi sono sentita motivata a conoscerla anche attraverso i suoi scritti.  Non avevo mai letto nulla di lei. Sapevo solo che nel corso della sua lunga carriera di romanziera è stata capace di creare scenari distopici pericolosamente verosimili.

Tuttavia, cosa vuol dire distopia? Qual è la visione narrativa che Margaret Atwood segue fin dagli anni ’80 e quanto ha saputo essere lungimirante con le sue storie? Per trovare risposta a queste domande, mi sono lasciata convincere a leggere Il racconto dell’ancella.

Non ho ancora avuto il coraggio di guardare l’adattamento televisivo, ancora ricordo le inquietudini provate in corso di lettura e che ho cercato di riportare in questa recensione.

Il racconto dell’ancella: leggere le previsioni distopiche di Margaret Atwood

Il racconto dell’ancella parte in prima persona. La protagonista si racconta e si svela pagina dopo pagina. All’inizio non si capisce nulla di quanto stia accadendo, come la voce narrante anche il lettore sembra indotto ad indossare una sorta di paraocchi interiore, al pari delle alette imposte sul capo delle ancelle. Espedienti che limitano la visibilità a queste fattrici coatte facendole affermare che hanno:

«imparato a vedere il mondo a piccoli assaggi».

Ci si sente trasportati in un regime totalitario futuro (o presente?) mentre i ricordi di una cultura andata perduta affiorano nella mente dell’ancella, come i rifiuti in un corso d’acqua. Rifiuti. Riviste, film, libri, libertà d’espressione in questo romanzo non esistono, sono stati bruciati per proteggere la popolazione femminile e incentivare il tasso di natalità della società descritta. È un mondo dove l’umanità stessa è stata bruciata lasciando spazio a corpi vuoti.

Le donne qui sono protette, dice la protagonista. Protette da sé stesse tramite una netta e rigida classificazione in mogli e ancelle. Queste ultime svolgono una funzione primaria di prosecuzione della specie venendo assegnate d’ufficio a un esponente, privo di figli, della dittatura costituitasi. Le ancelle sono donne che furono mogli in seconde nozze, lavoratrici e madri. Per questo motivo il loro stile di vita venne dichiarato illegale. La loro esistenza non viene interrotta ma gestita a fini riproduttivi.

L’amore è un effetto collaterale che non deve presentarsi poiché, secondo la mentalità sociale presentata dalla Atwood, la felicità della donna risiede nell’assolvere, a beneficio altrui, i suoi bisogni fisiologici attraverso la procreazione controllata. Parlando delle donne del passato, la protagonista afferma:

«Sembravano in grado di scegliere. Eravamo una società che moriva per troppa libertà di scelta».

La troppa libertà di scelta ha quindi determinato il declino demografico della società passata. Per ritrovare l’equilibrio (anche razziale) alla popolazione femminile è stata tolta la suddetta libertà, al fine di proteggerla.

Fa orrore leggere una simile prospettiva ma, in verità, il rischio che ciò avvenga non è così lontano ed è da aggiungere anche il fatto che questa graduale sottomissione del femminino a scopi dittatoriali avviene tramite la legittimazione del pregiudizio e dell’ignoranza. Le ancelle debbono avere fede e tutte le loro azioni risentono del linguaggio e di alcuni precetti, abilmente manipolati e distorti, derivanti dalla religione. Si parla di Dio, di Occhi, di Custodi, di Angeli. Tutto solo per mascherare un’altra realtà, fondamentalmente ipocrita, deleteria e repressiva.

Eppure la protagonista cerca una via di fuga e lo fa attraverso il racconto. Narra la sua storia, passata e presente. A piccoli assaggi. Solo alla fine il puzzle sembra completo ma rimane lo stesso qualcosa di indefinito e tante domande senza risposta. Sta al lettore decidere per il triste o il lieto fine.

Io ho preferito la seconda opzione perché la protagonista si descrive come un corpo vuoto ma non è tale, il suo bisogno di raccontare e di raccontarsi, le sue emozioni e i suoi pensieri l’hanno fatta sopravvivere e il suo lascito viene rinvenuto in un altro tempo futuro, permettendole di guadagnarsi la libertà, di fuggire dai confini che le erano stati imposti. Ha corso un rischio, trovando il modo per lasciar traccia di sé e delle sue catene.

Il racconto dell'ancella di Margaret Atwood

Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood in una vecchia edizione Mondadori

Il racconto dell’ancella è datato 1985 e già 30 anni fa Margaret Atwood dipinse una realtà che non è poi così distante da quella odierna e il fatto che sia stata ristampata da Il ponte alle Grazie e sia diventata una serie tv ne è la conferma. Il racconto dell’ancella, con le sue previsioni distopiche è anche un monito e un motivo anche per rivalutare una materia importante, bistrattata nelle aule scolastiche e dagli studenti, la storia. Più volte mi sono sentita rivolgere questa domanda:

«A cosa serve studiare la storia?»

Non ho mai saputo rispondere finora e, se mi venisse rivolta ancora, consiglierei caldamente questa lettura.

L’apprendimento mnemonico della storia è inutile, diventa utile quando invece si riflette sui fatti passati per muoversi con accortezza nel presente e per gettare le basi di un futuro vicino all’utopia e quanto più possibile distante dalla distopia.

Da Il racconto dell’ancella a Margaret Atwood: una mente scientifica e romanziera lungimirante

Al di là della lettura de Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood mi è rimasto impresso, durante l’incontro organizzato da Pordenone Legge, il fatto che questa romanziera lungimirante sia a sua volta figlia di scienziati. Per l’intelligenza e il garbo, ha un modo di leggere la realtà che ricordano molto lo stile e la personalità di Margherita Hack. Istintivamente mi sono parse moralmente simili, per sensibilità e impegno sociale ed è curioso rilevare anche la omonimia nel nome di battesimo.

All’epoca la Atwood presentò la Trilogia dell’Adamo Pazzo rilasciando anche qualche approfondimento sulla sua partecipazione alla Biblioteca del Futuro, progetto promosso dall’artista Katie Paterson e del quale ne ho scritto un piccolo articolo per Diario di Pensieri Persi. Avevo la sensazione di avere di fronte a me un’altra donna estremamente intelligente, nata e cresciuta in un ambiente dove la logica e la razionalità la facevano da padrone ma che non hanno pregiudicato la sua creatività e la sua spiritualità.

Margaret Atwood ispirava un che di profetico che a distanza di anni, si è rivelato attualissimo. Leggerla equivale avere una panoramica e un’idea precisa di cosa vuol dire analizzare il presente per ipotizzare mondi distopici sui quali è bene soffermarsi, se non si vuole rischiare di finirci dentro senza accorgersene andando oltre e più a fondo della storia da leggere.

Autore: Margaret Atwood
Titolo: Il racconto dell’ancella
Titolo Originale: The Handmaid’s Tale
Traduzione: Camillo Pennati
Casa Editrice: Ponte Alle Grazie
Pagine: 398
Anno di pubblicazione: 1° giugno 2017
Prezzo di copertina: € 16.80

Photo Credits: via pixabay.com

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7 Comments

  • Reply eva emblematica - favolesvelte/2 15 Maggio 2015 at 7:47

    Adoro la Atwood.

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