Nuova settimana, nuovi libri di cui parlare. Questa volta voglio raccontarti di due autrici alle quali sono particolarmente affezionata e che ho conosciuto online.
Il motivo di questa scelta è dato dal fatto che vorrei poterle incontrare di persona.
Oggi inizio con il romanzo Io, Liam di Antonella Albano, ma ti aspetto mercoledì per chiacchierare del racconto lungo Umbria She Said di Elisabetta Bricca. Sono scrittrici diverse per esperienze e personalità ma, nella loro unicità, ugualmente raffinate. Oltre che appassionate lettrici.
Una piccola premessa per la tarantina Antonella Albano. È un’insegnante di lettere che ha scelto di condividere la sua passione per la letteratura italiana con gli adulti frequentanti le scuole serali. Di ruolo dal 2001, vanta varie competenze anche nel campo dell’editoria. A livello umano, oltre che professionale? Che sia una persona squisita, è dir poco.
Questa mia fascinazione forse è anche data dal fatto che, anni addietro, ho potuto dare una sbirciatina alle terre pugliesi. In particolare, ho trascorso due settimane a Vieste, sul Gargano. La prima cosa che feci fu quella di sedermi in riva al mare, era sera. Non potevo vederlo, ma potevo sentirlo. Erano tre anni che non andavo in spiaggia, avevo 16 anni e in quel periodo la mia famiglia preferiva le escursioni montane.
Di Vieste ricordo la musicalità del dialetto locale, un giovane artista ceco che abbozzava le linee e le architetture della cittadina e, il mare in tempesta.
Purtroppo sono stata sfortunata, le mie vacanze sono state segnate dal brutto tempo, solo durante il mio ultimo giorno spuntò il sole e mi è rimasta un’immagine fugace della bellezza che andavo lasciando. Bando ai sentimentalismi. Vieni a conoscere Antonella Albano e il suo Io, Liam?
Antonella Albano e la sua Taranto vampiresca in Io, Liam
Hai visto il fiore che ho scelto di mettere ad apertura di questo paragrafo? È una specie di ortensia e mi piace per l’opulenza della sua forma, per la semplicità degli elementi che la comprendono e per il profumo che emana, intenso e dolce. Ho reso l’idea? Ecco, questa è la visione che ho di Antonella Albano. Nelle foto appare piccina, dolce e adornata da una cascata di ricci ribelli.
L’ho conosciuta quando mi sono affacciata al mondo del web, grazie alla prima collaborazione per il blog letterario collettivo Diario di Pensieri Persi, del quale ti parlerò più avanti (dammi tempo) e per il quale scrivo ancora qualche recensione. Antonella si è subito dimostrata affettuosa e calorosa come solo un abitante del Sud Italia può essere, le ho voluto subito bene e, incuriosita dalla sua passione per la scrittura e per il tema vampiresco, ho ordinato e letto uno dei suoi romanzi, intitolato Io, Liam.
Leggere Io, Liam: trama e impressioni
Devo ammettere che, a parte una cotta adolescenziale per streghe e vampiri, non seguo molto questo genere letterario e, fino all’ultimo, mi sono rifiutata di guardare l’adattamento cinematografico della saga di Twilight. Alla fine, o leggevo i libri di Stephenie Meyer o guardavo i film. Ho scelto la seconda opzione e non mi ha invogliata a prendere in considerazione la prima. Questo perché tendo ad essere molto puntigliosa per quanto riguarda determinate figure letterarie.
Il vampiro è un essere dannato, è la somma di tutte le nostre paure e del lato peggiore della nostra personalità. Santificarlo va oltre la mia umana comprensione.
Tuttavia, ho voluto leggere il romanzo di Antonella Albano perché è una donna fiduciosa nell’amore e nella redenzione. Inoltre, mi incuriosiva come mai una persona così luminosa, cattolica e fortemente credente fosse così attratta dalle tenebre e desiderosa di narrare le vicende di un essere la cui natura è quella di risucchiare non solo la vita, ma anche l’anima, la luce interiore di chi incontra lungo il suo cammino da immortale.
Durante la lettura mi sono commossa, ho sentito l’impulso di abbracciare l’autrice. In più, dopo aver letto anche un suo racconto breve, edito sotto pseudonimo, Prigioni, ho realizzato che il suo stile di scrittura ha qualcosa di sensuale. Sono rimasta affascinata da questa curiosa dicotomia. La storia di Io, Liam è molto semplice, narra di un vampiro, la cui età si misura in secoli e non in anni (come è naturale che sia) e del suo incontro con la contemporanea Elisa la quale, baciata dal dono di una bella voce, esprime se stessa attraverso il canto.
In seguito, ho espresso i miei dubbi ad Antonella, fondatrice del blog liamromanzo e di un altro spazio web dedicato alle serie tv sul tema, shadowcatlovesseries e che rimanda anche al sito ufficiale della scrittrice. Non si è risparmiata e abbiamo avuto un dialogo molto denso, ricco di spunti di riflessione su molteplici tematiche.
È stata così esauriente che non ho trovato nulla che mi impedisse di riportare integralmente il suo commento quindi, mettiti comodo e goditi la lettura. Io mi limiterò a sottolineare alcune frasi che mi hanno particolarmente colpita e che, in un certo modo, riflettono il mio pensiero, liberandomi da eventuali pregiudizi.
Amore e vampiri, desiderio e fede. La visione di Antonella Albano
«Allora, comincio col dire che il motivo per cui i vampiri mi hanno tanto affascinato è legato al fatto, credo, che non rappresentano il male tout court, ma la possibilità del male. Il vampiro come mostro assetato di sangue l’ho letto come metafora scomoda del desiderio, che non temperato dalla ragione, diventa brama nera, che non si ferma davanti a nulla e uccide. Il Dracula di Stoker si ferma davanti a Mina, davanti alla contemplazione della bellezza, anche per un solo attimo e, per quello, muore. Il resto è derivazione, nel senso che i vampiri moderni che si innamorano e per questo cambiano trovando redenzione, inseriscono nel loro sistema una specie di virus: una volta che esitano davanti alla bellezza, sono tentati dall’amore, perché l’amore è volere il bene dell’altro più che il proprio, quindi ecco il sacrificio, a volte l’annullamento di sé, pur che l’altro viva. Io credo che questo sia semplicemente il dato naturale, primitivo, non del vampiro, ma dell’uomo: il seme del male e il seme del bene. Ecco perché credo che tutto questo parlare di vampiri che si innamorano sia un modo sotterraneo e metaforico di parlare di bene e di male – una possibilità connaturata al fantasy – e dunque di parlare di moralità. Cosa spinge al male nell’uomo? Cosa spinge al bene? Siccome non vogliamo filosofeggiare moralisticamente, che questo ci sembra di fare quando affrontiamo queste tematiche, preferiamo procedere attraverso storie e metafore. Dopo aver amato Buffy the Vampire Slayer e letto Twilight, dando per assunto il fatto che la radice delle storie di vampiri è sostanzialmente protestante – cioè: non c’è mai certezza di redenzione perché Lutero ha cassato la confessione e il certo, “manuale” perdono di qualcuno che ti assolve – ho deciso di situare una storia di vampiri in ambiente cattolico. Il sostrato della nostra civiltà italiana è cattolico, questo è un dato di fatto. Così ho “turbato” l’equilibrio di un vampiro qualunque tramite i soliti metodi: l’amicizia (per prima e più importante) e l’amore (catalizzatore privilegiato di qualsiasi cambiamento). La sensualità che hai percepito leggendo credo intrida tutto il romanzo perché il desiderio è il motore di tutto, ogni tipo di desiderio, dalla brama di sangue, all’innamoramento, alla sessualità, alla palpitazione per il bene di qualcuno. Il mio cattivo è desiderio privo di speranza, che nega la speranza, diventando brama distruttiva. Il mio buono è desiderio di felicità. Elisa, cantando, è la vittima che vince il suo carnefice, come il numero enorme di cristiani martirizzati, nella inerme fiducia in qualcosa di più grande. Quando Elisa canta, ma anche quando canta la ragazzina cristiana nel flashback, è il desiderio di felicità che si eleva da loro, è la loro certezza che ci sia Chi risponde a questo desiderio che rende il canto una vittoria. Elisa, nel buco profondo – che è l’inconscio, che è la tentazione della disperazione – non è sola perché è la Chiesa che canta con lei, nel legame con una tradizione che non è solo parte del passato. I vescovi, quello del Settecento e quello del presente, rappresentano la Chiesa, quell’imperfetto sostegno al rapporto fra l’uomo e Dio, quel rapporto che in modo controverso lega Liam a Cristo attraverso Cathal. Liam è arrabbiato con Dio, ma a quel rapporto non ha mai detto no, amando, nell’amicizia e nell’amore ed è così che un vampiro, o un uomo, può redimersi, secondo la mia mia visione».
Che dici? Io l’ho trovata convincente, ma ti devo confessare che ho acquistato il libro a sua insaputa, non volevo farmi influenzare dalle sue doti di persuasione. Non ti voglio certo obbligare ad approfondire le sfaccettature presenti in Io, Liam.
Lo stile di scrittura e la storia in sé, del quale ti ho lasciato un piccolo estratto improvvisato, hanno qualcosa di ipnotico, seducente. Forse potrei aver qualcosa da ridire sulle scelte tipografiche ma non sono un’editore.
Nel complesso, l’aspetto estetico finale è gradevole e, a suo modo, rispecchia il contenuto. Dai, prova a leggerlo, ti lascio i dati del libro. Poi fammi sapere, eh?
Autore: Antonella Albano
Titolo: Io, Liam
Casa Editrice: Il Ciliegio
Pagine: 296
Anno di pubblicazione: gennaio 2014
Prezzo di copertina: € 17
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