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Il colloquio di lavoro, impressioni di un candidato

20 Marzo 2015
Il colloquio di lavoro, impressioni di un candidato

Tempo fa sono stata contattata da un’azienda che mi chiedeva se ero disponibile per un colloquio di lavoro. Dato il periodo non certo favorevole ho pensato che fosse un colpo di fortuna tuttavia, quando mi è stato comunicato il luogo dell’incontro, sono subentrate delle perplessità.

Per la stessa ditta avevo giù fatto delle preselezioni all’interno delle quali, con eloquenza, mi era stata abbondantemente illustrata la filosofia aziendale, decisa a insegnare a quante più persone possibili l’arte di saper cogliere le opportunità per conseguire il successo, la realizzazione professionale e la crescita personale. Quella volta non riuscii ad andare oltre la seconda scrematura. Il mio curriculum non era in linea con la figura professionale ricercata o, forse, non fui in grado di dare un’immagine sufficientemente propositiva della mia persona.

Resi presente al mio interlocutore questo trascorso ma mi fu rassicurato che la presentazione del progetto non sarebbe durata più di 20 minuti e sembrava fatto apposta per me. Bene, decisi di presentarmi.

Il colloquio di lavoro: storia di un’esperienza come tante

Ci sono persone precise e persone pignole. Io sono pignola. Quando mi sono presentata all’appuntamento ho subito realizzato che esso si sarebbe svolto in una sala conferenze dove altri candidati attendevano che i relatori prendessero la parola. Subito ho ricordato le selezioni precedenti, l’analisi approfondita delle persone di successo, capaci di raggiungere la tanto agognata libertà finanziaria senza rinunciare al tempo necessario per vivere la vita che si desidera vivere e tante altre belle cose.

Discorsi interessantissimi ma, per me, un colloquio di lavoro non è una conferenza ma una possibilità, per entrambe le parti, di conoscersi di persona e per spiegare, in tempi brevi, le condizioni di un’eventuale collaborazione professionale.
Probabilmente ho una visione un po’ antica del mondo del lavoro e quindi sono rimasta, convinta che sarebbero arrivati presto al succo del discorso, come era stato promesso.

La proposta lavorativa

Dopo l’abbondante premessa dove è stato fatto un “ripassino” di tutte le cose dette in precedenza,  è stata finalmente introdotta la mission di una seconda azienda, anch’essa leader nel settore di pertinenza e pronta a spostare la sua attività dall’offline all’online. Manovra che richiedeva nuove figure professionali da formare e con le quali condividere i guadagni sulle vendite pubblicizzate.

Devo ammettere che trovavo la cosa interessante e fremevo per sapere quali sarebbero state le modalità lavorative e, maledetta la mia impazienza, ho chiesto ulteriori dettagli sui vantaggi che ne avrei percepito. Con gentilezza sono stata rimessa al mio posto con la promessa che avrei ottenuto risposta a tutte le mie domande una volta conclusa la presentazione del progetto e delle opportunità che ruotavano attorno ad esso.

Ero mentalmente sfinita e, sentendomi presa in giro per la lunga panoramica aziendale, mi sono apprestata per lasciare la sala. I relatori, sempre con estrema cordialità, mi hanno calorosamente ringraziata per aver dedicato loro 20 minuti del mio tempo. Avrei dovuto limitarmi a sorridere a mia volta ma dato che sono pignola ho fatto presente che ero lì da un’ora.

impressioni-di-un-colloquio-di-lavoro

Autoanalisi

In seguito ho riflettuto molto su ciò che è stato detto e mi sono posta parecchi dubbi. Avevo sbagliato atteggiamento? Perché non ho potuto fare a meno di specificare che il tempo passato in quella sala era il triplo di quello che mi era stato effettivamente richiesto?

Perché l’ho vissuto come un inganno e mi sarebbe bastato sapere subito e senza tanti giri di parole ciò che mi si chiedeva di fare mentre invece sembrava che mi si richiedesse di credere e sposare una nobile causa piuttosto che collaborare a promuovere un prodotto attraverso il networking. Avrei voluto esprimere queste impressioni ai relatori ma non ho avuto il coraggio di farlo. Sono stata ringraziata per essermi presentata ma non mi è stato chiesto perché me ne andavo anche se avevano descritto un progetto che sembrava fatto su misura per me. La conseguenza è stata che il mio pensiero non fosse utile e rilevate a fini lavorativi. Fondamentalmente, mi sono sminuita.

Conclusioni

Voglio tener presente che non sono stata l’unica a lasciare la sala quel giorno e voglio credere che il mio collega di “sventure” abbia percepito le mie stesse emozioni contrastanti. Per ottenere realmente ciò che si desidera, bisogna avere una profonda consapevolezza di sé e del proprio valore.

Nel corso di quel colloquio ho capito di avere ancora molta strada da fare in tal senso e, malgrado gli aspetti che io ho percepito come negativi, mi sono comunque scoperta a ringraziare per quell’esperienza acquisita perché non solo mi ha portata a mettermi in discussione ma mi ha donato parecchi spunti di riflessione sul concetto di libertà, di tempo, di ottimismo e di crescita personale.
Quell’ora poi non tanto persa mi ha portata a scrivere questo articolo, a programmarne di futuri e a porre le basi per un percorso formativo più consapevole e mirato atto a sviluppare non solo le mie competenze ma anche a credere in esse.

Prima di salutarti voglio lasciarti con una citazione tratta da Ricomincio da me, libro  scritto dal giornalista Walter Passerini e dalla psicologa del lavoro Antonella Galletta:

” […] Per progettare il futuro occorre tenere insieme se stessi e il monitoraggio continuo della situazione che evolve”.

È una frase che sento molto importante perché vuole educare al cambiamento e che non è facile come potrebbe sembrare, è un viaggio del quale non conosciamo tutte le incognite ma questo non vuol dire che non ci porterà da qualche parte…

Photo Credits: immagini via Pixabay

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